(Uguali amori) E’ un po’ di tempo che ci penso sopra. Trovo molto grave che un ministro della Repubblica dica che gli omosessuali in Italia non sono discriminati. E’ un andare contro il principio di realtà, pensando (o facendo finta di pensare, è difficile dire se sia più malafede o semplice stupidità) che le discriminazioni siano sono quelle di tipo attivo, cioè quelle per cui c’è una norma che impedisce di esercitare un diritto, mentre le discriminazioni sono anche quelle che nascono quando manca una norma che consenta di esercitare un diritto. Quando un ministro, perdipiù delle Pari Opportunità, confonde la realtà con la sua idea della realtà, rinuncia ad esercitare il suo ruolo di amministratore, e si mette a fare il capopopolo, o nello specifico torna al suo mestiere di soubrette che fa un commento brillante (relativamente parlando) durante lo show della Domenica pomeriggio su Rai1.
Oltre a questo, vedo che la società va progressivamente disgregandosi, è un tutti contro tutti, tribù contro tribù. Non penso che sia stata la vittoria di Alemanno a sguinzagliare certi cagnacci rabbiosi, questo malessere è ben più profondo ed è innanzitutto sociale, poi casomai politico.
Io temo molto che, presto o tardi ma temo più presto di quanto spererei, ci scappi il morto, inteso come il gay ammazzato in quanto gay. A quel punto sarebbe ulteriormente insopportabile sentire la Carfagna piangere lacrime da soubrette, vedere la puntata di Porta a Porta con la Mussolini che è contro le adozioni gay, e così via così via in un Paese che sta smarrendo anche il senso del ridicolo.
Io non ho mai partecipato ad un Gay Pride. Per un motivo di fondo, e cioè che non mi è mai parsa una manifestazione politica, con una rivendicazione politica, ma solo un corteo troppo folcloristico, con troppa gente che coglie l’occasione per mettersi in mostra e andarsene a culo di fuori, la cosa più peggiore assai che si possa fare per rivendicare dei diritti. Sarà anche vero che quando una identità è repressa, allora trova i modi più conflittuali per emergere, però credo che il passaggio alla dimensione politica dell’agire anche individuale sia un sentimento poco diffuso nel mondo gay italiano.
Tutto questo detto, penso che quest’anno una piattaforma politica ci sia, nei fatti, per cui ho proposto a L. se volevamo andare insieme al Pride di Bologna - da solo no, mi sfracasso le balle - perchè la mia sensazione è che quest’anno debba esserci. Mi ha molto colpito una lettera che Cristina Alicata ha scritto ad Alemanno, in questo senso.
Però, è anche possibile che L. non possa, e comunque come ha detto Andrew il Pride di Roma sarebbe anche l’occasione per conoscere persone che per ora ho conosciuto solo via blog. Per cui, pur con tutte le mie rigidità (che non sono probabilmente sempre e del tutto salutari), penso che per intanto, al Pride romano, ci vengo.
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