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martedì 1 luglio 2008

A Capri ripaperta la via Krupp. Nel 1901 i socialisti tedeschi lo accusarono di essere omosessuale.

(Il mattino di Napoli) Capri. Una giornata storica. Non solo per i capresi. Perchè via Krupp è conosciuta nel mondo ed è rimasta chiusa per trentadue infiniti anni, a causa di una frana staccatasi dal costone roccioso che fiancheggia la lunga e sinuosa sequenza dei tornanti. Anni di impasse. Di amarezza. Di aspre polemiche per un angolo di bellezza stratosferica che sembrava per sempre perduto. «Onore a noi che non ci siamo mai arresi», sussurrano i capresi. Nuda la cronaca. Tortuoso come quei tornanti l'iter dei finanziamenti. Nel 2004 il Comune di Capri viene incluso in graduatoria e ottiene dalla Regione sei milioni di euro. La Regione successivamente stanzia altri 800mila euro (fondi Por) destinati agli interventi ultimativi, al rifacimento dell'assetto stradale e dei muretti di contenimento. Alla fine, il restauro - firmato dall'ingegner Gianluca Salvia - si presenta curatissimo, raffinato, credibile. Insomma, all'altezza della strada «più bella del mondo». Una consolazione dopo le terribili e ripetute paure che il serpentone scavato nella roccia ha più volte suscitato. Ottobre 2005, per esempio. Quando, dopo tre giorni di pioggia, uno smottamento fa tremare via Krupp nell’area ancora transitabile, dove già esiste per fortuna la rete paramassi. Intervengono i vigili del fuoco. Si procede a sgomberi. Si spera nel futuro. È un percorso magico, stagliato nella roccia. Un groviglio di giravolte. Un invito a nozze per il turismo colto che da sempre arriva a Capri per ripercorrere strade e suggestioni del mitico Grand Tour. La suggestione è assicurata: sono le stesse stradine frequentate, per esempio, da Lenin e da Gorky, che qui aveva casa e trascorreva lunghi periodi di riflessione e riposo. La strada dei sogni. A realizzarla, insieme a molte altre opere assai ardite, fu all'alba del '900 un ingegnere-architetto napoletano dal cognome forestiero, Emilio Mayer, che contribuì con la sua straordinaria creatività a trasformare e a modernizzare Capri. Fu lui a progettare le vie provinciali per collegare Marina grande con il centro dell'isola. Fu lui a collegare Capri ad Anacapri. Dal sito che oggi occupa la mitica Piazzetta, l'ingegnere fece sloggiare il carcere. E così nacque quello che oggi è il «salotto del mondo». Per via Krupp il «miracolo» fu possibile solo grazie a quelle 46mila lire che costituivano il costo inizialmente previsto per l'opera. A sborsare il denaro fu colui che all'epoca era l'uomo più ricco d'Europa, il tedesco Friedrich Alfred Krupp, titolare delle officine di famiglia che a Essen si estendevano per 400 ettari e occupavano 40mila operai. Rotaie, vagoni ferroviari, ancore e scafi. I Krupp erano definiti «i re dei cannoni». Perchè ne fabbricavano di ogni tipo. Alfred Fritz Krupp, sposato e papà di due bambine, non era solo un capitano di industria, ma anche cultore di scienze e in particolare di biologia marina. Lui era di salute cagionevole: soffriva di vertigini, pressione alta, asma. I medici perciò gli imposero di trascorrere buona parte dell'anno sul mare. Fu per questo che nel 1898 sbarcò a Capri. Dove portò il suo yacht «Maya», che mise a disposizione dell'Acquario di Napoli. Krupp restò a Capri per quattro anni, tra allontanamenti e ritorni. La strada, la via Krupp, doveva essere lunga 1346 metri e 60 centimetri. L'incarico operativo all'ingegner Mayer fu affidato nel 1900. E fu subito polemica. Violenta e senza esclusione di colpi, specie da parte del giornale di sinistra di Napoli, «La propaganda», che - convinto che Krupp fosse schierato sul versante opposto - mise in giro voci su una sua presunta omosessualità. Veleni giunti fino al paese natale di Krupp: l'organo del partito socialista tedesco, il «Vorwarts», scrisse che «l'uomo più ricco di Germania indulge a pratiche omosessuali con giovani capresi». Oscura e carica di dubbi fu la morte di Fritz Krupp: era il 1902 quando lo ritrovarono morto nella sua villa una mattina di novembre. Infarto, la spiegazione ufficiale. Ma nessuno vide il cadavere. E in tanti pensarono che l'industriale si fosse tolto la vita.

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