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giovedì 22 maggio 2008

E tra i democratici romani le primarie non vanno più di moda.

Nicola Zingaretti

(Filippomaria Battaglia - Panorama) Democratico si, ma fino a un certo punto. Che il rapporto fra primarie e Pd in questi mesi non fosse stato tra i più idilliaci non era certo un mistero: nonostante le ripetute richieste di consultazioni popolari per la scelta dei candidati alla Camera e al Senato, non c’era stato infatti niente da fare. Motivo? Troppo poco tempo a disposizione, avevano commentato i dirigenti del partito di Veltroni. Così, alle scelte di segreteria, si erano aggiunte perfino le polemiche per le decine di candidati paracadutati e “imposti” dal loft (che ai democratici il 13 aprile non hanno portato fortuna, anzi).

Ora, però, il Partito Democratico sembra continuare a marciare nella stessa direzione. L’elezione che incombe, stavolta, è quella del coordinatore laziale, dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti, rieletto presidente della provincia di Roma. E sul metodo che verrà utilizzato? Il primo stop arriva proprio da uno dei diretti interessati: “Sono contrario all’idea di selezionare e scegliere il segretario regionale attraverso le primarie” ha detto ieri Zingaretti. Al suo posto, sarebbe meglio “che venga scelto nell’assemblea regionale costituente perché legittimata dal voto popolare del 14 ottobre e che lo si faccia in tempi certi”.

Per succedergli, i candidati in lizza finora sono quattro: il senatore Luigi Zanda, il deputato Roberto Morassut, il consigliere regionale Mario Di Carlo e l’ex ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. Per loro, se verrà confermata la scelta di metodo, più che un viaggio tra “il popolo delle primarie” sarà meglio farsene uno tra i dirigenti delle varie sezioni di partito. Con ogni probabilità, saranno loro infatti a scegliere il nuovo coordinatore.

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