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giovedì 6 marzo 2008

Tel Aviv, gay palestinesi ed ebrei uniti contro i tabu'.

(Giorgio Raccah - Ansa) C'e' una occasione, ed e' la piu' insolita di tutte, in cui palestinesi ed ebrei si ritrovano a ballare, scherzare e a parlare insieme d'amore.
Ogni due mesi circa, di venerdi', un piccolo ritrovo notturno in un popolare quartiere a sud di Tel Aviv, diviene teatro di una festa riservata a un pubblico particolare: quello dei gay, dei transessuali e dei bisessuali palestinesi. Solitamente si tratta di un paio di centinaia di persone, che vengono un po' da tutto il paese, per godere di una serata in liberta', senza pressioni e tabu' comunitari e sociali, approfittando del clima piu' tollerante di una citta' laica e godereccia come Tel Aviv.

Tra il pubblico, dove l'arabo e' la lingua corrente e dove arabe sono le canzoni - spesso a carattere politico e fortemente nazionalista - cantate da coloratissime 'drag queen' palestinesi, non mancano le coppie di ebrei. Omosessuali israeliani di entrambi i sessi qui sono ben accetti, anche se si sottolinea con evidenza che si tratta di una festa palestinese.
Le feste sono organizzate da Al-Qaws (l'arcobaleno), ''un'associazione - dice all'ANSA la direttrice Hanin Maikey, palestinese originaria di un villaggio della Galilea - che e' sorta come iniziativa della Jerusalem Open House (''Joh'', associazione dei gay, bi e transessuali israeliani) per rispondere alla necessita' di fare qualcosa per la comunità omosessuale palestinese di Gerusalemme est che la Joh non era capace di soddisfare per motivi diversi, linguistici, culturali e altro''. Col passare del tempo poi questa comunita' si e' estesa ad altre parti del paese.

Al-Qaws, afferma Hanin, e' un'associazione indipendente, rivolta a un pubblico 'omolesbico' interamente palestinese col fine di operare a favore di questa comunita', con iniziative diverse che vengono esercitate tramite comitati locali. Al fianco di Al-Qaws opera anche Aswat (voci), organizzazione formata da lesbiche palestinesi, che l'anno scorso e' incorsa nelle ire del Movimento Islamico per aver cercato di indire a Haifa un convegno femminista.
Tra le organizzazioni dei gay israeliani e palestinesi ci sono vaste aree di collaborazione, ad esempio per la lotta contro le discriminazioni, i pregiudizi e i tabu' sociali (forti per entrambi i popoli), anche se non mancano grandi differenze.
La realta' di vita per un gay palestinese e' piu' dura di quella di un ebreo israeliano con le stesse preferenze sessuali, che sicuramente gode di una maggiore liberta' e indipendenza.
''Molti membri della nostra comunita' - testimonia Hanin - parlano di doppia marginalizzazione: come omosessuali e lesbiche sono emarginati dalla societa' palestinese e in quanto arabi da quella israeliana''.

''Puo' succedere - prosegue - che un ragazzo ebreo esca con un ragazzo arabo e che a un certo punto quello ebreo faccia un'osservazione ostile nei confronti degli arabi, come se non capisse che anche il suo compagno e' arabo''.
Ma le discriminazioni piu' forti giungono dai propri connazionali: ''Molti palestinesi preferiscono cambiare il loro nome e inserirsi nella societa' israeliana tagliando i contatti con altri palestinesi - denuncia Hanin - per non rischiare di incontrare un parente o un vicino di casa del villaggio''.
A tutti, inclusi quelli che cercano di celare la loro identita', conclude Hanin, ''il messaggio che noi vogliamo dare e' che se e' lecito essere palestinese, e' altrettanto lecito essere trans e palestinese al tempo stesso''.

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