(Daniela Condorelli - L'Espresso) La rivoluzione si fa adesso. Con fatti concreti. Che cambiano le cose. Parola di Chris Carlsson, padre nobile del movimento Anche i simboli più eclatanti della forza maschia e della tribalità maori riversata sui palcoscenici internazionali dello sport, hanno ceduto alla castità. Fino a farne un urlo di vittoria: 'All Blacks, no sex': la Nuova Zelanda del rugby ha affrontato i Mondiali di Francia in piena astinenza sessuale: decisa per potenziare la concentrazione. E irrobustire lo spirito di squadra. Si tratta di un fenomeno non nuovo per lo sport, cui Elisabeth Abbott dedica un intero capitolo, dagli satleti greci agli 'Atleti per la vita' di oggi: movimenti di atleti professionisti che fanno voto di verginità e di purezza morale.
"Muhammad Alì cercava sempre di rimanere casto per sei settimane prima di ogni combattimento, spiegando che quando non fai sesso per un bel pezzo ti arrabbi e diventi cattivo, il che fa di te un grande guerriero", ricorda la Abbott. Che include nella carrellata lottatori indiani, giocatori di football americano, perfino nazionali di calcio, come quella del Perù. Ancora oggi i tifosi peruviani ritengono che se il Perù perse i Mondiali del 1982 (5 a 1 per la Polonia), fu colpa di quei giocatori che violarono il tabù del sesso la notte prima della partita.
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