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giovedì 27 dicembre 2007

Sesso, feste e latitanti. È la little Italy d’Africa.

(Fausto Biloslavo - Il Giornale) «Ciao mi chiamo Andrea», oppure Giovanni o Roberto è la frase classica pronunciata in italiano dai beach boy, i ragazzoni di colore sulle spiagge immacolate di Malindi. Al turista appena arrivato dal Belpaese, sulla costa del Kenya baciata dall’oceano Indiano, vendono di tutto, dai souvenir alla gita in barca.

Malindi, ai tempi del primo boom degli anni Ottanta era stata battezzata la Saint Tropez d’Africa. Con il tempo è stata un po’ surclassata da altri luoghi esotici, ma rimane una piccola «colonia» italiana. Quelli che ci vivono sono circa 800, ma ad almeno 2500 italiani sono intestati alberghi, villone, ristoranti e appartamenti. Dei 30mila connazionali che ogni anno volano in Kenya, l’80% punta su Malindi o la vicina Watamu. Possono scegliere fra sole, spiagge candide, safari, ma anche gioco d’azzardo, feste sfrenate e sesso facile.

Negli anni Ottanta l’invasione cominciò con i socialisti e facevano notizia le storie vere o presunte della marijuana trovata in tasca a Martelli, o la droga più pesante dell’infelice Edoardo Agnelli. Malindi è diventata celebre anche per la leggenda di clamorose latitanze. Andrea Ghira, uno dei massacratori del Circeo, era stato segnalato più volte latitante a Malindi. In realtà si arruolò nella legione straniera spagnola. Bancarottieri e qualche mafioso, invece, trovarono rifugio nella «perla» del Kenya dove non c’è l’estradizione. Oggi i tempi sono cambiati e per Malindi sono passati dei super ricercati di Al Qaida, che hanno fatto saltare per aria ambasciate ed alberghi in mezza Africa orientale. Passano i latitanti, ma Malindi rimane la «little Italy» africana. Sotto i portici di Lamu Road o nella famosa piazzetta dell’Elefante si sorseggia un aperitivo leggendo i giornali italiani. Un supermercato tricolore vende prosciutto crudo a 50 euro al chilo ed un ottimo provolone.

Fra gli habitué spiccano i giornalisti come Pietro Calabrese, Giovanni Minoli e Paolo Liguori. I riflettori, però, sono puntati su uomini di mondo del calibro di Flavio Briatore. Nella sua villa, «Lion in the Sun», le feste senza freni sono la regola. Al Capodanno del 2006 l’Espresso pizzicò Giovanna Melandri. Coprendosi di ridicolo il ministro del centrosinistra prima smentì, sostenendo che in Africa aiutava i bambini sieropositivi. Alla fine fu miseramente inchiodata dalle foto pubblicate da Chi che la ritraggono in kaffetano mentre balla scatenata a casa di Briatore.

Malindi è anche una meta del turismo sessuale. Secondo un rapporto dell’Unicef almeno 18 mila minorenni si prostituiscono sulla costa orientale del Kenya. Nella «colonia» italiana non manca di incontrare attempate signore e talvolta signorine più giovani a braccetto di muscolosi indigeni. Oppure uomini più o meno maturi in compagnia di facili bellezze locali.

Di notte si frequentano le discoteche di grido come Fermento e Star Dust, altrimenti ci si barrica in casa. All’esterno gli «ascari» locali, armati di lance, machete e frecce, talvolta avvelenate, dovrebbero evitare l’arrivo di intrusi. Non tutto è fatuo a Malindi, come ricorda il veterano della colonia, il console onorario Roberto Macrì, da 33 anni a Malindi. Gli italiani hanno anche creato scuole, reparti ospedalieri e orfanotrofi.

www.faustobiloslavo.com

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