Pd e Arcobaleno prendono voti nella città-bene ma sono spariti dalle periferie.
(Sandra Rizza - La Repubblica, edizione di Palermo) Lontana dalle fabbriche, vicina al "ceto medio riflessivo". Dov´è la sinistra a Palermo? Tra le terrazze fiorite e i bar alla moda, invece che nelle borgate e nelle periferie. In via Libertà e al Politeama, invece che a Borgo Nuovo e allo Zen. Tra i maitre-a-pensèr della società civile, invece che tra gli operai della Fiat e dei Cantieri Navali. Questa la ragione per cui, secondo illustri esperti e fior di commentatori, il Pd in Sicilia ha perso le elezioni con una forbice da thriller, e la lista Arcobaleno ha dovuto dire addio ai banchi parlamentari.
Le accuse? Sempre le stesse: la sinistra è diventata elitaria e borghese. Beve champagne millesimato e non Tavernello in tetra-pak. Fa militanza party-giana, nel senso di festaiola, piuttosto che attivismo sul territorio. È uno schieramento d´opinione e non di lotta.
Ma come si è arrivati a questo capitombolo sociale e politico? Spiega l´economista Mario Centorrino, ex leader del Movimento dei Professori, che nel 2002 mobilitò la società civile a Palermo a sostegno del centrosinistra: «Prima le fasce più deboli, se non coinvolte in processi clientelari, votavano necessariamente a sinistra. Oggi questa equazione è saltata, perché le fasce più deboli non credono più nella protezione della sinistra. È successo che le risposte ai bisogni primari, gli sfruttati non le cercano più a sinistra, attraverso la difesa dei loro diritti, ma a destra».
È vero dunque che i partiti di centrosinistra rappresentano in città solo una certa borghesia intellettuale? È vero che hanno perso i contatti con la gente che per decenni li aveva votati? «È vero. Sul territorio la sinistra non c´è più - risponde Antonella Monastra, consigliere comunale di ‘´Un´altra storia´´– la vecchia militanza è finita. Nessuno vuole più andare nei quartieri poveri, nessuno ha voglia di girare casa per casa. La discontinuità nel rapporto col territorio rende impossibile interpretare i bisogni della gente, e non costruisce consenso durevole».
Un esempio? Il Pd, alle ultime regionali, ha ottenuto il miglior risultato nella circoscrizione Libertà, cuore della Palermo-bene. È la zona della città dove Antonello Cracolici, rieletto all´Ars, ha preso più voti: circa un migliaio su 4.255. Il salotto sta ormai alla sinistra come la periferia sta alla destra? A Palermo, guai a parlare di salotti, parola che evoca un certo tipo di borghesia reazionaria, capace solo di radunarsi per chiacchierare di bridge, clubini esclusivi, affari e viaggi. «Non parlerei di salotti, piuttosto di luoghi di aggregazione dove il ceto intellettuale, i docenti, i professionisti, quel che resta della società civile responsabile, prova a riflettere su quanto accade in città», dice Rosanna Pirajno, della rivista "Mezzocielo" e componente del parlamentino del Pd. «Noi siamo di sinistra - aggiunge- ma non siamo animali da salotto. Siamo persone che cercano di mantenere vivi i propri ideali, e che sognano una società più solidale. Gente che in questo momento sconta la delusione del flop elettorale e la crisi della partecipazione spontanea, oggi al minimo storico, anche rispetto all´impegno antimafia».
L´accusa rivolta alla sinistra, però, oggi è proprio quella di fare non più attivismo, ma "atticismo" militante, nel senso di attico con vista, ovvero di un certo modo di far politica elitario, snob e con la puzza al naso. È così? «Non voglio sentir parlare di salotti, parola che evoca solo banalità– dice Leontine Regine, ex dei "girotondi" di Palermo, che pure, in passato, ha ospitato nella sua terrazza su piazza Marina il più elitario degli intellettuali di sinistra, Nanni Moretti, ma anche il giornalista Gianni Barbacetto e l´ attore Carlo Cecchi – noi siamo, semmai, la cittadinanza attiva di Palermo: le nostre case private sono diventate luoghi aperti all´aggregazione e all´elaborazione politica; forse gli unici luoghi, visto che i partiti sono sempre più distanti, e la stagione delle grandi assemblee sembra finita».
Gli unici luoghi? E le periferie? E le fabbriche? Dove sono finite le officine della sinistra? Riflette a voce alta Simona Mafai, record di militanza nel Pci (dal ´44 al ´91): «Ma perchè i cosiddetti poveri dovrebbero votare per il Pd? Nel dopoguerra, il Pci offriva alla classe operaia una speranza di riscatto radicale, il sogno di una società dove gli sfruttati sarebbero diventati classe dirigente. Il crollo dell´ Urss ha dimostrato l´impraticabilità di questa utopia. E oggi i ceti diseredati hanno bisogno di soldi, lavoro, sicurezza. E li cercano a destra, presso chiunque promette loro una risposta ravvicinata. Noi parliamo molto di legalità: è una cosa giusta e importante, ma la legalità non è un tema attraente per i più bisognosi». E il Pd? «Unire la soluzione dei bisogni dei ceti più poveri all´obbiettivo di una comunità democratica, solidale e libera (prospettiva meno affascinante, ma più realistica del famoso socialismo) sarebbe il compito del Pd. Ma è un lavoro pratico e ideale tutto da cominciare».
C´è una crisi di linguaggio, dunque, dietro il fallimento elettorale della sinistra, che non riesce a convincere l´elettorato debole, che non riesce a intercettare i bisogni dei quartieri popolari, che non consente alla povera gente di identificarsi con un progetto alternativo di società. Ne è convinta Rita Borsellino che, due anni fa, attorno alla sua candidatura alla presidenza della Regione, ha ricompattato la società civile: «Si è creato uno stacco: la sinistra parla alla fantasia, ai valori ideali, alla coscienza, ma non riesce a parlare ai bisogni. È come se parlasse in latino, che è una lingua ricca di storia, affascinante, ma oggi non serve più».
Non è solo un problema di latino, però. C´è da affrontare la questione della sconfitta di un´intera leadership politica. Renato Ruggero, cardiochirurgo, componente dell´ assemblea costituente del Pd, ha chiesto le dimissioni del segretario regionale Francantonio Genovese («un segretario politico scelto – dice- con un accordo in cui ha avuto un ruolo di primo piano Salvatore Cardinale»), pur accettando di rinviare la resa dei conti a dopo le elezioni provinciali. Quella di Ruggero, esponente della «terza componente» del Pd, che raccoglie i non iscritti, è una critica radicale ai metodi del partito: «La politica del centrosinistra siciliano è la peggiore d´Italia. Il processo costitutivo del Pd qui ha raggiunto il suo punto più basso: solo 5 donne su 21 eletti tra Camera e Senato, di cui una è la moglie di Fassino, e una è la figlia di Cardinale. Altro che apertura ai giovani, alle donne e alla società civile. Qui siamo alle pratiche da tardo impero romano, quando Caligola nominava senatore il suo cavallo». In fondo, che c´è di male? Anche questo, direbbe Veltroni, si può fare.
-
Nessun commento:
Posta un commento