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venerdì 22 agosto 2008

Sparatoria. Dietro l’agguato spunta la pista di un legame gay.

Il tentato omicidio ultima conseguenza di pettegolezzi e ricatti sessuali in paese

(Giampiero Maggio - La Stampa) Spunta l’ipotesi del ricatto legato all’ambiente omosessuale come possibile movente per spiegare l’agguato di martedì notte a Pertusio (To), in cui un uomo è rimasto gravemente ferito e ora rischia la paralisi per un proiettile che gli ha perforato la spina dorsale.

Ubaldo Raso, il cinquantaquattrenne di Forno titolare dei laghi di pesca di Valperga è ora alle Molinette in prognosi riservata, avrebbe ricattato Giuseppe Pina Bartolo e Giuseppe Rossio, i due uomini che martedì notte lo hanno ridotto in fin di vita davanti agli occhi della moglie. Secondo una delle ipotesi investigative di questa vicenda ancora avvolta dal mistero, Raso aveva scoperto, tempo fa, la relazione tra i due. E facendo leva sulla debolezza psicologica di Rossio lo avrebbe ricattato chiedendogli soldi in cambio del suo silenzio. Una situazione che sarebbe andata avanti per diverso tempo, tanto da diventare insostenibile e sfociare nel disperato tentativo di un chiarimento definitivo, quello di martedì a Pertusio, poi degenerato nella sparatoria.

Resta, questa, per ora solo un’ipotesi di chi sta indagando, anche se viene considerata dagli stessi investigatori seriamente attendibile. L’unica certezza, comunque, è il ricatto: di quei soldi che Raso aveva chiesto insistentemente a Rossio. Il vetraio di Pertusio era disperato, angosciato da quelle continue pressioni. E Pina Bartolo si era offerto di proteggerlo. «Si sentiva il suo paladino, ma tra i due non c’era assolutamente nessuna relazione» puntualizza Pio Coda, che insieme a Marina Spandre difende l’uomo che ieri ha ammesso di aver premuto il grilletto perché convinto che l’altro uomo fosse armato.

Ieri, i due uomini in carcere per tentato omicidio in concorso hanno deciso di rispondere alle domande di Elisa Panzè, il sostituto procuratore che ha in mano l’inchiesta. Ha parlato anche il terzo uomo arrestato, Antonio Vitella (assistito da Franco Papotti), di Cuorgnè, finito dietro le sbarre per favoreggiamento: è stato lui ad aiutare Rossio e Pina Bartolo nella fuga, terminata lungo la strada che porta a Canischio, tredici ore dopo la sparatoria.

Interrogati uno dopo l’altro e assistiti dai propri legali, ognuno di loro ha cercato di chiarire la propria posizione. Rossio, seduto a fianco del suo difensore Mauro Bianchetti ha negato disperatamente di essere consapevole di ciò che poi avrebbe fatto Pina Bartolo: «Io con l’agguato non c’entro nulla - ha spiegato al magistrato -, da parte mia non c’era nessuna intenzione di fare del male a Raso. E non so nulla di quella pistola». Ha spiegato, comunque, di aver subito pressioni e di sentirsi vessato dalla vittima «che mi chiedeva soldi in continuazione».
Perché poi sia fuggito, anziché costituirsi, lo ha spiegato sostenendo di avere paura e di essere ormai in balia di Pina Bartolo, quello che tra i due aveva la personalità più forte. E’ stato Pina Bartolo, secondo i carabinieri, a contattare Vitella, suo vicino di casa, chiedendogli di aiutarli a fuggire e di acquistare generi alimentari per il periodo della latitanza. La convalida degli arresti è stata fissata per questa mattina.

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