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giovedì 29 maggio 2008

Pari opportunità a senso unico. Intolleranza e ipocrisia figlie dello stesso errore.

Hanno detto, Pari Opportunità, Comune di Roma e altri che sulla questione si sono dilettati, che "il no al patrocinio del Gay Pride, che fa delle nozze omosessuali una bandiera, è un no contro l'ipocrisia". Hanno detto che "negare le differenze è inaccettabile" e che "il politically correct ha già fatto troppe vittime".
(Il Tempo) E sarebbe proprio bello (anche se non di political correctness si tratta, né di modernismo, bensì di civiltà) se non ci fosse bisogno di questa cosiddetta ipocrisia. Sarebbe bello ma non è. Perché se fosse, quel padre di Palermo non avrebbe accoltellato il figlio diciottenne perché gay. Un episodio che ha gli stessi genitori, razzismo e intolleranza, del raid contro gli immigrati al quartiere romano del Pigneto. Gli stessi delle frasi di Almirante contro "meticci e ebrei" che alla fine pure Fini ha definito vergognose - e poi non ci scandalizziamo se i bambini di Ponticelli scrivono nei temi, sui campi rom dati alle fiamme, che "hanno esagerato e abbiamo dovuto punirli".
E poco importa, ci scuserà Michele Serra, se una volta sotto i flash il diciottenne di Palermo si sia forse lasciato trascinare dal desiderio di apparire, posando addirittura "ben pettinato su una spiaggia" (orrore). Sono arcinote le strumentalizzazioni di noi membri della stampa, che ci affrettiamo a fare eroi di uomini e ragazzi per poi distruggerli due minuti dopo. Non sono forse trascinati dalla stessa bramosia tanti buoni a nulla che infestano You Tube, i concorsi per miss Tuscia e i provini per i banchi di Amici e i troni di Maria? Quindi perché quel diciottenne dovrebbe essere diverso? Forse che essendo gay dovrebbe essere più raffinato? Per la serie tutti i gay sono grandi ballerini e arredatori?
Il fatto è che ben prima delle nozze, gli omosessuali chiedono pari diritti e pari opportunità (che guardacaso è proprio il nome di un certo ministero che anche loro dovrebbe tutelare). Una parità che la cronaca dimostra, giorno dopo giorno, essere un miraggio. E poi, scusate, dove sono quelle differenze di cui sopra? E quali sono, quando gli stessi che sbandierano come valore il matrimonio ne infrangono i voti il giorno dopo essersi sposati? Per chi è ancora un valore il matrimonio in un mondo di fedifraghi (e fedifraghe), di preti-orchi a caccia di bambini e di altri preti che hanno figli e fidanzate e ci scrivono anche un libro? Forse per Cosimo Mele, militante di un partito che si propone di difendere i valori cattolici e della famiglia - e sappiamo tutti com'è andata? Piuttosto è questa la vera ipocrisia. Che a difendere famiglia e matrimonio siano proprio quei figuri per cui famiglia e matrimonio poi valgono zero. E le nozze gay, queste "istituzioni sociali senza fondamento", come gli stessi accusano, saranno poi così sbagliate quando molte unioni omosessuali durano ormai più a lungo delle nostre (e forse sono pure meno ipocrite)? La vera "emergenza" è l'intolleranza. In tutte le sue forme.

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