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sabato 22 dicembre 2007

E Sarkò "paggio del Papa" inquieta anche la destra. Polemiche dopo il richiamo del Presidente alle "radici cristiane della Francia".

La sinistra: vuole ridiscutere la legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa. Critiche all´Eliseo anche da Le Figaro "Una laicità che volta le spalle alla nostra tradizione".

(Anais Ginori - La Repubblica) Una laicità positiva e pacificata, un Paese fortemente ancorato alle sue radici cristiane. Nicolas Sarkozy reinterpreta a modo suo uno dei capisaldi della République, ed è subito polemica.
«È un paggetto in ginocchio dal Papa» attacca il giornale comunista L´Humanité mentre Le Monde usa l´ironia. Nella vignetta pubblicata in prima pagina, il presidente è travestito da vescovo e recita «In nome del padre, del figlio e di Carla Bruni». Al suo fianco, George W. Bush, aggrappato a un´enorme croce implora Benedetto XVI: «Santo Padre, credo che questo tizio voglia rubarmi il mestiere». Sarkozy che diventa un teocon? Persino il moderato Figaro, vicino all´Eliseo, ha dovuto prendere atto di un nuovo, inedito rapporto tra Francia e Vaticano. «La laicità versione Sarkozy - scrive il giornale - volta le spalle alla tradizionale concezione della laicità alla francese».
L´interesse spirituale di Sarkozy era già stato notato quando lui era ministro dell´Interno, e aveva fatto della rispetto dei culti la sua battaglia.
Aveva espresso perplessità sulla legge contro i simboli religiosi nelle scuole (velo ma anche croce), e affidato alcune riflessioni sul bisogno di fede al libro "La Repubblica, le religioni, la speranza" scritto insieme al domenicano Philippe Verdine e al filosofo Thibaud Collin, e offerto in dono al Papa.
Le parole pronunciate a Roma non sono dunque del tutto inaspettate e si inseriscono in un clima di dialogo con Parigi aperto a suo tempo dal governo socialista.

Ma nessun presidente francese si era spinto fino al punto di rivendicare l´eredità cattolica della Francia, parlando della «sofferenza» provocata in numerosi fedeli dalla legge di separazione tra Stato e Chiesa del 1905. Sarkozy, che ha tenuto a prendere il titolo di canonico onorario laterano che presidenti laici come Mitterrand e Pompidou avevano rifiutato, ha ribadito che la fede è una ricchezza e una necessità per la vita privata ma anche pubblica. «Abbiamo bisogno di cattolici convinti che non abbiano paura di dire chi sono e in che cosa credono» ha detto il capo di Stato, accomunando la sua vocazione a quella di un sacerdote. «Non si può essere prete a metà e neanche presidente a metà».

«È un discorso che farà storia» ha osservato il giornale La Croix, salutando la fine delle «ostilità» con la comunità cattolica francese. I vescovi francesi avevano preso posizione contro alcune misure del governo di destra, dalla legge sull´immigrazione al progetto di apertura domenicale dei negozi.
Sarkozy, pluridivorziato e che si definisce «culturalmente cattolico», ha comunque negato di voler parteggiare per una fede o un´altra. «Ovviamente, chi non crede deve essere protetto dall´intolleranza e dal proselitismo. Ma una persona che crede - ha precisato - è qualcuno che spera. E la Repubblica ha bisogno di donne e uomini che abbiano speranza».
Secondo la sinistra, il discorso a San Giovanni in Laterano potrebbe invece preparare il terreno per una revisione della legge del 1905. «Da tempo i laici francesi sono preoccupati dall´atteggiamento "religioso" di Sarkozy» spiega il socialista Jean Galvany.
Il segretario del partito, Francois Hollande, confuta gli argomenti del presidente. «Lascia pensare che la laicità è stata chiusa, settaria e che ha commesso un errore nel combattere le religioni. Questo è un vecchio ritornello della destra più clericale». «Si tratta di un arretramento notevole e di una rimessa in discussione del nostro fondamento repubblicano» aggiunge la senatrice dei Verdi, Dominique Voynet. Già mobilitato il potente sindacato degli insegnanti pubblici, che teme attacchi alla laicità della scuola. «Oggi - commentano i rappresentanti dell´Unsa-Education - è la laicità una garanzia della pace sociale, e non il contrario».

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