Venne violentato da bambino. È riuscito ad accettare la propria omosessualità dopo l’incontro con una psicologa - Se rientrasse nel suo Paese, che applica la legge musulmana, dovrebbe scontare il carcere.
(Il Gazzettino) Corre il rischio di finire nelle galere del suo Paese per anni, sottoposto al lubidrio, alle vessazioni, alle violenze, perchè omosessuale, un nordafricano che ormai da vent'anni vive in Italia, dove giunse ragazzino, e attualmente si trova in provincia di Udine. La battaglia legale che lo vede protagonista non ha precedenti. Il suo avvocato - che appartiene al foro di Udine e resta anonimo per non svelare l'identità del cliente -, ha impugnato il decreto di espulsione emesso nel dicembre scorso dal Prefetto di Trieste che contiene l'ordine di lasciare il territorio nazionale e l'udienza è ormai imminente. Sul piano legale ci si richiamerà alla recentissima sentenza della Cassazione depositata il 18 gennaio 2008 che ha precisato in che contesto possa essere assolto lo straniero che non rispetti l'ordine di allontanamento perchè omosessuale: occorre che la tendenza sessuale sia punita dal codice nel suo Paese e va accertata la cittadinanza.
L'uomo ha domandato per due volte asilo politico.
Al chiuso dello studio legale ripercorre le tappe della sua vita segnata, già in tenera età, da una violenza sessuale. Non l'unica perchè quando il suo orientamento sessuale divenne noto, a 16 anni, venne nuovamente stuprato da connazionali che in quel modo intendevano dargli "una lezione". Orrore su orrore. Intanto lui non comprendeva se stesso, viveva come una foglia al vento.
Lavorava in agricoltura in Meridione, in seguito trovò posto in Friuli come operaio. Ma i rapporti con i connazionali si mantenevano difficili e persino la sua famiglia, quando le voci arrivarono fino a casa, lo respinse.
Cercò rifugio nell'alcol, si ridusse a cercare incontri anche mercenari. «Non si può immaginare come si vive...tutti ti usano e tutti di condannano» mormora.
E commise degli errori, anche gravi, a causa del conflitto interiore che viveva e dell'abuso alcolico, che gli costarono la perdita della libertà. Ma proprio in carcere iniziò un nuovo percorso grazie all'incontro con uno psicologo e un pastore. «Ho scoperto la vita in carcere. Ho capito che sono omosessuale e che non devo scappare via. Voglio vivere».
Ha rinunciato al bicchiere (prosegue il trattamento per non ricascarci) e ha cercato conforto nella religione.
«Io ho bisogno di potermi rivolgere a Dio e di essere accettato - spiega -. Ma mi è proibito entrare in moschea, in cimitero, stare vicino a una persona deceduta...mi cacciano via».
«Il rischio insito nel ritorno in Patria dell'uomo non è solo quello di essere perseguitato (nel caso addirittura perseguitato penalmente) nel proprio Paese, quanto quello di veder compresso fino alla soppressione un diritto che la nostra stessa Costituzione riconosce inviolabile, vale a dire quello alla manifestazione e promozione della personalità umana di cui all'articolo 2 della Carta» rileva l'avvocato.
E sottolinea un punto: «Un ordinamento è davvero coerente con i principi di uguaglianza e tutela delle libertà e dei diritti riconosciuti in quanto riesca a garantirli non solo al soggetto irreprensibile ma anche e soprattutto a chi ha sbagliato».
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