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domenica 7 ottobre 2007

E il pm attacca i divorzi infiniti «Più facile uccidere la moglie».

Greco cita il paradosso di Davigo: uscirne a volte è impossibile. I tempi per la sentenza superano quelli di una pena per omicidio.

( Annachiara Sacchi - Il Corriere della Sera) Separarsi, che fatica. E quanti anni (e denari)spesi in tribunale a trovare accordi, soluzioni, compromessi. Perfino il sostituto procuratore di Milano, Francesco Greco, punta il dito contro la lentezza della giustizia civile. Lo fa davanti ai giovani industriali riuniti a Capri, citando il collega Piercamillo Davigo: «È più facile uccidere la moglie che venire a capo di un divorzio difficile ». Chiamato in causa, il giudice Davigo precisa: «Io parlavo di procedure: i tempi per una separazione spesso superano quelli di una pena infliggibile per omicidio». E il conto si fa in un attimo: trent’anni per assassinio volontario con le attenuanti generiche e il rito abbreviato rischiano di diventare anche cinque. Molti meno di una causa di separazione.

Divorzio all’italiana, questione di nervi. Di chi, nella (ex) coppia è più forte o più tenace. Di chi è più ricco e ha un avvocato migliore. O, semplicemente, è più paziente. Perché i tempi sono lunghi, anzi lunghissimi. In media 582 giorni per mettersi d’accordo su alimenti, ma si arriva fino a 10-15 anni per risolvere una lite. Abbastanza per cambiare vita, lavoro, moglie (un’altra), per vedere diventare maggiorenni i figli per cui tanto si è litigato. Ma con la legge che ti riporta sempre indietro. Al momento della crisi. Secondo le statistiche delle associazioni «separati e divorziati », nell’ultimo anno si sono contati circa 70 mila separazioni e 50 mila divorzi.

Ne sa qualcosa Anna Maria Bernardini De Pace, avvocato matrimonialista (tra i suoi assistiti Eros Ramazzotti ai tempi della crisi con Michelle Hunziker): «Finalmente viene alla luce il problema della conflittualità tra le coppie di oggi». Che litigano allo stesso modo «per 200 euro o per 2 milioni», che scambiano le aule dei palazzi di giustizia per un ring. «Come nella politica, come nella tv», sottolinea la Bernardini De Pace. In tribunale come in un reality. L’avvocato Laura Hoesch (che invece difese Michelle) aggiunge: «La giustizia non riesce più a gestire il problema ». Pochi giudici di famiglia, è questo il dramma. E una marea di consulenti tecnici («alcuni incompetenti») che, inevitabilmente, gonfiano i tempi processuali. Sentenze a rilento. Anna Galizia Danovi, presidente del Centro per la riforma del diritto di famiglia, sbotta: «Noi avvocati dobbiamo evitare di fomentare coniugi uno contro l’altro. Troppe volte mi sono sentita dire: "Voglio la testa di mia moglie", ma mi rifiuto di ragionare in questo modo. Greco ha ragione: la giustizia non riesce a dare risposte adeguate ».

Altro paradosso: spesso le cause si prolungano oltre le sentenze di divorzio (con il marito/moglie che paga gli alimenti all’ex coniuge per decenni). E allora il conflitto si ricrea all’infinito. «Colpa della magistratura — dice Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme — che insiste sul modello monogenitoriale. Ma la nuova legge sull’affidamento condiviso parla chiaro». I figli alla madre, le spese al padre. Una volta, forse. Ora non sempre è così. «Negli ultimi 6 anni — continua l’avvocato Bernardini De Pace — i più deboli sono gli uomini. Le donne sono meglio preparate ad affrontare i cambiamenti ». Dimentichiamo allora, il conflitto Giorgio Falck- Rosanna Schiaffino, il duello Mario Chiesa-Laura Sala che diede via a Tangentopoli, la vicenda Silvana Mangano-Dino De Laurentiis. Oggi le donne sanno difendersi. E vincere le battaglie legali. «Anche se la materia — conclude l’avvocato Hoesch — è complessa e in continua evoluzione».






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