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mercoledì 5 dicembre 2007

La capitale danese è la città europea che meglio rappresenta l'economia creativa del nuovo Millennio. Atelier Copenhagen.

Ecologista. Tecnologica. Innovativa. E accogliente. Dove il lavoro si coniuga a uno stile di vita a dimensione umana. E l'alta tassazione garantisce servizi e assistenza di alta qualità da Copenhagen.

(Federica Bianchi - L'Espresso) Una distesa di casette pudicamente basse, con i tetti rossi e grigi sopra larghe vetrate che riflettono le chiome giallo limone dell'autunno, disegna una mezzaluna urbana degradante verso l'oceano. Dalle acque cerulee, una girandola di pale al vento, scintillanti nel loro candore, la saluta senza sosta.

È la Copenhagen dei nostri anni. Una capitale-bomboniera ecologista, tecnologica, creativa e accogliente che mal si concilia con lo stereotipo di città triste e buia incline al suicidio, o nell'ipotesi migliore, alla noia. Al contrario, questa cittadina di un milione e mezzo di abitanti si è trasformata nella capitale europea dell''economia creativa', come l'ha definita lo studioso americano Richard Florida. Combinando tecnologia, talento e diversità i suoi abitanti sono diventati il faro dell'economia del nuovo Millennio. Record del Vecchio Continente, oltre un terzo dei suoi residenti ha conseguito una laurea. E due terzi lavorano nei settori del terziario avanzato.

"Le pale eoliche lungo il litorale sono il simbolo di ciò in cui crediamo", spiega Lise Lyck, boss del Centro per la gestione del turismo e della cultura alla Copenhagen Business School. La Danimarca produce il 45 per cento delle turbine a vento mondiali e il 90 per cento di quelle off shore. La sua capitale ospita uno dei più prestigiosi istituti di ricerca sulle nuove tecnologie ambientali. Le sue aziende high tech che, da algido Calimero rurale d'Europa, l'hanno catapultata in mezzo secolo nell'arena dell'élite tecnologica del pianeta, hanno dato vita, poco fuori il centro cittadino, all'Oresund, uno dei più famosi distretti tecnologici del Continente. Qui, nel freddo scandinavo, si allenano alcune tra le migliori menti della nostra generazione: ricercatori e scienziati delle tecnologie informatiche, farmaceutiche, biotecnologiche e delle telecomunicazioni. Avere testa è l'unico requisito per trovarvi un lavoro. La

Danimarca infatti non ha praticamente disoccupazione, gode di un abbondante surplus di bilancio e vanta un tasso d'inflazione bassissimo. Secondo le stime della Banca centrale danese il reddito medio dei cittadini della capitale si aggira sui 34 mila euro netti l'anno.

"La nostra produttività oraria è tra le più alte al mondo", spiega Steen Donner, responsabile di Copenhagen Capacity, una sorta di agenzia di pubbliche relazioni designata ad attrarre investitori esteri nella capitale: "E la struttura gerarchica è piatta perché il personale è molto qualificato e questo consente di delegare". Non esistono mostri sacri. "Tutta la società è a gerarchia piatta, non ci sono grandi miti da abbattere e a volte per un artista può diventare addirittura frustrante", confessa dal suo studio di periferia Tal R, quarant'anni, uno dei pilastri della scena artistica cittadina. La mancanza di grandi scaloni sociali si riflette nei salari. In un'economia che si regge quasi interamente sullo sfruttamento saggio del petrolio e sull'industria avanzata, la differenza di reddito tra un top manager e un operaio non supera le dieci volte. Peculiarità che si abbina, nota Donner, ad uno stile di vita rilassato, che coniuga carriera e famiglia, aspirazioni individuali e bisogni collettivi. A madri e padri con prole le aziende per legge assegnano una settimana supplementare di vacanza l'anno. L'educazione scolastica, dalle elementari in poi, è gratuita, così come l'assistenza sanitaria e quella agli anziani.

"A mia nonna lo Stato ha dato una bicicletta con una terza ruota perché, a quasi ottant'anni, non ce la faceva più a stare in equilibrio su due", racconta Catharina, giovane ricercatrice, mentre nel sushi bar sotto casa, tra libri, pesce e divanetti, improvvisa una cenetta da single. A chi vuole conseguire un'educazione post laurea in patria o all'estero lo Stato paga gli studi dopo avere parzialmente sovvenzionato quelli universitari. Risultato: l'80 per cento della popolazione parla inglese e il tasso di occupazione femminile è pari al 72 per cento di quella maschile rispetto al 33 per cento dell'Italia. Un aiuto lo danno anche le convenzioni lavorative: dopo le cinque e mezza gli uffici sono deserti perché i genitori corrono a recuperare i figli negli asili per trascorrere l'ultima parte della giornata insieme.

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