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lunedì 4 febbraio 2008

I gay, la crisi, le elezioni e i soliti "Stati Generali" dell'Arcigay.

(Elfobruno) Non parlo molto della crisi di governo, e del successivo incarico a Marini, per una questione semplice e banale: il film è già visto e il siparietto finale non mi appassiona più di tanto. La sinistra arriva al potere, si trasforma in destra, fa una cosa giusta e novantanove sbagliate, si spara ai piedi da sola ma non prima di aver spianato la strada al nemico di sempre.

LA SITUAZIONE
Cosa c'è da aggiungere a questo quadro desolante che si ripete sempre uguale a se stesso?
Ma c'è altro, al di là delle carnevalate dei politici nostrani, che essi chiamano con l'impropria metafora di vita istituzionale: tra qualche mese si vota. Con questa legge o un'altra, ma si vota. E quelli che c'erano quindici anni fa ci sono tuttora.

Fini e il suo seguito post (e neo) fascista.
Berlusconi e i suoi sempreverdi zombie da prima repubblica.
I DS nella fase terminale del loro mutantismo - che ha ormai una sigla (pd) che, se letta in francese, darebbe la parola "frocio" - con la sequela dei vari Veltroni-D'Alema-Fassino che si sono rivelati più dannosi che utili per il Paese (si veda anche: cellule tumorali).
I cattolici, onnipresenti in ogni settore della società ma sempre meno in chiesa.
La sinistra radicale, contro ogni cosa, foss'anche contro se stessa.

Noi dovremmo scegliere tra questa gente...

Adesso, i miei studi e le elezioni a cui ho partecipato come elettore mi hanno insegnato che i gruppi sociali fanno pressione sui politici per ottenere dei vantaggi di settore. La politica dovrebbe armonizzare questi vantaggi proiettandoli in un panorama comune. Il condizionale, va da sé, è d'obbligo.

Ogni gruppo perciò è legittimato a fare richieste.
La politica deve dare delle risposte, anche a quei gruppi lontani dall'orientamento dei partiti al potere.
Le richieste vanno respinte se considerate lontane dal sentire comune poiché oggettivamente dannose.

Il problema delle coppie di fatto (anche gay) obbedisce a quest'ultima "legge".
Peccato che a determinare questa situazione non sia stata la destra - destra che in Europa è favorevole a PaCS e matrimoni gay, si badi - ma proprio la sinistra fatta da ex comunisti e neo-comunisti, ricattati dai cattolici.

Quindi le elezioni si avvicinano e il dilemma si pone.
Noi gay per chi dobbiamo votare? Tra una destra violentemente omofobica, e una sinistra pacatamente tale (Veltroni ha fatto scuola), l'unica soluzione sarebbe l'Aventino.

LA STRATEGIA.
Personalmente sono per l'annullamento delle schede. Una bella scritta ad effetto "no rights no party" ad esempio. O roba simile. Ma attenzione, non parlo né di astensionismo, né di acritico dispregio istituzionale.

A mio modo di vedere, la strada dovrebbe essere quella del ricatto elettorale.
Ok, non è una bella cosa "ricattare" chicchessìa. Peccato che non lo sia nemmeno rubare i voti dei gay per fare, con quei voti racimolati, politiche contro i gay stessi. I DiCo parlano da soli, a ben vedere.

Per cui occorrerebbe agire così.
1. Penso che si dovrebbe innanzitutto capire quale sistema di alleanze si farà all'interno del centro-sinistra. Personalmente, non voterò nessun partito che si alleerà, a livello nazionale, col partito democratico. Se voglio una destra omofobica, tanto vale votare AN - a me l'antico adagio di forma e sostanza mi tedia.

In tal caso si potrebbe valutare il voto per i partiti tradizionalmente amici - Sinistra Arcobaleno, PS e Radicali - ma a patto che non si stringano alleanze con partiti omofobici o che abbiano al loro interno personaggi dichiaratamente tali: tipo D'Alema, Veltroni, la Binetti, Rutelli, la Bindi (per rimanere nel novero di tutto ciò che sta a sinistra di Di Pietro).

2. Questo patto elettorale non dovrebbe avvenire in bianco, ma basarsi su cose concrete. Ad esempio, fossi di Roma pretenderei che i miei referenti politici e chi mi chiede il voto mi desse prima il registro delle unioni civili. Non si può fare? Delle due l'una: se vuoi la mia preferenza, esci dalla maggioranza. Altrimenti niente voto.

Tutte le organizzazioni omosessuali dovrebbero procedere così.
Votare persone dichiaratamente gay-friendly ma solo dopo aver ottenuto cose concrete.

3. Da tutto questo ne consegue, visti i tempi strettissimi, che l'unica strada percorribile per adesso è o l'astensione - che sconsiglio - o l'annullamento "simbolico e militante" (con frase ad effetto) della scheda elettorale. Dopo le nazionali ci saranno provinciali, comunali e regionali. Di volta in volta i partiti dovrebbero fare politiche pro-GLBT in tutti quei comuni dove stanno al potere per ottenere la nostra fiducia.

Per quelle zone dove la sinistra è all'opposizione, pretendere l'espulsione dai partiti di elementi omofobici e inserire nei programmi chiare politiche antiomofobiche e di sostegno per associazioni GLBT.

CONCLUSIONI
Immagino le critiche che mi pioveranno addosso: "tu pensi solo ai tuoi interessi di settore", "così si aiutano le destre", "come si fa a attuare questa strada con persone che ci sono state amiche fino a ora", "non siamo elettoralmente così rappresentativi".

Rispondo subito:

i gay possono, al pari di tutti gli altri, proporre interessi di settore;
le destre le hanno già aiutate i precedenti rappresentanti politici, per cui la strada del ricatto morale non è credibile;
le persone amiche dentro comuni e province non possono indignarsi con noi ma con i loro superiori che hanno determinato questo stato di guerra sociale;
alle ultime elezioni si è vinto per ventimila voti, le persone GLBT sono almeno dieci volte tanto (quelle che votano a sinistra) e se non siamo rilevanti, non vengano a chiederci il voto allora perché vinceranno lo stesso.

Penso altresì che firmare cambiali in bianco, ancora, con promesse generiche su formule vuote - a cominciare da quella tutta piddina dei diritti dei singoli individui che fanno parte delle coppie di fatto - sia solo un atto di asciutta sodomia politica. Pratica che, per quel che mi riguarda, è ributtante, fastidiosa e inutile al soddisfacimento di qualsiasi bisogno.

Fino ad ora, per altro, la strada del dialogo e della fiducia preventiva ha portato al nulla.
Non vedo perché continuare a far finta di avere interlocutori quando abbiamo invece solo una politica di rapina ai danni del nostro serbatoio elettorale.
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E a Roma il Gran Consiglio dell'Arcigay.
Intanto Aurelio Mancuso, il Presidente-poeta dell'Arcigay ha convocato tramite un comunicato "sbrodoloso" e particolarmente confuso, gli ennesimi "stati generali" (un termine ormai diventato ridicolo ed inflazionato) a Casa Marrazzo in quel di Roma per il 23 e 24 febbraio. L'unica speranza è che non decidano nulla perchè ogni qualvolta fanno qualche scelta risulta alla fine essere disastrosa per i gay italiani e del tutto ininfluente dal punto di vista politico.

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