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venerdì 12 ottobre 2007

Veltroni e la vittoria annunciata: ma che fare con Prodi?

(Panorama) Domenica sera, 14 ottobre, Walter Veltroni sarà incoronato segretario del Pd, un partito che si presenta come tutto nuovo, in realtà frutto di una fusione più o meno a freddo tra Ds e Margherita. Non sarà irrilevante conoscere le percentuali della vittoria del sindaco di Roma soprattutto rispetto a Rosy Bindi, ma non cambia la domanda: che farà Walter una volta a capo del principale partito dell’attuale maggioranza?

In teoria dovrebbe “contribuire al rafforzamento” del governo Prodi, “per compiere la legislatura”, cioè votare nel 2011. Ma queste sono buone intenzioni, o se vogliamo belle parole. Nel fatti, da mesi, Veltroni si sta muovendo in maniera nettamente divergente rispetto al premier. In tutti i campi, dalle alleanze alla politica economica.

Sul primo punto, il sindaco di Roma ha sposato l’idea che sia meglio liberarsi della stretta della sinistra massimalista. Sul secondo, parla di riduzione delle imposte, meritocrazia, infrastrutture. Tutto ciò gli viene suggerito anche dai consiglieri dei quali si è circondato, a cominciare dall’economista Tito Boeri, autore di una recentissima stroncatura della Finanziaria. Ma anche i cosiddetti poteri forti, con i quali Veltroni ha o vorrebbe tessere buoni rapporti, gli suggeriscono di lanciare il Pd come una sorta di New Labour tipo Tony Blair. La tentazione è forte, magari sperando di raccogliere per strada l’accordo o l’alleanza dei centristi dell’Udc.

Ma è chiaro a Veltroni che per ogni voto conquistato al centro ne perderà altrettanti alla sua sinistra; senza contare gli alleati già persi nell’area moderata, tipo Lamberto Dini. A livello nazionale, insomma, sarà difficile ripetere l’esperienza di Roma, dove Walter governa con Rifondazione in giunta e l’appoggio, nei sondaggi, dei ceti medi e medio -alti, nonché di gran parte del giro imprenditoriale della capitale.

In concreto, dal 15 ottobre il governo cesserà automaticamente di essere frutto principale di una doppia investitura di massa, quella di Romano Prodi alle primarie 2005 e quella risultante dalle politiche 2006. Dovrà fare i conti con una terza investitura, Veltroni appunto. Rischia, Romano Prodi, di trovarsi a capo di un “governo amico”, espressione usata dalla Dc negli Ottanta per indicare tutto il contrario: esecutivi deboli e traballanti dai quali il partito prendeva le distanze impegnandosi il minimo possibile. Comportamento tutt’altro che amichevole.

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