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giovedì 8 maggio 2008

Lando Buzzanca: "I gay? Sdoganati in tv non nella realtà".

Fiction. Lando Buzzanca è di nuovo il commissario che fatica ad accettare l'idea che il figlio abbia un compagno.
(Il Corriere della Sera) Nel 2005 era stato duramente attaccato dal Secolo d'Italia:
secondo il quotidiano di destra, la fiction «Mio figlio», di cui era protagonista, rappresentava in maniera «troppo normale» gli omosessuali, rischiando di «legittimare il mondo gay». All'epoca Lando Buzzanca, nel ruolo di un padre commissario che scopriva e finiva per accettare la «diversità » del figlio poliziotto, ci era rimasto male: non se l'aspettava di essere criticato proprio dal giornale del suo partito, An. Ricorda adesso divertito: «Ricevetti pure telefonate anonime: una voce maschile, contraffatta, mi urlava "a fro..."».

A tre anni di distanza, l'attore siciliano torna con lo stesso personaggio nel sequel di quella fiction, ora intitolata «Mio figlio: altre storie per il commissario Vivaldi». Sei puntate, sei gialli con la regia di Luciano Odorisio, prodotti da ArtiSacha Film per Raifiction, in onda nel febbraio 2009 su Raiuno. Nel cast anche Daniela Poggi, nel ruolo di una magistrato d'assalto. Spiega Buzzanca: «Il mio personaggio è un tradizionalista, ma pieno di ironia. Scoprendo, all'epoca, l'omosessualità del figlio Stefano, aveva ricevuto un pugno nello stomaco. Ora è passato del tempo...». Ha metabolizzato la situazione? Risponde: «In fondo all'anima forse no. Il fatto che il figlio abbia un compagno di cui è innamorato, lo inquieta: diciamola tutta, l'idea della penetrazione traumatica che avviene tra loro, e che non è la stessa cosa di quanto avviene tra uomo e donna, non riesce del tutto a digerirla». Tant'è vero che, quando Stefano (Giovanni Scifoni) rincontra la sua ex fidanzata di un tempo, sprofondando in una crisi d'identità e tornando a casa dal padre, il commissario vede riaccendersi un barlume di speranza: «Sì, perché il suo grande dolore è di non poter diventare nonno! Ma l'illusione dura poco: Stefano torna dal compagno e per lui sarà un altro colpo».

In una delle puntate, anche il caso dell'omicidio di un frate da parte di un magrebino: si sospetta un delitto passionale, in ambiente gay. Tra padre e figlio, impegnati nelle indagini, un nuovo motivo di imbarazzo? Risponde Buzzanca: «Forse un po' sì, anche se Vivaldi è convinto che l'omosessualità del figlio non nasca dal vizio: non è una checca, ha solo bisogno d'amore, sia pure diverso ».

Il regista e sceneggiatore Odorisio riflette sul comportamento del personaggio nella fiction, sottolineando la sua aderenza alla realtà: «La speranza segreta che un figlio o una figlia dichiaratamente omosessuali ritornino sulla strada della cosiddetta "normalità" è trasversale a tanti padri. Al di là dell'accettazione anche plateale, rimane il retropensiero: si è sinceramente pronti ad accettare il gay nella famiglia altrui, ma se capita nella nostra, mica tanto... ». Concorda Buzzanca: «Con questa serie, tre anni fa, sdoganammo lo spinoso tema su Raiuno, ma non so quanto sia veramente sdoganato nella quotidianità. Io stesso, che ho due figli maschi, mi sono posto il problema: se fosse capitato a me, come mi sarei comportato?». Quale la risposta? Ribatte convinto l'attore siciliano, ex «Merlo maschio » del grande schermo: «Credo che l'avrei accettato. L'omosessualità è un fenomeno naturalissimo, quello semmai che dà fastidio è la strumentalizzazione che ne fa certa politica. In proposito, circola una storiella: prima i gay erano ghettizzati, poi tollerati, poi esaltati... ora c'è il rischio che diventi obbligatorio esserlo»».

Allora è d'accordo con il neosindaco della capitale Alemanno che ha definito il «Gay Pride» un «negativo esibizionismo sessuale»? Risponde: «Sono d'accordo con tutta la linea politica di Alemanno, anche con il suo ridimensionamento, in versione più italiana e meno hollywoodiana, della Festa del cinema di Roma». Un po' meno d'accordo con l'alleato Bossi: «Quei suoi "fucili caldi" danno qualche preoccupazione. Basti pensare alla reazione del figlio di Gheddafi all'ipotesi di Calderoli ministro...». Dunque, Buzzanca teme ripercussioni sui rapporti con la Libia? Ride: «No! Per carità! Gheddafi ama l'Italia: l'ho conosciuto quando studiava a Roma. Eravamo giovanissimi e andavamo nelle balere insieme... solo che le ragazze non volevano ballare con lui. Perché? Dicevano che somigliava a Franco Franchi».

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