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giovedì 27 dicembre 2007

Veltroni, la cultura gay e l’ansia di bene.

(Christian Rocca) Sottoscrivo l’articolo di Veltroni sulla Stampa di oggi (ieri per chi leggerà il diarietto sul Foglio). Polemica breve, asciutta, non devastante con la senatrice Binetti, che con quella storia della malattia omosessuale fa un po’ di confusione positivista tra “scienza e vita”, per usare il nome del benemerito comitato da lei presieduto. (Se allo stile l’uomo farà seguire il coraggio politico, sarà un bene per tutti). W sostiene, vecchia tesi fogliante, che l’omosessualità è, da un punto di vista laico e in ragione della lezione della cultura classica, una condizione umana, una variante dell’amore. Bisognerebbe ricordarsene anche quando l’omoerotismo di alcuni preti viene stigmatizzato ipso facto, e criminalizzato automaticamente (per dirla con il lessico corrente e andante), come infamia prepotente, molestia, violenza, stupro. Un prete che ama le donne o una donna, e magari fa un figlio con lei, è considerato nella mentalità prevalente un eroe della sua comunità, un profeta del moderno anelito all’eliminazione del celibato, un bravo presbitero in lotta con uno degli ultimi tabù della chiesa di rito latino; un prete che ama i ragazzi o un ragazzo, spesso conflittualmente e nella dimensione propria del peccato, non viene assimilato al profeta tragico dell’amore poetico e impossibile, Pier Paolo Pasolini, non c’è arcigay che lo difenda, è piuttosto bollato come un mostro pedofilo, e senza tanti complimenti; se poi un prete anglicano sistema le cose a modino, e rivendica uno sposalizio di fatto con un uomo in termini aperti e regolari, certe denominazioni americane lo fanno anche vescovo. Come si vede, c’è molta confusione sotto il cielo dell’amore. Invece è semplice. Da un punto di vista religioso, e in questo la Binetti è nel suo diritto di cattolica, contestato ieri da Scalfari anche come diritto di pregare per il bene comune, l’omosessualità praticata è peccato o comportamento intrinsecamente disordinato, lo dice il catechismo, c’è qualche testimonianza rumorosa di San Paolo in merito. Sempre da un punto di vista religioso, la capacità di comprensione del peccatore è altissima, e in certe diocesi americane, attraverso una specie di abuso laicista e anticattolico della class action, talvolta semplice strumento di avidità, è diventata (a parte fatti criminali singoli che occorrono in ogni comunità) una esosa prova a carico per processi farsa: tutti chiedono giustamente tolleranza, ma se un vescovo la eserciti nella sua chiesa, ecco che la tolleranza e la ricerca di soluzioni delicate diventa complicità efferata. Tiro in ballo questo aspetto della faccenda perché non so se Veltroni, impeccabile nella sua tirata equilibrata contro le discriminazioni omofobe e per i diritti delle persone omosessuali, si renda conto di questo punto decisivo. Un conto sono i comportamenti omosessuali, condizione umana, un conto la cultura gay e la pretesa libertina di togliere a questi comportamenti la loro differenza, il loro discrimine (sto discriminando, ma benevolmente e saggiamente) rispetto alla famiglia e all’amore o amicizia coniugale tra uomo e donna costruita nell’ipotesi della generazione dei figli, della loro educazione e della trasmissione dell’eredità di specie, che qualche legame con la differenza di genere ce l’ha. Una certa cultura gay, che ha vinto in Spagna e in tanti altri paesi la sua battaglia di omologazione completa nella cultura e nel diritto, non vuole liberare comportamenti difformi e varianti minoritarie dell’amore da discriminazioni negative, come si dice, vuole destituire di senso e di fondamento i comportamenti conformi. Vuole conformare tutto. E questo si chiama conformismo neosecolarista, roba che finisce con l’eliminazione dal vocabolario della parola peccato, impronunciabile anche in un contesto kantiano di distinzione di peccato e reato, come mostrò il caso di discriminazione contro il cattolico Buttiglione in Europa. Oppure con l’eliminazione delle parole moglie, marito, padre e madre dal codice civile spagnolo in fatto di matrimonio. Non so se a W piaccia o no una società fatta di progenitori A e di progenitori B, dove la famiglia biparentale classica debba conformarsi a un’idea di paternità, maternità, generazione e educazione della prole integralmente conformata all’egualitarismo libertino dei diritti. Mi pare di no, ma vorrei saperlo. E vorrei anche sapere, in tutta la sua ansia di bene, perché non sia stato lui a lanciare la moratoria contro l’aborto (non contro la legge, ma per la sua applicazione in senso civilmente e culturalmente antiabortista). Perché Prodi e tutta la sua simpatica banda cattolica ami sedersi alla tavola di un rom, a Natale, e non a quella dei talassemici che non sono scontenti di essere stati generati in un loro qualche Natale, Flamigni permettendo, o dei bambini Dawn e variamente disabili e dei loro genitori, anche quelli contenti della loro esistenza e decisi a difenderla. Con tutta quell’ansia di diritti, una dieta speciale avrebbe fatto bene soprattutto a loro, governo e partito democratico neokennedyano. Ma lo avete letto, il testo di Timothy Shriver che abbiamo pubblicato ieri?

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1 commento:

ProjectFabrizio ha detto...

Il problema di fondo che non si riesce mai a portare a galla, forse anche affogato con ferma demagogia religiosa, e' che il non riconoscimento delle famiglie e coppie di fatto produce una disc repanza legislativa, che seppure lo Stato vaticano e i suoi proseliti giudicano come non urgente, lascia un vuoto nelle coscienze civili di ogni cittadino.
Gli accoppiati di fatto perche' non hanno modo di essere riconosciuti e protetti dallo stato italiano creando una distinta separazione tra se stessi e la societa' di cui siamo frutto, oltre che contribuenti.
Per chi odia gli accoppiati di fatto, questo vuoto diventa opportunita' di gesti di forte incivilta' che puo' facilmente trasbordare in violenza.
L'emarginazione sociale sancita da voti di coscienza cristiana trovano forte antitesi nello stesso vangelo dietro cui i cattolici si riparano ma che forse dovrebbero leggere piu' a fondo. Il vero peccato e' proprio l'accanimento contro tutti i marginalizzati e l'unica bestemmia e' l'invocazione divina a pontificare le crociate politiche solo perche' qualchuno nel lurido passato ecclesiale ha deciso di interpretare il catechismo com estrumento civico e di manipolazione di massa.