Sul Washington Post: l’editoriale sull’appello dell’ex first lady
(Panorama) Accolta dal boato della folla quando ha fatto il suo ingresso sul palco della Convention Democratica di Denver, Hillary Clinton ha mantenuto la promessa: nel nome dell’unità del partito democratico, ha chiesto ai suoi 1629 delegati di lasciare da parte i risentimenti della lunga battaglia alla convention e di impegnarsi senza indugi a favore dell’ex rivale Barack Obama di cui si è definita, sin dalla prima frase di un discorso durato 23 minuti, “un’orgogliosa sostenitrice”: “Non importa se avete votato per me o per Barack. Ma è giunto il momento di essere uniti come un partito unito con uno scopo preciso: siamo tutti nella stessa squadra e nessuno può permettersi di stare ai bordi del campo”.
Il discorso di Denver
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Ma Hillary si è tolta anche qualche soddisfazione, citando, non a caso, il suo impegno a favore della sanità pubblica e gli otto anni di presidenza di Bill Clinton: un modo, elegante, per ricordare a Obama quanto sia importante la gratitudine in politica. Tanto più che sarebbe proprio suo marito Bill, sul palco del Pepsi Center, il più offeso nei confronti di Obama. Da lui - ha raccontato al New York Times un suo confidente - non ha nemmeno ricevuto una telefonata dopo la vittoria nella gara per la nomination.
Presentata dalla figlia Chelsea come “la mia eroina, mia madre” dopo un breve video che la mostrava spesso insieme ad Obama, Hillary ha avuto parole di affetto anche nei confronti dei suoi sostenitori che ha vezzeggiato e poi invitato a votare per Obama: “Mi avete insegnato tanto, mi avete fatto ridere e mi avete fatto piangere'’ . Un ringraziamento che - si augurano negli staff del candidato afroamericano - potrebbe neutralizzare le previste contestazioni antiobamiane dei delegati-fan più accesi e delusi della Clinton. Quelli che hanno già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di votare per l’odiato Obama. A loro, per convincerli, ha detto: “Non avete lavorato così duramente negli ultimi diciotto mesi e resistito così orgogliosamente negli ultimi 8 anni, per soffrire un’altra sconfitta”.
Il riferimento è al repubblicano John McCain, che ha definito “un amico personale” ma ha anche presentato come il più coerente erede della fallimentare linea dell’amministrazione Bush: “E’ un mio collega e un amico. Ha servito il nostro paese con onore e coraggio - ha detto - Ma non possiamo permetterci altri quattro anni degli ultimi otto anni”. E ancora, rivolta ai suoi supporter più scettici: “Tutto quello che avete fatto in campagna elettorale era solo per me o per i valori in cui crediamo, per le madri malate di cancro senza assicurazione sanitaria? Mi ero candidata per dar voce alle persone che per otto anni sono rimaste invisibili: sono le stesse ragioni per cui oggi dovete votare per Obama”.
E’ stata la giornata dell’ex first lady. Da questo lungo abbraccio con i suoi fan, ne esce rafforzata e con ambizioni intatte. Se voleva conservare qualche chance di essere candidata e poi eletta nel 2012, non aveva altra scelta che quella di mantenere unito il partito, a dispetto delle reciproche antipatie. Il sostegno a Obama era però in qualche modo obbligato. Almeno a parole. Saranno le prossime settimane, nel giorno dell’unità riconquistata, a dire di più delle sue reali intenzioni. Oggi toccherà all’ex presidente Bill pronunciare il suo endorsement a favore di Obama. Un altro passaggio chiave. Ma parlerà anche Joe Biden, il senatore del Delaware e vecchia volpe del partito che il giovane Obama ha scelto, non a caso, come vice. Per allontanare i dubbi che sia troppo inesperto, avendo solo una legislatura alle spalle (come JFK, quando fu eletto presidente - dicono i suoi fan), per diventare presidente degli Stati Uniti.
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