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lunedì 4 febbraio 2008

Giappone. Il fenomeno degli uomini "Geisha".

Non fanno sesso con le clienti, non è permesso. Ma costano migliaia di euro a sera. Riservati alle sole ragazze giapponesi, gli host sono il simbolo di una nuova solitudine.

( Francesco Fondi l La Repubblica delle donne) La parola d’ordine per capire Tokyo è una sola: andare oltre il lusso delle vetrine e l’istituzionalità dei locali del quartiere di Ginza. Il Giappone, seconda potenza economica del mondo, famoso per l’industria automobilistica e l’alta tecnologia, ha come industria principale, almeno ufficiosamente, quella del mizu shobai (“commercio dell’acqua”) che potrebbe essere tradotto come “industria del sesso” anche se si tratta di un fenomeno differente. Sul gradino più basso della piramide di questo impero c’è la prostituzione vera e propria, illegale ma diffusa ovunque grazie al rapporto privilegiato che la Yakuza ha saputo instaurare con le forze di polizia. In quartieri come Shinjuku, a Tokyo, è la Yakuza stessa a garantire la sicurezza dei cittadini: un impiegato ubriaco, tipico cliente dei locali “sexy”, dopo aver speso i propri soldi in un club gestito dalla Yakuza può addormentarsi in strada senza temere di essere derubato.

Salendo nella piramide, il sesso diventa sempre meno importante e, via via, passando per gli strip club, si arriva ai kiabakura (hostess club) e agli Host Club dove il sesso non è contemplato ma il giro di soldi aumenta esponenzialmente. Questi club sono talmente integrati nella società giapponese che sono diventati protagonisti di manga, riviste, reality show, sceneggiati tv oltre che di numerosi saggi sul tema. Bazzicare nei club di Roppongi, o di Shinjuku, nella zona di Kabukicho, equivale a leggere il manuale d’amore della società giapponese. I salariman - così chiamano gli impiegati, da queste parti, mutuando la parola inglese - riempiono gli innumerevoli locali per adulti: con 100 euro - un prezzo non troppo alto, rispetto allo stipendio medio - si passa qualche ora a smaltire l’enorme stress da lavoro con una hostess e qualche bicchiere di alcol annacquato. Senza arrivare al sesso vero, però.

Per tradizione, nella maggior parte degli hostess club il rapporto fisico non è assolutamente contemplato. Sempre a Kabukicho c’è l’ultimo indicatore di come, anche nella maschilista società giapponese, qualcosa stia cambiando. I ruoli si sono invertiti, a essere sempre più affaticate e bisognose di affetto sono le donne: e quindi anche la clientela dei locali da maschile diventa femminile. Sono decine gli Host Club appena inaugurati (in tutta Tokyo sono già 250); anche in questo caso le clienti non pagano per fare sesso ma per trascorrere qualche ora di relax in compagnia di giovani uomini - l’età è compresa fra i 18 e i 25 anni - pronti ad ascoltarle e a farle sentire amate.

Il ragazzo giusto, quello “su misura”, si sceglie da un vero menu. Come nel caso delle ragazze dei kiabakura - il nome di questi luoghi dell’intrattenimento senza sesso nasce dalla contrazione tra cabaret e club, e sono, per così dire, gli eredi di quelli in cui si incontravano le geishe - gli host non utilizzano il proprio nome ma uno pseudonimo, generalmente ispirato a un manga, altrettanto spesso a una figura storica giapponese. In questo modo si garantisce l’anonimato e contemporaneamente si aggiungono ulteriori dettagli al mondo di fantasia che spinge le clienti - per lo più trentenni - a spendere anche migliaia di euro per poche ore di fuga dalla realtà: già, perché “affittare” i favori di un uomo, chissà per quale misteriosa ragione, costa molto di più che farlo con una donna.

Nel corso di una serata, i ragazzi si alternano ai vari tavoli, in questo modo le clienti, pur avendo scelto un determinato ragazzo, possono incontrare gli altri e magari cambiare partner la volta successiva. Le preferenze ricevute, per ciascuno di loro, sono ovviamente fondamentali: ogni successo si traduce in un immediato ritocco di retribuzione. La competizione che questo sistema scatena è ovviamente tangibile: ognuno fa di tutto per essere scelto, e non sono rari i casi in cui gli inesperti vengono aggrediti dai propri colleghi. I club per donne sono, forse, l’unico esempio nella società giapponese di un uomo che si pone in condizione di inferiorità rispetto al genere femminile. Nella vita reale non succede mai: per questo, raccontano le clienti, questa è un’esperienza ambita. Strano a dirsi, la maggioranza delle clienti sono proprio le ragazze che lavorano come hostess nei kiabakura che, dopo una serata di lavoro, cercano di liberarsi dallo stress e dalla sensazione di vuoto e solitudine accumulati.

Il resto della clientela è costituito da giovani donne di classe sociale elevata che grazie alla disponibilità economica riescono a trovare quel calore che non vivono nel quotidiano. Sono spesso molto belle e non avrebbero problemi a trovare un fidanzato o un amante nel mondo reale, ma preferiscono rifugiarsi fra le braccia di uno “gigolo platonico” che sa ascoltarle e farle sentire principesse per qualche ora. A sorpresa, solo una piccolissima parte della clientela è costituita da donne sposate (il primo locale di “Uomini geisha” è stato aperto nel 1966, per le mogli dei facoltosi uomini d’affari) che grazie alla ricchezza del proprio marito, sempre assente e mai pronto a concedere attenzione, possono permettersi di spendere anche cinque o diecimila euro per una serata “speciale” in cui sentirsi nuovamente amate.
A differenza delle loro colleghe, gli host non hanno uno stipendio fisso cui si aggiungono i vari bonus, ma guadagnano solo grazie alle commissioni sulle vendite di alcolici che le clienti ordinano. Queste ultime bevono poco (specialmente le hostess che hanno appena finito di lavorare nel proprio club) e per questo i ragazzi bevono molto per aumentare le ordinazioni.

Considerando che un host club apre intorno alle 8 di sera, chiude verso le 7 o le 8 di mattina ed è aperto 6 giorni su 7, è facile capire che dopo pochi anni di questa vita questi ragazzi si devono ritirare per problemi di salute (le hostess invece normalmente cambiano lavoro perchè hanno accumulato una certa somma di denaro o perché hanno superato i 30 anni e desiderano tornare a una vita più regolare, magari sposarsi). Quando una ragazza ordina una bottiglia inizia lo “Champagne call”: tutti i ragazzi dei locali si riuniscono intorno al tavolo per ringraziarla dell’ordine e, in alcuni casi, cantare una canzone prima di bere.

Il costo? Circa 400 euro che possono diventare 10mila per una bottiglia d’annata. Se gli hostess club sono una celebrazione collettiva della mascolinità, gli host club sono una prova dell’evidente incapacità dell’uomo medio giapponese di rispondere alle esigenze della propria compagna con la stessa prontezza e disponibilità con cui risponde a quelle della ditta presso cui lavora. La stessa che magari paga il conto dell’hostess club che lui frequenta la sera.

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1 commento:

M; ha detto...

Pochi lo sanno, ma la prima geisha è stata un Uomo u_u il titolo dovrebbe essere cambiato, visto che la geisha uomo esiste ancora, e solo che la geisha donna e diventata piu un simbolo in occidente, visto che qui ha sempre l'uomo la prima parte.