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lunedì 28 aprile 2008

Lugagnano. Fra gli operai-squillo amici di Claudiu: "Ci prostituiamo come lui. Basta che paghino". I Ris nella villa dell'orrore.

Verona, i carabinieri nella casa di Lugagnano dove sono stati uccisi i due coniugi. Oggi interrogatorio e sopralluogo.
(Roberto Bianchini - La Repubblica) Per molti di loro, lo dicono senza imbarazzo, non fa differenza. Dipingere una parete, piantare un chiodo, tagliare una siepe. Anche fare l'amore con un uomo. "Basta che paghino". Perché non hanno scelta, spiegano, se vogliono sopravvivere. Radu fuma e sorride, sfregando il pollice sull'indice della mano destra. Il primo gesto che ha imparato in Italia. E' bello Radu, occhi neri, capelli cortissimi, basette lunghe, fisico asciutto. Veste firmato, tutto di nero, al collo porta una croce di brillanti. Ha ventidue anni e viene dalla Romania. A cercare fortuna, come tanti. Come Claudiu Stoleru (foto a fianco), il ragazzo accusato di aver massacrato i due pensionati, Luigi e Luciana Meche, nella loro villetta. A martellate lui, soffocata lei.

Come Claudiu, e come altri, anche lui è un operaio-squillo. Pronto a vendersi per una giornata da imbianchino o da manovale, come per un'ora di sesso. Non importa con chi. Anche Claudiu ha confessato che si prostituiva. Gli serviva, oltre che per il denaro, per ottenere qualche lavoretto. Ha detto che non era la prima volta, che l'aveva già fatto con Luigi Meche e anche con altri. Ma voleva smettere. E aveva ucciso il suo datore di lavoro perché "non ne poteva più". Oggi a Civitavecchia, dov'è stato fermato, verrà nuovamente interrogato. Deve ancora spiegare l'omicidio della donna. Finora ha negato di averla uccisa lui. E i Ris torneranno nella villetta per altri accertamenti.

Lo conoscevano il pensionato ucciso, gli operai-squillo che bighellonano tra i negozi del grande centro commerciale vicino alla tangenziale, due passi dal paese, dove arrivano a fare compere da tutta la provincia. E' un punto d'incontro, un crocevia della prostituzione maschile. Ci vengono soprattutto uomini sposati, di mezza età. "Qui ci si incontra - racconta il giovane - poi si va in una zona che conosciamo, vicino all'Adige, lì non ti vede nessuno". I carabinieri hanno raccolto più di una testimonianza tra gli operai-squillo. Tutte concordanti: "Luigi era un cliente abituale. Gli piacevano i giovani, frequentava soprattutto quelli dell'est". Per questo giudicano attendibile la versione di Stoleru sulle molestie sessuali, anche se in paese nessuno crede al "vizietto" del pensionato.

"I padroncini del Nord Est ci sfruttano in fabbrica e anche a letto", attacca Radu, sfrontato, anche lui mille mestieri, sempre saltuari. Racconta di una vita che, per gente come loro, "è un inferno": lavoro mai sicuro, soldi pochi, sempre in nero, case care, vecchie, malsane. "E qualche volta - attacca - pretendono anche di usarci a loro piacimento, sessualmente dico, per soddisfare le loro voglie. O quelle delle loro signore. Com'è successo a Claudiu. E noi zitti. Perché se ci ribelliamo perdiamo anche il lavoro. Allora tanto vale che ci vendiamo subito. Cos'altro dobbiamo fare? E che ci paghino bene almeno per quello".

E' brutta e vecchia la casa dove abitava l'assassino. Due piani, senza nemmeno l'intonaco, addossata a una fila di altre palazzine dall'aspetto dimesso. Ci abitano romeni, moldavi, magrebini. Tutti immigrati. Tutti lavoratori saltuari. Manovali, operai, braccianti, tuttofare, prostituti. Non c'è neanche un nome sui campanelli, nessuno sa in quanti ci vivano. Gli abitanti della zona dicono che c'è un via vai continuo di ragazzi sconosciuti.

Stoleru abitava in un appartamento al primo piano. Nessuno sa com'era arrivato qui. Gli avevano dato una stanza, anzi un pezzo di stanza con una branda, separato dagli altri letti solo da un armadio. Non aveva quasi nulla con sé, neanche una valigia. Era finito subito a fare qualche lavoretto, come aiuto imbianchino, proprio dall'uomo che sarebbe diventato la sua vittima. I moldavi sapevano che quell'uomo dava lavoro agli immigrati. E sapevano anche dei traffici sessuali. Sergiu, che vive nella stessa casa e fa l'operaio, dice che Claudiu era arrivato in paese solo da due settimane. Che gli sembrava un ragazzo normale, come tanti. Silenzioso, poche parole con gli altri romeni, pochissime con gli abitanti. "Parlava ancora male l'italiano". Lo stretto necessario per comperarsi le sigarette e ordinare un paio di birre al bar "Matteo" e di sambuche al bar "Saint Patrick".

I vizi del paese li aveva presi subito. Ma aveva un aspetto fragile, forse anche per via di quegli occhi chiari, e dei lineamenti del viso, più delicati degli altri. "Non avresti mai detto che poteva essere violento. Feroce, addirittura".

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