Alla lettera del Papa intanto una risposta è arrivata dal provinciale dei gesuiti messicani, padre Juan Luis Orozco: «Obbediamo al Papa ma non siamo guardie svizzere».
(Carlo Marroni - Il sole 24ore) È uno spagnolo di 72 anni il nuovo Superiore generale della Compagnia di Gesù, il cosiddetto "papa nero". Padre Adolfo Nicolas - eletto al secondo scrutinio dai 217 delegati da tutto il mondo dopo una "congregazione" di riflessione e digiuno di quattro giorni - succede al dimissionario padre Peter-Hans Kolvenbach. L'elezione è avvenuta attorno a mezzogiorno nella sede della Curia generalizia di Borgo S. Spirito - segnalata dal suono della campanella - e immediatamente è stata comunicata per telefono al Papa, che l'ha approvata.
L'elezione di Nicolas ha rispettato la tradizione dei gesuiti: il nome del nuovo generale non era mai comparso tra le ipotesi circolate negli ultimi giorni. C'era grande attesa per una scelta importante nel futuro della Chiesa, sia per il rilievo che hanno i gesuiti - che con quasi 20mila sacerdoti è il più numeroso ordine religioso cattolico del mondo (se si considerano separatamente le varie famiglie francescane) – sia per il ruolo che svolgono in alcune aree di speciale interesse per la Santa Sede, in particolare l'Asia. E infatti Nicolas, pur essendo spagnolo (come il fondatore della Compagnia, Ignazio di Loyola), ha un percorso formativo e pastorale tutto asiatico, svolto particolarmente in Giappone.
Laurea in filosofia a Madrid poi studi in teologia a Tokyo, dove viene ordinato sacerdote, un master in teologia sacra alla Gregoriana, di nuovo a Tokyo a insegnare teologia sistematica. Riveste poi gli incarichi di direttore dell'Istituto pastorale di Manila, rettore dello Scolasticato di Tokyo e Provinciale del Giappone. Dal 2004 è moderatore della Conferenza gesuita dell'Asia Orientale e Oceania. Insomma, un profilo che calza a pennello con l'obiettivo della Chiesa di Benedetto XVI di rafforzare la presenza a Oriente, e in particolare in Cina, con la quale è stato avviato, faticosamente, un dialogo che sembra stia producendo qualche risultato. Di Nicolas viene sottolineato che è un sostenitore della "inculturazione", cioè della capacità della Chiesa di saper immergere la propria dottrina nella cultura dei Paesi dove si impianta. Non è una novità che i gesuiti abbiano portato ai vertici confratelli con esperienze in Giappone: da lì veniva lo spagnolo padre Pedro Arrupe, che nel 1981 fu "dimissionato" ufficialmente per motivi di salute, al posto del quale Giovanni Paolo II nominò proprio delegato padre Paolo Dezza, e "vice" padre Giuseppe Pittau, anche lui proveniente dal Giappone, dove aveva insegnato nella stessa università di Nicolas (e di Arrupe). Insomma, la Compagnia riafferma la sua vocazione alla missione, in qualche modo richiamata proprio dal Papa, che a Natale lesse il messaggio di Pace anche in guaranì, la lingua degli indigeni del Paraguay che nel '700 furono il popolo delle Reducciones dei gesuiti, poi massacrato dagli spagnoli.
Ma il Papa ha anche voluto chiarire bene che l'essere preti di frontiera non deve mai portare all'allontanamento dalla gerarchia ecclesiale o generare sbandamenti dottrinari, come accadde con la teologia della liberazione da lui direttamente sanzionata da prefetto della Dottrina della fede. Il concetto è stato ribadito due giorni fa in una lettera al preposito uscente, in cui Benedetto XVI ha chiesto «fedeltà nel promuovere la vera e sana dottrina cattolica», una fedeltà - ribadita anche dal celebre "quarto" voto dei gesuiti, l'assoluta obbedienza al Papa - «di cui la Chiesa ha ancora più bisogno oggi, in un'epoca in cui si avverte l'urgenza di trasmettere, in maniera integrale, ai nostri contemporanei distratti da tante voci discordanti l'unico e immutato messaggio di salvezza che è il Vangelo».
Nelle lettera Ratzinger ha definito «quanto mai utile» una pubblica riaffermazione della «propria totale adesione alla dottrina cattolica», da parte della Compagnia di Gesù, «in particolare su punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare, come, ad esempio, il rapporto fra Cristo e le religioni, taluni aspetti della teologia della liberazione e vari punti della morale sessuale, soprattutto per quel che riguarda l'indissolubilità del matrimonio e la pastorale delle persone omosessuali». Intanto una risposta è arrivata dal provinciale dei gesuiti messicani, padre Juan Luis Orozco: «Obbediamo al Papa ma non siamo guardie svizzere».
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