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martedì 26 febbraio 2008

La realtà della prostituzione maschile. Confessioni di un ragazzo in vendita.

Max, ventotto anni, due lauree. Compagnia e sesso per 300 euro.

(Emanuela Minucci - La Stampa) Ciao a tutte! Mi chiamo Max. Sono un ex modello 28 enne di Torino. Con me potrai finalmente trasgredire, sarai al centro delle mie attenzioni, e ogni tuo desiderio diventerà realtà. Potrò accompagnarti a fare shopping, farti compagnia o regalarti esperienze erotiche uniche e indimenticabili...». Ed eccolo qui Max, seduto in un bar di corso Francia con davanti un succo di frutta all’albicocca. Capelli a spazzola, felpa verde, jeans, scarponcini. Così lontano dall’immagine virtuale che lampeggia nel suo annuncio su Internet.

A leggerlo ti aspetti chissà quale sciupafemmine lampadato con il gel che ingessa i capelli. E invece se ne arriva vestito da studente bene, stile «sono fuoricorso perché tanto paga papà». E ti spiazza. Prima a colpi di cinismo: «Per un’intervista di mezz’ora fa 150 euro perchè per vederti ho rinunciato a un incontro di lavoro». Poi perchè scopri che a casa ha un bambino di quattro anni rimasto orfano quando aveva solo 10 giorni: «Eravamo giovanissimi. Mi son messo a fare lo gigolò per tirare su uno stipendio sicuro quando sua madre è morta in un incidente».

I suoi genitori lo pensano dietro una scrivania: impiegato amministrativo di terzo livello. E anche lui, in fondo al cuore, vorrebbe fosse vero. «Smetterei domani se solo potessi. Ma dove trovo 4 mila euro al mese?». E dire che Max (il nome vero è molto meno ruspante) ha avuto pure il tempo di prendere due lauree dopo l’Accademia Aeronautica frequentata a Pozzuoli: «Giurisprudenza e Scienze politiche». Non bara, altrimenti non ti piazzerebbe fra racconti di tanga maculati parole come «secolarizzazione».

Max, mai visto «American Gigolò»?
«No, forse ero troppo piccolo».

Quanto guadagna a sera?
«Lavoro prevalentemente il pomeriggio e la mia tariffa base è oraria: 300 euro».

Anche solo per fare shopping?
«Sì, certo. E sono in molte a chiedermelo. Ma il sesso seguito dalle coccole è la richiesta più frequente».

L’età media delle clienti?
«Dai 35 in su. Ma mi sono dato un tetto: mai oltre i 60».

E se non le piacciono?
«Lo dico subito: non sei il mio tipo. Ma capita di rado, il mio è un lavoro, non un piacere».
L’identikit della cliente tipo?
«Sposata, infelice, ricca, villa in collina».

Professione?
«C’è di tutto. Dalla casalinga all’architetto sino al notaio. Ma sono le prime quelle più assatanate e vendicative».

In che senso?
«Pensi che una volta una si è messa a telefonare mentre facevamo l’amore. E ha detto: “Senti che cosa sta succedendo?”. Mi son chiesto chi ci fosse dall’altra parte: era il marito».

Mai avuto bisogno di aiutini?
«No, quando mi trovo in quella situazione penso ai soldi. E’ l’unico afrodisiaco che funzioni».

E’ accaduto che le sue clienti si innamorassero di lei?
«A volte. A me, no, mai. Nessuna riesce a trasmettermi qualcosa che vada oltre un rapporto ginnico».

Nel suo annuncio spiega che lavora sia a Torino sia a Milano. C’è differenza fra le due piazze?
«A Milano si lavora di più e lì ti possono capitare anche le modelle. Donne che intimidiscono per la loro bellezza e alla fine restano sole. A Torino non si bada a spese».

Che ne pensa della definizione «Torino grigia e bacchettona»?
«Che è soltanto una facciata. Sembra grigia, ma sotto è una brace. Mi ascoltino, i signori mariti: lasciate perdere i congressi e le missioni all’estero. Le clienti dicono tutte la stessa cosa: «E’ la prima volta che lo tradisco. Sono anni che non mi guarda più come una donna».

Che momento è per lavorare?
«Troppo pochi soldi in giro».

E’ fidanzato?
«No, non ci penso neppure. Devo pensare a guadagnare».

E’ felice?
«No. La mattina non sopporto la mia immagine nello specchio. Ma dove trovo un lavoro che renda 300 euro all’ora e allo stesso tempo mi permetta di stare con mio figlio quando voglio?».

Ps: (I 150 euro per l’intervista, non li ha voluti).

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