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giovedì 5 giugno 2008

Cinema. "Sex and the city " ma che banale...

(Dramaqueen) Da spettatore, il senso generale che si percepisce è quello di un'operazione fatta per permettere a quattro attrici incapaci di crearsi una carriera dopo il folgorante successo della loro serie tv di ritornare alla ribalta e assicurarsi una pensione serena. Come dire, lucrare, lucrare, lucrare.
Il che non è per forza un difetto.
E certo, tutti voi potrete obiettare che il cinema esiste nel 99% dei casi unicamente per far circolare i quattrini. Ma ecco, in questo caso si vede. O meglio, non si vede altra motivazione, non sembra esistere ragione alcuna per cui valesse la pena resuscitare un concetto tanto cult quanto anni '90 come questo.
Un bel film? Forse.
Un buon film? Assolutamente no.
La prima cosa che mi ha colpito è l'estrema fedeltà alla matrice telefilmica. Non solo per la storia, ma addirittura per tutto il corollario tecnico/artistico, possiamo tranquillamente dire che Sex and the city Il Film è praticamente la settima stagione ufficiale del telefilm. Non c'è alcune re-invenzione di linguaggio, il passaggio da piccolo a grande schermo non ha comportato alcun cambiamento. E forse, a mio avviso, è questo l'errore più grave e imperdonabile della pellicola: è come se avessero pompato all'estremo una puntata da 40 minuti del serial, rendendo leggermente più patinata la fotografia, aumentando il budget, e allungandone la durata. E i titoli di testa che riassumono la storia dello show tv sono un pò tristini.
Il problema è che cambiando il media di riferimento, era necessario cambiasse anche il linguaggio utilizzato, soprattutto se ci soffermiamo sulla regia decisamente piatta e noiosa di Michael Patrick King (creatore della serie). E' brutto da dire per un film come questo, ma Sex and the city manca completamente di stile: se non fosse per le quattro protagoniste, la pellicola non ha davvero niente di speciale.
Passiamo dunque a loro, la vera raison d'être del film.
Forse è anche stupido da parte mia aspettarmi qualcosa di nuovo da quattro personaggi (e non quattro persone), e devo essere sincero con me stesso, non posso certo criticarne la bidimensionalità o la mancata evoluzione psicologica perchè non avrebbe alcun senso: sono quattro monoliti, sono quattro caratteri, quasi maschere da teatro veneziano (la complessa, la ninfomane, la frigida, la snob), ed è giusto che rimangano così. Ed effettivamente sono personaggi che reggono bene il gioco, divertono, sollevano polemiche con i loro comportamenti tanto idioti quanto umani. Amate od odiate che siano, sono identità ben sviluppate, superficiali ma del tutto godibili. Per quanto mi riguarda, ho trovato particolarmente sacrificato il personaggio di Miranda e soprattutto di Charlotte, ma del resto è così anche nel telefilm, quindi c'è poco di cui lamentarsi. Gli uomini praticamente non hanno vita, ma vabbè, tanto non c'è Aidan, quindi a me che me frega degli altri..
Punto debole della pellicola rimane la sceneggiatura estremamente sciocca e sorprendentemente superficiale. Quello che davvero colpisce è l'estrema banalizzazione, quasi volgarizzazione dei sentimenti, cosa che mai era successa nei 7 anni di trasmissione televisiva: non voglio rivelare dettagli della trama, ma le risoluzioni amorose di questo film lasciano davvero a bocca aperta per quanto sono sciocche.
Samantha è l'elemento comico del film quindi in linea di massima riderete se vi fanno ridere le sue esternazioni sessuali: personalmente non mi scompiscio per le sue battute sugli uccelli, il dentice di Dante, la foresta tra le gambe eccetera eccetera. In generale comunque la comicità del film diciamo che tende più verso Boldi e DeSica che verso Woody Allen.
Insomma, Sex and the city è tristemente un film che non ha nulla di speciale, nè particolarmente brillante, nè particolarmente brutto. Si trova lì, in quello spazio tra il mediocre e il carino. Vestiti, scarpe, borse, appartamenti da sturbo, un tripudio fashionista da frociarole impazzite, musica caruccia: sì ok, ma francamente a me non basta. Essenzialmente, manca al film un elemento fondamentale, che mai era venuto meno nelle sei stagioni televisive, quell'elemento che mi ha fatto innamorare dello show, che mi ha fatto ridere, piangere, amare New York.
Gli manca un'anima.
E questo sì, è imperdonabile.

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