(Mirella Armiero - La Repubblica) La notizia di ieri ha suscitato commenti postivi e anche facili ironie: è nata a Berlino, nel quartiere di Pankow, la prima casa di riposo europea per omosessuali. Iniziativa di cui la città tedesca va fiera e che sarebbe senz'altro giudicata come indicatore positivo di modernità e sviluppo urbano dai sociologi della scuola di Richard Florida. Lo studioso statunitense è infatti l'autore della teoria delle tre «T» — vale a dire talento, tecnologia e tolleranza — usate per indicare fondamentali fattori di modernizzazione delle metropoli contemporanee.
Sulla base di questi valori, applicati da Florida anche alle realtà italiane, Napoli si è trovata ai piani bassi della classifica delle città più innovative. In particolare, in base ai dati del 2005, risultava molto indietro rispetto a Roma e Milano per numero di coppie gay conviventi. Eppure, alla notizia della casa di riposo berlinese, il provocatore Vittorio Sgarbi ha commentato dicendosi convinto che un'iniziativa del genere potrebbe attecchire proprio al Sud, da Capri a Taormina, piuttosto che nel Nord leghista e bigotto. Un'immagine «colta », legata alle presenze illustri di scrittori e artisti omosessuali che abitarono a Capri nel secolo scorso, più che alla realtà oggettiva della Napoli dei nostri giorni. A sostenere la tesi di una società meridionale tutt'altro che tollerante è il partenopeo Davide Barba (nella foto), docente di Sociologia della devianza all'Università del Molise nonché ex presidente dell'Arcigay di Napoli.
Professore, cosa pensa delle dichiarazioni di Sgarbi?
«Nella condizione in cui ci troviamo a Napoli non c'è propensione a tollerare alcunché. Descrivere la città con questi parametri è solo un luogo comune che deriva dal radicamento nelle nostre radici culturali di alcune figure che rappresentano l'altro femminile. Intendo i ‘‘femminielli'', i travestiti, che hanno fatto sempre parte dell'economia del vicolo e si sono inseriti, a loro modo, come una parte oscura ma positiva del corpo sociale. Ma questa cultura oggi a Napoli si è completamente persa ».
Dunque la città è diventata intollerante?
«Preferisco parlare di città poco ricettiva, distratta. È vero che in questo momento le priorità sono altre: laddove non sono stati risolti problemi elementari è chiaro che vengono trascurate a maggior ragione le esigenze delle categorie minoritarie. Altrimenti significherebbe fare la rivoluzione e qui non siamo affatto pronti. Poi c'è un altro punto».
Quale?
«Stabilire cosa significa tolleranza. Dai sociologi questa parola viene guardata con grande sospetto perché presuppone che ci sia qualcuno che concede uno spazio sociale a qualcun altro che ne fa richiesta. Ma chi ne ha il diritto? Meglio allora cambiare prospettiva e parlare di riconoscimento dell'altro. E meglio ancora se si tratta di un riconoscimento giuridico, che misura il grado di civiltà del paese ».
Sul piano giuridico l'Italia intera è abbastanza indietro per le questioni gay, a Napoli come a Milano: è così?
«Senz'altro. Però va aggiunta una cosa: Milano ha un livello più alto di chance, ha un mercato spregiudicato, offre occasioni di socialità e ha un'imprenditoria che investe sui gay anche quando gay non è».
Eppure Milano non ha voluto la famosa mostra «Vade retro».
«È cosa diversa dalla ricchezza di opportunità sociali. Quello è un piano politico e Milano lì si è mostrata intollerante».
La Moratti è di destra, in Campania governa la sinistra: va meglio?
«No. la sinistra si è annacquata e si preoccupa solo di sperimentare forme ammorbidite di capitalismo. Ha detto addio alle politiche per le minoranze sociali. L'ultima grande iniziativa a fianco del movimento gay risale al '96: Bassolino tenne un discorso memorabile in prima persona in occasione del Gay Pride. Da governatore, invece, non ha voluto far passare l'assegnazione delle case alle coppie gay. Più involuzione di così».
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