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martedì 8 gennaio 2008

I Caminada sul palco dei Deep Purple.

(Panorama) Chi è solito affibbiare etichette direbbe che i Caminada sono un perfetto power-trio, cioè chitarra (Mauro), basso e voce (Massimo) e batteria (Francesco). Ma nel caso specifico non c’è nulla di più sbagliato. I Caminada non vogliono certo sfuggire ai vocaboli tecnici della musica, ma per la loro giovane età crediamo si vogliano sentir liberi di esprimere se stessi al di là degli stereotipi. Le loro facce parlano da sole così come il loro curriculum che, come tutte le band emergenti, si scorre velocemente. Ma c’è una caratteristica che nel loro profilo salta subito all’occhio. Alla voce live troviamo che i Caminada hanno aperto uno dei recenti concerti italiani dei Deep Purple. Che botta. Non succede a tutti, specie a inizio carriera. Bene, la nostra chiacchierata negli studi della Emi, dove presentano il loro primo disco in uscita il 18 di gennaio e dal titolo omonimo, parte proprio da qui.

Come avete vissuto un evento come quello di aprire il concerto di un gruppo che ha fatto la storia dell’hard rock mondiale?
Un po’ di tensione c’è sempre, ma alla fin fine è andato tutto benissimo.
E il pubblico come ha reagito? Mi spiego. I gruppi spalla sono spesso oggetto di fischi.
A noi non è successo niente di tutto questo. Siamo stati, anzi, molto applauditi.
Primo disco e subito un contratto con una casa discografica importante. Niente male…
Hai già detto tutto tu. Siamo felicissimi che il nostro lavoro sia piaciuto. Ora aspettiamo il riscontro del pubblico.
Di cosa parla questo album?
Il disco è incentrato su di noi. Parla delle nostre esperienze, delle nostre mancanze e semplicemente della nostra vita.
I Caminada propongono un rock decisamente diverso dal punk-rock di altre giovani band italiane. Il vostro suono trae ispirazione da Hendrix e dai Cream, tanto per semplificare le numerose citazioni che fate. In questi vostri ascolti sono stati fondamentali i dischi rubati ai vostri genitori?
Forse sì. Siamo cresciuti ascoltando questa musica. Ma ci piaceva l’idea di riportare al centro una tipologia di suono che oggi è dimenticato e forse anche superato. Ma che certe sonorità siano ancora valide lo dimostra ad esempio il consenso ottenuto al concerto dei Deep Purple.
Leggendo i testi abbiamo visto un riferimento alla vostra Milano. Qual è la critica più forte che fate alla vostra città?
Milano ha tutto e spesso ti fa sentire estraneo. Una città piena di abitudini e cliché. Poi in realtà tanta gente è sola. Ma essendo la nostra città siamo più attenti ai problemi che la circondano e forse anche per questo più critici.

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