Natalia Aspesi, forse oggi la più grande giornalista italiana, tiene da anni una rubrica sul settimanale "Il Venerdì" allegato appunto del venerdì di Repubblica. Molte volte la Aspesi ha risposto a lettere a tema omosessuale, non solo per affari di cuore ma anche di costume. Questa settimana ha voluto toccare il tema del gay-trash televisivo che infuria nei nostri palinsesti ogni qualvolta ci sia di mezzo un gay dichiarato e che ha scelto la sua omosessualità come professione.
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(da Il Venerdì di Repubblica)
Quei gay della tv, tutti gossip e gridolini. Che non rendono giustizia ai gay della realtà.
La lettera
A parte alcune rarissime eccezioni, in quanto gay non mi sento rappresentato dalla schiera di personaggi grotteschi e isterici che in televisione passano da un varietà a un salotto televisivo proponendo il solito insopportabile repertorio di gridolini, travestimenti carnevaleschi, pettegolezzi da rotocalco. Ci mancava l'ultimo reality con il giornalista «impegnato» che all'improvviso si trasforma in pagliaccio di corte, sbandierando nel modo più banale e volgare la sua bisessualità. Lei mi dirà che la televisione è un mondo finto, espressionista, ma penso che il modo migliore per normalizzare ciò che si distacca dalla morale comune è trasformare il «diverso» in una macchietta. Non so se l'omosessualità fa ancora paura, di certo il personaggio della checca strillante è rassicurante per tutti, grandi e piccini. Mi piacerebbe vedere più spesso in televisione qualcuno che mi assomigli: un uomo sobrio, che non strilla, non parla di gossip, non si traveste, non ascolta Mina e Rita Pavone, non ha una vita sessuale promiscua da sbandierare: insomma una persona impegnata in ambito culturale e sociale. Temo che uomini come noi in televisione potrebbero turbare qualche coscienza. È anche vero che l'ambiente gay, dal quale mi tengo il più possibile lontano, è il primo a ricorrere in continuazione a linguaggi e atteggiamenti caricaturali: forse per sdrammatizzare, forse per bisogno di accettazione. Non è un caso che il tipo di uomo che mi attrae e mi fa star bene è quasi un miraggio, ma io cerco una perla rara e sono capace di aspettare.
spiritolibero2007@hotmail.it
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La risposta di Natalia Aspesi.
Vorrei ricordarle che le donne, in quanto tali, in televisione, in mezzo a uomini completamente vestiti, sono spesso seminude, sorridono e lanciano gridolini. Altrimenti il video non le riconosce come donne, il cui dovere è quello di arrapare. Dovere cui si sono adattate anche le nuove donne della politica, di destra, vistose, di coscia scoperta e capigliatura fiammeggiante. Anch'io mi infastidisco quando vedo i gay, veri o finti, fare i gay ormai finti, ma mi chiedo se è necessario quando in televisione parlano uno storico, uno scienziato, un sindacalista o un metalmeccanico, sapere se sono gay. Perché se la risposta è sì, la persona dovrà conformarsi all'immagine stereotipata dell'omosessuale, altrimenti la televisione non riesce a trasmettere la sua scelta sessuale, oppure dovrà presentarsi dicendo sono il professor X, antropologo e gay.
Io penso che per quanto sia stato, sia importante il coming out, uno storico delle religioni, o un ingegnere, o un idraulico, o un attore, o un sociologo o un architetto sono tali al di là della loro sessualità. Non c'è ragione di nascondersi, ma neanche, se non è essenziale, di dichiararsi.
Nella vita la maggior parte degli omosessuali ha abbandonato ogni atteggiamento stereotipato e lo stesso dovrebbero fare in televisione, siano essi comici o ballerini o altro. Altrimenti quei semplificatori degli autori di programmi continueranno a sfruttarli e ridicolizzarli e a tener lontano dal video chi non si adatta a questa estetica fasulla e ghettizzante.
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