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giovedì 29 maggio 2008

Gaypride in giacca e cravatta. Quali vantaggi?

(Gianmario Felicetti - La famiglia Fantasma) In questo periodo sono state molte le discussioni su un pride Giacca e Cravatta. E’ difficile avere una opinione certa.
Certi eccessi danno fastidio anche a me. Da un lato mi farebbe comodo non vederli. Fa comodo a tutti non vedere certe cose. Ma è questo quello di cui abbiamo bisogno?Poi che dire: può sembrare una ragionevole concessione da dare alla destra. Con la sinistra ci siamo tirati giù le mutande, almeno qui un mignolino, una cosa da poco…
Ovviamente c’è stato chi ha scomodato i bambini, pur con tutte le buone intenzioni. Ma è fin troppo facile strumnetalizzare sulle persone indifese.

Ma allora, come la penso?

Penso che il Pride così come è fatto non serve a niente, in Italia. Risultati zero.
Tuttavia il Pride è il Pride. Farlo è necessario, è impomrtante e non può essere snaturato. Probabilmente noi italiani per avere dei diritti dobbiamo fare altre cose che non il Pride.
Ma un pride si fa come deve essere. E quindi: nessuno può dire come ci si va vestiti.
Se non siete d’accordo, ditemi: cosa ci guadagneremmo se facessimo un Pride in giacca e cravatta, per dare ragione alla destra?
Ci guadagneremmo in credibilità? No.
Avremo più potere contrattuale? Ne avremo meno, perché sarà il primo passo di quella negoziazione al ribasso che con la sinistra ci ha sfibrato l’orgoglio che dovremmo avere.
Avremo più dignità? Non credo proprio.
L’unica censura che fa bene al pride (forse) è quella delle persone che vanno a provocare solo per fare soldi e clienti. Quelle persone è meglio se non ci fossero, secondo me. Oppure relegate in fondo, alla fine. Fuori dalla festa.
Nessuna istituzione è nella condizione di porci condizioni quando per prime le istituzioni stesse ancora sono inadeguate nel farci esercitare quei diritti che la costituzione ci riconosce. Prima uguali diritti. Poi, nel caso, si parla del nostro modo di vestirci il giorno del Pride.

Non siamo noi che dobbiamo vestirci in giacca e cravatta. Sono gli altri che devono venire al Pride.

“Guardare il Pride Parade alla TV è come farsi prendere in giro dai mass-media. Partecipare al Pride Parade è come avere l’opportunità di Alice: addormentarsi e fare un sogno. Senza accorgersene, ritrovarsi in una realtà fantastica ed incredibile, allegorica e visionaria nella quale si incontrano Cappellai matti, regine di cuori prevaricatrici ed eccessive, gatti sornioni, adulatori e disorientanti. Come tutti i sogni è un sogno che dura poco, il tempo di un pomeriggio alla fine del quale è obbligatorio risvegliarsi per un anno intero. Ma al contrario dei soliti sogni è più concreto di quanto si possa credere. Quelle eccessive rappresentazioni così estreme da sembrare caricature dell’esistenza, in verità sono ritratti acuti e penetranti della realtà. La coscienza ne esce saldamente ancorata alla verità, come se, in mezzo a quel frastuono, ce ne fosse stato svelato, misteriosamente, il segreto: i gay sono normali cittadini italiani.”

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