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martedì 13 maggio 2008

Aborto. In Vaticano si rafforza il partito della spallata. Salto di qualità dopo 30 anni in difesa.

Pressing vaticano per cambiare la 194.
(Giacomo Galezzzi - La Stampa) «Ora si può fare», è l’umore diffuso in Curia, mentre in Segreteria di Stato e nei dicasteri d’Oltretevere si inquadra l’affondo di ieri del Papa nel nuovo corso ratzingeriano dei «principi non negoziabili» che trova nel cardinale Tarcisio Bertone il principale promotore.
Ciò che fino a pochi mesi fa sembrava alla Santa Sede inattuabile («Non ci sono le condizioni per abolire l’aborto», ammise il cardinale vicario Camillo Ruini), ora sembra possibile. L’attacco di Benedetto XVI alla legge italiana sull’interruzione di gravidanza non è un fulmine a ciel sereno. Nei Sacri Palazzi sta maturando la convinzione che, nello scenario configurato dal governo e dalla maggioranza di centrodestra (con il sostegno «a tema» dell’Udc e dei teodem del Partito democratico), si possa trasformare la nuova legislatura nella «storica occasione» per modificare la 194, la norma che da tre decenni è un tabù laico di fronte al quale la Chiesa sembrava aver deposto le armi.
«Il Papa enuncia l’ideale a cui dobbiamo arrivare e sfata la menzogna che, se applicata interamente, la 194 sarebbe una legge accettabile - spiega il vescovo canonista Velasio De Paolis, ministro vaticano delle Finanze -.
Finora è mancata politicamente la possibilità di abolirla, adesso è il momento di verificare se, con il mutato quadro parlamentare, sia possibile cancellare la piaga di una legislazione troppo permissiva». Da una linea «attendista», dunque, il Vaticano passa ad una più interventista. «Fino ad oggi sembrava praticamente impossibile trovare un Parlamento con i numeri per sanare la ferita della 194 - precisa De Paolis -.
L’enciclica “Evangelium Vitae” di Giovanni Paolo II, non potendo fare di più, prende atto dell’impossibilità materiale e teorizza le modifiche “imperfette” per mitigare una realtà malvagia come la legge sull’aborto e restringerne l’applicazione».
Adesso il «salto di qualità» nella strategia di Benedetto XVI: «Il Pontefice sa che appena si verificano le condizioni per rimuovere completamente questo male, bisogna agire e non lasciar svanire l’opportunità favorevole».
Ora serve la moratoria Onu per le interruzioni di gravidanza, rilancia il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace: «Anche nelle prime 72 ore di vita l’embrione ha già tutte le caratteristiche per essere considerato un essere umano». In tal senso «eliminarlo vuol dire ammazzare una persona e togliere una persona che in più non si può difendere. Siamo per il rispetto della vita umana fin dal suo concepimento. Quando l’ovulo è stato fecondato è già essere umano». La speranza di una «spallata» alla 194 filtra anche dalla Conferenza episcopale.
«Le circostanze sembrano far pensare ad una convergenza trasversale a sostegno della gravidanza e ad interventi che curino le ferite create nella società italiana dalla legislazione abortista - sottolinea l’arcivescovo Edoardo Menichelli, commissario Cei per la Famiglia e la Vita -. La tutela della vita fin dal suo concepimento deve diventare una priorità dello Stato e non più solo della Chiesa. E non si tratta di un’ingerenza nella sfera politica». La stategia è «gridare la verità», e cioè che il concepito è una persona umana e che la sua uccisione, quale che sia lo stadio della gravidanza (nel suo inizio più impercettibile o nell’immediata prossimità del parto) costituisce la soppressione di una vita umana innocente.
Intanto il new deal ecclesiale «più aggressivo» è confermato dalla decisione del governatore ciellino della Lombardia, Roberto Formigoni di ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione («speciosa e inconsistente») del Tar di sospendere le linee guida con cui la giunta regionale limitava l’applicazione della 194. «I nostri indirizzi non violano né la Costituzione, né la legge», protesta Formigoni.

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