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mercoledì 5 dicembre 2007

Capi di Stato. Ministri. Sindaci. Alla Scala Tristano corteggia l'expò.

In arrivo da mezzo mondo per la serata del 7 dicembre. Perché Prodi e la Moratti puntano sul fascino della prima per sostenere la candidatura di Milano all'evento del 2015.

(Enrico Arosio - L'Espresso) Paura e diplomazia. Doppio binario ad alta tensione per la prima del 7 dicembre. Paura alla Scala, sì, e non per colpa dei Morzi, il movimento eversivo che minacciava Milano nell'omonimo racconto di Dino Buzzati. Ma per la dura vertenza sul contratto nazionale dei dipendenti degli enti lirici. E diplomazia alla Scala, tanta diplomazia e di buon livello, perché il 'Tristano e Isotta' diretto da Barenboim si è caricato di significati extramusicali. Nella lista molto internazionale degli invitati non è difficile leggere un capitolo dell'offensiva diplomatica di Letizia Moratti, Roberto Formigoni e Romano Prodi per portare a Milano l'Expo 2015 (erano insieme a Parigi il 26, il giorno prima che il ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli a Roma incontrasse i sindacati dello spettacolo e i rappresentanti degli enti lirici). Molti i ministri stranieri attesi, a cominciare da Bernard Kouchner, responsabile degli Esteri francese. Ben quattro capi di Stato, di Germania, Austria, Grecia e Qatar, oltre al presidente Giorgio Napolitano. I ministri italiani potrebbero essere tre: con Rutelli, Massimo D'Alema e Barbara Pollastrini. Prodi e Berlusconi non sono annunciati, Veltroni nemmeno.

Così, dopo la mediazione di Rutelli tra i lavoratori scaligeri e il sovrintendente Stéphane Lissner, la prima dovrebbe essere salva. "Ma Lissner è rimasto solo per mesi, a lungo la Moratti non ha preso posizione", critica Marilena Adamo capogruppo dell'Ulivo in Comune. Malgrado la rigidità del sovrintendente ("Non è Sarkozy", così i più dispettosi, "e nemmeno Platini"), che non ha provato a negoziare in anticipo, all'italiana, una forma di accordo economico a livello aziendale anche prima della chiusura del contratto nazionale, si è ottenuto l'impegno del ministro a rivedere la legge 43 (decreto Asciutti) e sbloccare così la discussione sugli integrativi. È un fatto che dopo appena due anni di Lissner, una direzione brillante per scelte musicali e livello degli artisti, la pax scaligera si è interrotta. Anche se l'ex sovrintendente Carlo Fontana, che subì l'ostracismo di Riccardo Muti nella fosca battaglia di potere del 2005, distingue: "Parlare di pax scaligera è improprio. La Scala è questa: turbolenta. I teatri d'opera sono fisiologicamente luoghi turbolenti". Fontana, oggi senatore dell'Ulivo, aggiunge un po' evasivo: "Vorrei che l'interesse si concentrasse su un capolavoro che manca alla Scala da quasi trent'anni. Barenboim è tra i massimi interpreti wagneriani, Chéreau un regista magnifico. Evitiamo che le tensioni impoveriscano il fatto culturale".

Difficile. Per l'ennesima volta si prepara un evento di prestigio internazionale (torna dopo vent'anni la diretta tv, su Sky, canale 728 Classica, dalle 17) sotto una minaccia di sciopero dall'effetto ricattatorio, stile assistenti di volo. È una vera croce italiana. Peccato, perché i lavoratori hanno buone ragioni: il diritto al rinnovo contrattuale in tempi certi, il riconoscimento del maggior impegno derivato dal numero delle recite, salite a 273 contro le 163 del 2001. Quanto agli stipendi, è vero che un professore d'orchestra con trent'anni di anzianità prende poco più di 3 mila euro al mese, un corista con nove scatti non va oltre i 2.200, un ballerino è sui 1.700. Ma si dimentica volentieri, anche a sinistra, che tutti i dipendenti, operai compresi, ricevono 16 mensilità (la 16 è il premio di efficienza previsto dal contratto Scala). Un privilegio da superbancari.

Il presidente della Filarmonica della Scala, Cesare Rimini, difende i professori: "Privilegiati? Tutti si aspettano da loro l'eccellenza. È molto aumentato il numero delle recite. Oggi lavorano tanto, e sia nella tournée americana sia ora con Barenboim non ho rilevato tensioni". E Renato Caccamo, il magistrato melomane amico dei grandi direttori, in questi giorni a Lipsia con Riccardo Chailly, difende il sovrintendente: "Lavora molto bene, gode di consenso interno. Per correttezza, ampiezza di idee, esperienza internazionale oggi in Italia non c'è alternativa a Lissner. I concorrenti sarebbero o troppo vecchi o troppo inesperti".
Nulla di Cgil e Fials saprà il presidente della Repubblica di Germania Horst Köhler, in arrivo da Berlino per un 'Tristano' di classe, incantato dai gorgheggi di Waltraud Meier, la più grande Isotta vivente. La presenza tedesca avrebbe potuto estendersi, così i rumours, al cancelliere Angela Merkel. Mentre ècerta la presenza del presidente della Repubblica austriaca Heinz Fischer. Così come del banchiere tedesco Dieter Rampl, presidente del gruppo UniCredit; del sindaco di Francoforte Petra Roth, stesso partito del cancelliere, la Cdu; del prossimo sovrintendente della Bayerische Staatsoper di Monaco Klaus Bachler. A conferma che la Germania conta, rientra per la prima anche il nostro ambasciatore a Berlino Antonio Puri Purini.

Sono dieci i sindaci che hanno già detto sì all'invito di Letizia Moratti: Atene, Betlemme, Bratislava, Chicago, Dakar, Francoforte, Lugano, Reykjavik, Sofia e Zagabria. Non c'è Smirne, i protocolli non prevedono. Ma la diplomazia pro Expo è ben leggibile. Dalla Francia (sono molti i Paesi francofoni) arrivano tre ministri: oltre a Kouchner, Christine Albanel (Cultura) e Michel Barnier (Agricoltura). E non è un caso che vengano a Milano i ministri degli Esteri di Malta, Slovacchia, Perù e Nicaragua, che non ricordavamo ai passati concerti di Muti. Il tema Expo 2015 è 'Feeding the planet. Energy for Life'. Graditi, dunque, lo svizzero Klaus Schwab, presidente del World Economic Forum che riunisce a Davos i grandi della Terra; il macedone Srgjan Kerim, presidente dell'Assemblea delle Nazioni Unite a New York; il diplomatico svedese Lennart Bage, chairman dell'Ifad, Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, che gli Stati africani ben conoscono.

Attesi Elaine Padmore, direttore del Covent Garden di Londra, Dominique Meyer prossimo sovrintendente della Staatsoper di Vienna, Nicolas Joel futuro direttore dell'Opéra di Parigi. Passa in secondo piano il presenzialismo da gossip, che spesso ci ha afflitti negli anni scorsi, con i cronisti a mendicare frasi di superlativa ignoranza alle Valeria Marini del momento. Non tira aria di nani e ballerine. Presenti, tra le star italiane del grande capitale, Alessandro Profumo, Paolo Scaroni, Fedele Confalonieri, i Moratti. Cesare Geronzi pensava di sì, ma forse no. Franco Bernabé non si sa, Sergio Marchionne pare di no. Miuccia Prada non ha deciso, Giorgio Armani non va. Nemmeno Beppe Modenese, il principe dei pi-erre fashion ("Vado al turno A", quello della Milano più discreta), altre figure del pianeta moda preferiscono il weekend. Marta Brivio Sforza, una habituée, dichiara: "Ho visto Bruno Ermolli (l'uomo di Berlusconi alla Fondazione Scala, ndr) preoccupato, ma ottimista. A Milano la prima è ancora la cosa più importante, gli stranieri ne sono affascinati. Io non mancherò, e dopo il concerto tutti a cena a Palazzo Marino. Come dice Vittorio Sgarbi: avrò tempo di riposarmi da morto". Già, Sgarbi, l'assessore alla Cultura. Saputo dello sciopero, prima ha tuonato che faranno suonare alla Scala i musicisti dell'Orchestra Verdi; subito dopo si è schierato platealmente con i lavoratori Scala. Al sindaco Moratti, che aveva dichiarato in tv di sentirsi "un po' sua sorella maggiore, un po' sua psicoterapeuta", quasi è venuto un colpo. Ma tranquilli, il fratellino alla prima ci sarà. E con gli altri 800 alla cena di gala a Palazzo Marino. Sotto una tettoia speciale nel cortile. Contro l'umidità. E le invidie degli esclusi.

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