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martedì 26 febbraio 2008

A Sanremo governa Chiambretti e Arcigay plaude alla Tatangelo, non bastavano Paola e Chiara?


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Mai dire: tutto tranquillo al Festival. Quando già i cronisti temevano di passare le ore della vigilia a scommettere sulle pulci saltatrici, ecco che uno sconsiderato minaccia di eseguire una personalissima cover di "Stasera mi butto".
(Il Tempo) Ti affacci dall'Ariston e vedi quello sul tetto, i pompieri sotto col telone che si dicono sottovoce "se si lancia si sfracella", e i curiosi con il videofonino che lo incitano all'atto estremo. Così poi magari il film del suicidio finisce su YouTube. Ma è Sanremo o Real Tv? Pippo temeva di replicare la vecchia gag dell'arrampicata sulla balaustra, poi tutto finisce bene. Niente sangue sui fiori.
Rosso relativo. Ma il Festival è di destra o di sinistra? E se si considerano veltroniane almeno un terzo delle canzoni, le altre da che parte pendono? Dai kolkoz spuntano gli ultrà post-sovietici della Sinistra Arcobaleno. Che vorrebbero alla kermesse il leggendario coro dell'Armata Rossa. Con Del Noce pronto a baciare le salme di Breznev e Andropov.
Mimmo e Gianni. La diretta si apre con l'omaggio al mezzo secolo di "Nel blu dipinto di blu". Morandi interpreta Modugno con degno understatement, canta su un filo, spalanca le braccia nel gesto catartico: eppure gli basterebbero le mani. Enigma: perché invece di "Volare" pronuncia "Folare" come un tedesco? Il Papa benedice da lontano.
Ultrapippi. Chiambretti esce con una giacca bianca rubata ai camerieri del Casinò, e scarpe tricolori sospette di vilipendio alla bandiera. Capisci subito che governa lui, come Raul Castro. Infatti dice: «Pippo ha fatto un passo indietro, come Fidel». Fruga Del Noce alla ricerca di un telefonino («impari da Saccà sulle intercettazioni»), poi escono i dodici sosia di Baudo («presi in Cina, con 20 euro te ne danno tre più un resto di Amadeus»). Le maschere di gomma, però, somigliano a Fini.
La botola. Altro messaggio subliminale: per evitare favoritismi politici Pippone esce da un buco sul palco. Al centro, però: molto demitiano. Inutile il tentativo chiambrettiano di accreditare il presentatore come una spia del Kgb, o di farlo scivolare su calembour come «Sia Clemente, non faccia Casini, si comporti da Cavaliere». Dal pullman di Veltroni trasecolano.
La chiameremo Andrea. Gnocca imperiale, e molto umana. Il balletto stile 007 è sbagliato, e le streghe dell'Ariston le fanno perdere la voce, prima di un crollo emotivo sulla spalla di Baudone. La Osvart ammette che sul permesso di soggiorno è qualificata come «domestica». Più tardi dice sommessamente che occorrerebbe dedicare una giornata alla «festa dell'uomo». In milioni di case italiane, le mogli picchiano preventivamente i mariti. Viva Andrea. Con quella bocca può dire ciò che vuole.
Ariston, Cremlino. Spunta il redivivo (e svociato) Cutugno che annuncia di essere tornato dalla Russia dopo un concerto in onore dell'Armata Rossa (again). Dietro le quinte cercano la firma di Toto sulla dichiarazione di apoliticità.
Musica. Dopo un'ora tutti hanno già finito le pizzette e la Fanta ma nessuno ha badato alle canzoni, tranne a quella della talentuosa L'Aura. Poi arriva Frankie Hi Nrg ed è come mettere le dita nella presa della corrente. Intro morriconiana, trombe mariachi, ritornello virale. Invaderà allegramente le radio. Nonna Carmelina fatica a seguire le parole, ma eccole lì sparate in bella vista sulla sepolcrale scenografia del palco. Tutto un profluvio di "tangenti", "vallette nude sotto lo zerbino", "cappucci sulle fronti" e "furbetti del quartierino". "Non si fa la rivoluzione, l'hanno detto in televisione", urla il rapper. Che può contare sui voti dei nostalgici di Silvestri, e di chiunque abbia il fegato a pezzi e le orecchie aperte.
High School. Stamani tutti i bimbi con le occhiaie sui banchi: è tarda sera quando spuntano gli eroi della versione italiana del musical. Che non valgono Zac Efron e compagnia originale, ma tanto i piccoli sono mezzo addormentati..
Ancora musica. Fabrizio Moro piace anche in versione sentimental-vaschista, Anna Tatangelo chiede l'appoggio del circolo «elettorale» della sua Sora: il Paese natio si è diviso sull'amico gay, mentre le lobby omosessuali* plaudono. Canzone confezionata per vincere, non guasterebbe un po' più di cuore e meno glamour vocale. Classico Zarrillo, vibrante Bennato, ammaliante Gazzè. A Tricarico serve un diapason.
Promossi. I quattro giovani che accedono alla finale: Frank Head, Milagro, la dirompente Giua e Valerio Sanzotta, promessa di un folk rock che dà un senso alla memoria e al coraggio di dire le cose.
Troppo forte? Ma quale Hollywood: con Verdone si risparmia. Anche se quel pover'uomo non può essere sempre il salvagente di Sanremo. Le gag? Usurate. Fa più ridere Kravitz, quando ondeggia sul refrain della pippiana "Donna Rosa".
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SanRemo: Arcigay, importante la canzone della Tatangelo.
Così commenta Aurelio Mancuso, presidente dell'Arcigay.
(Vita) "Il testo non e' entusiasmante, alcune affermazioni sono figlie di stereotipi, ma nel complesso la canzone della Tatangelo, di cui e' autore Gigi D'Alessio, e' un contributo importante per respingere l'odio omofobico che sta dilagando nel paese".

Il presidente dell'Arcigay, Aurelio Mancuso, giudica cosi' il brano "Il mio amico", interpretato da Anna Tatangelo al Festival di Sanremo. "Aver voluto dedicare al proprio truccatore una canzone dai tratti struggenti, inserendo anche affermazioni importanti, rende meritoria -prosegue Mancuso- la presenza della cantante nella popolare kermesse di Sanremo. 'Il mio amico' e' un omaggio sicuramente a Claudio, ma anche a tutti quei gay che subiscono il pregiudizio, patiscono la solitudine sociale, e s'interrogano sul proprio futuro".

"Per fortuna molti gay e lesbiche, nonostante che nella societa' italiana non sia facile vivere alla luce del sole, riescono a costruire rapporti d'amore stabili e duraturi. 'Che male c'e' se ami un uomo come te' e' una delle frasi che vorremmo ascoltare oltre che dal palco del Teatro Ariston, anche -conclude Mancuso- nelle aule parlamentari. Grazie Anna Tatangelo".
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Sanremo 2008: Anna Tatangelo e la fiera delle banalità.
(Gaywave) Era la canzone più attesa di questo Festival di San Remo. In tanti, dopo le numerose polemiche, aspettavano di ascoltare questo brano di Anna Tatangelo dedicato all’amico gay.
Poteva la giovane amante del già patetico Gigi D’Alessio fare di peggio? No. “Il mio Amico” è quanto di più ridicolo e banale sia stato scritto per raccontare una storia d’amore e d’amcizia gay.

Tralasciando lo stile neomelodico e ripetitivo del brano, ed evitando di dare giudizi sulle qualità canore della ragazza, vogliamo soffermarci sul testo di questo pezzo, esaminarlo con voi. Perché a ben vedere di peggio, forse, non poteva essere scritto.

Che ci crediate oppure no la Tatangelo ha cantato questi versi osceni:

Il mio amico che non dorme mai di notte
Resta sveglio fino a quando fa mattina
Con il viso stanco e ancora di po’ di trucco
lascia i sogni chiusi dentro ad un cuscino
Fa di tutto per assomigliarmi tanto vuole amare come me

Il mio amico avvolto dentro l’amarezza
Mi fa tanta tenerezza

Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso

Il mio amico cerca un nuovo fidanzato
Perché l’altro già da un pezzo l’ha tradito
Dorme spesso accanto a me dentro al mio letto
E si lascia accarezzare come un gatto

Il mio amico mi confida le sue cose
Anche quelle che non sa
Poi mi guarda mentre spegne il suo sorriso
Spera sempre in quell’amore che non ha

Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te
C’è chi ti guarda con disprezzo
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro

Se a chi dice che non sei normale
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio

Dimmi che male c’è

Bene. Quello che è chiaro è che l’amico della Tatangelo (a quanto pare la canzone è dedicata al suo truccatore nonché vecchio amico di infanzia) è uno di quei gay da vizietto: truccato, molto femminile, paranoioco ed infelice.
E sembra anche abbastanza chiaro che la Tatangelo lo tratta come un peluche, meravigliandosi quasi che il ragazzo possa anche non essere così timido e insicuro quando lo accoglie nel suo letto e lo accarezza come un gatto (?).

Un’accozzaglia di banalità quasi offensive, che raccontano il mondo di gay come un universo di persone infelici che vorrebbero essere donne, frustrati da ciò che la natura gli ha procurato: umiliazioni e insulti.
Per carità, sappiamo bene che ci sono ancora oggi situazioni in cui i gay vengono maltrattati e derisi e che in giro qualche omofobo ancora c’è, ma c’è modo e modo di raccontare certe cose, senza necessarimente renderle così patetiche e strappalacrime.
Quello che è evidente di questa canzone è che la “brava” Tatangelo e il suo amante-pigmaglione-tutor Gigi D’Alessio (è lui l’autore di tale meraviglia, non dimentichiamolo) hanno portato a San Remo una canzone furba che vuole intenerire, non far ragionare, con l’obiettivo chiaro di commuovere, senza lanciare alcun messaggio concreto ed utile.

Il nostro timore, reale e possibile, è che questo brano diventi una hit e che saremo costretti a sorbircelo in radio, continuamente, nei prossimi mesi. Che Dio (lo stesso Dio degli eterosessuali, come anche precisa la “bella” Anna) ci aiuti?

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