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martedì 1 luglio 2008

Bolognapride. La foto più bella del corteo è eterosessuale.

Riflessioni - Queer di tutto il mondo, unitevi! Ma anche no.

(Noirpink)Il Pride è finito e a Bologna i coriandoli sono già stati spazzati via. Dalle strade, non certo dai cuori. Nei cuori rimarranno ancora a lungo i baci e i sorrisi, le borchie sadomaso e le pailettes, la felicità del trenino delle Famiglie Arcobaleno e la libertà degli slip attillatissimi, la meraviglia dei trampolieri e i colori delle piume, le coppie lesbo, etero, gay e indefinibili, le amiche e gli amici, le tette con e senza reggiseno...

No, per chi l'ha visto e vissuto davvero non è possibile parlar male del Pride. Il che, ovviamente, non significa che sia tutto perfetto (ci mancherebbe altro!). Comunque, quello che risulta meno perfetto, almeno secondo me (ma per fortuna qualcuno dissentirà), è proprio ciò che più segue il sentiero del pensiero comune della cultura dominante nella nostra società. Insomma, ciò che è meno "diverso".
Prendete ad esempio certi slogan "anti", che spesso adottano le stesse identiche logiche delle entità contro cui vengono lanciati. Ad esempio, che senso ha arrivare a un Pride solo per dire che i preti sono pedofili? Si tratta di una semplificazione cretina che serve solo a dire che "loro" sono peggio di "noi". Di più non si dice. Per non parlare delle prese di posizione contro la Carfagna, bersagliata per i calendari osé di qualche anno fa con slogan insignificanti o anche machisti. A cosa servono? A dire che "lei" è più "puttana" (sic...) di noi? Ma ha senso in un Pride indicare come sostanzialmente immorali certi comportamenti legati alla sessualità (e/o all'onanismo)? Dire che, in fondo, "loro" sono peggio di "noi", a mio modo di vedere, non mi rende granché orgoglioso. Nè mi pare molto costruttivo.
La logica non è certo nuova: chi non ha una propria identità, cerca di rimediare costruendosi una pseudo-identità contro. Crolla il comunismo e diventiamo anti-berlusconiani, scompare la cultura locale e diventiamo anti-stranieri, evapora il cattolicesimo e (ri)diventiamo anti-gay.... E quando, per sensi di colpa o chissà che altro, non abbiamo un'identità propria, diventa facile sfogarci ricordando al mondo che "loro" sono peggio di "noi", appunto, facendo nostri i loro criteri di giudizio, facendo di "loro" il centro dei nostri interessi. Sia chiaro: va bene tutto, tutti sono e devono essere liberi di vivere il Pride come meglio desiderano, anche solo per sfogare le proprie frustrazioni.
Insomma, ognuno segua la sua strada... Ma così l'unità del movimento *qtblg dove va a finire? Beh, forse è il caso di riflettere seriamente anche su questo punto, anche per evitare la noia annuale delle lamentele sempre uguali perchè "non esiste una vera comunità" e delle invocazioni sempre identiche alla santa "unità".
Diciamolo, unità è una parola che piace molto, che va parecchio di moda: unità del movimento arcobaleno, unità della Sinistra Arcobaleno, unità dei cristiani, unità nazionale, unità della razza contro l'invasore... Ma per essere uniti (nelle lotte, nelle strategie, negli intenti...) partendo da una situazione di profonda differenza, è necessario un minimo di omologazione e di "normalizzazione". È necessario trovare una linea comune e rispettarla. E farla rispettare.
Ma tutto questo è davvero concepibile in un movimento, come quello *qtblg, che ha come proprio principale motivo d'esistere il raggiungimento del rispetto nei confronti della diversità, se non addirittura l'esaltazione della diversità? E allora forse non solo il pluralismo, ma anche la stessa disunità (quando non è motivata da odi razzistici, da semplici interessi personali o da micro-orgogli secessionistici) potrebbe essere considerato un elemento di valore per il movimento *qtblg. Disunità nel senso di esaltazione della propria irriducibile unicità, di massima libertà di espressione di sé, di resistenza alle spinte di chiusura nelle comunità che percorrono questi anni tristi.
L'unico elemento di unità, secondo me, dovrebbe essere il rispetto della libertà di autodeterminazione, con il Pride inteso come festa in cui dare massima visibilità a tale libertà. Chi vive questo rispetto, si troverà bene; chi non lo vive (vedi certe femministe transfobe...), semplicemente si sentirà un pochetto a disagio.
Ovviamente tanti di voi non saranno d'accordo con quello che ho scritto. Non posso che esserne felice.

P.S.: leggete bene il cartello della foto ("Amici, siamo dalla vostra parte, ma se cambiate idea, siamo qui che vi aspettiamo! Le amiche etero"). La condivisione, l'amicizia, il sovvertimento dei ruoli, l'ironia, il desiderio: c'era forse un cartello più bello (e, in fondo, più rivoluzionariamente politico) di questo?


Little Prince(ss)

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