Intervista a Federica Pezzoli.
(Lampi di pensiero) D. Federica, tu sei una donna. In effetti, sei un’ex transessuale, poiché il tuo percorso di trasformazione si è completato e adesso, dopo tanto tempo, il tuo “involucro biologico” corrisponde alla tua “identità di genere”, in sostanza hai potuto essere ciò che sentivi di essere. Come ti senti oggi?
R. Lotto da anni per affermare la pari dignità sociale delle persone LGBT - e non solo.
Sempre fiera del mio passato, oggi sono orgogliosa di essere una ex-transessuale. Sono una DONNA a tutti gli effetti di legge con sentenze passate in giudicato e sigilli.
Sentenze nelle quali si riconosce, per me, il diritto ad essere me stessa, la mia identità femminile - donna alla pari con le altre, a chiamarmi, ed essere chiamata - FEDERICA.
D. Quanto ti è costato in termini umani e di impegno raggiungere questo risultato?
R. Ho lottato otto anni, lunghi, lunghissimi. Fatti di tribunali per vedere riconosciuto un mio Diritto, ma anche di 4 interventi chirurgici. Ed infine quella sentenza, la seconda, la più importante - un bel “foglio di carta” dattiloscritto, pieno di diritti - In nome del popolo Italiano … “Federica”.
Ma…
D. Non è bastato, dunque?
R. No. C’é sempre un ma. Donna, si! Federica, si! “Ma” solo per lo Stato, per la legge.
Molte, troppe, persone che con me dividono quello spazio territoriale chiamato città, non perdono occasione di ricordarmi la loro omo/transfobia sbagliando come minimo il pronome. Apostrofandomi come una lesbo-zoccola-travestita quando passeggio per la città - mia dalla nascita.
D. Vuoi dire che non basta avere un documento dove c’é scritto: Federica Pezzoli?
R. No, è solo un altro bel “foglio di carta”, dattiloscritto, pieno di diritti.
La città eterna, una città dove le esistenze LGBT sono impossibili. Salvo vivere nell’oscurità. Nascosti. Confinati.
D. Senti Federica, di recente hai posto la tua candidatura alla presidenza nelle elezioni del congresso Arcigay di Roma che si terrà il 13 settembre. Puoi spiegarmi come mai hai sentito il bisogno di fare questo passo? A chi rivolgi la tua proposta politica?
R. Io sento di appartenere alla comunità LGBT, bear, handygay, queer ed è a chi la compone che io mi rivolgo. C’è bisogno di imprimere una forte spinta dinamica nell’associazione LGBT che conta più aderenti nel territorio del Lazio e che ha una vasta rete nazionale di presenze e di attività. Per questo, convinti della mia passione e delle mie proposte, un gruppo di soci di Arcigay Roma ha deciso di dare vita ad un Comitato per sostenere la mia candidatura e quella di altri soci che si presenteranno per essere eletti negli organi dell’Associazione.
D. Quindi, oltre al tuo impegno professionale, se riuscirai ad avere la fiducia dei soci, dovrete spendere molte delle vostre energie per portare avanti un programma molto denso di cose da realizzare.
R. E’ un impegno che non mi spaventa. Sono una persona che ha messo in gioco tutto per essere se stessa e lotto da anni per i diritti LGBT.
Non mi nascondo dietro ad un Nick. Cammino a testa alta, da Monte Caprino, alle dune di Capocotta. Nel supermercato, come nei Tribunali e in Cassazione. L’indirizzo di casa è visibile ovunque, anche nel web, come il mio telefono di studio - molte persone chiamano grazie a quel numero, anche lui visibile, dietro alle loro parole disperazione e richieste di aiuto, di una strada per la normalità. Rischio in prima persona per una pari dignità sociale di tutt*. 24 ore su 24. Il prezzo che pago è alto. Pochi e rari affetti. Una vita blindata. Telecamere a circuito chiuso, per vigilare. Non mi qualifico mai nel movimento per quello che sono, professionalmente. Titoli e curriculum ricchi di qualifiche, così come le sentenze che sanciscono una
identità, in Italia non bastano - serve lavorare per un cambio culturale. In una società dove le persone come me vengono considerate e raccontate come esseri con sembianze umane utili all’occorrenza come
dispensatori di piaceri sensuali e, se non utili, brutalmente ammazzate dal boia omo/transfobico che si materializza ovunque - anche dentro casa.
In Italia, ci sono vite e vite, morti e morti - per le nostre, l’ultima pagina della peggiore cronaca nera dell’ultimo giornaletto di quartiere. C’é molto da fare.
D. Quindi tu stai ponendo una questione legata alla tua “comunità di appartenenza”, oppure fai riferimento a problemi più complessi e di rilievo generale?
R. Ovviamente la questione che mi sta a cuore è quella dei diritti lgbt e di tutto il resto della comunità delle persone che sono soggetti di discriminazione e di violenza a causa delle loro scelte affettive e sessuali, o della loro impossibilità di scegliere. Ma in questo contesto brutale, repressivo e liberticida, io mi identifico e sono slidalmente unita anche con Rom e Sinti, con la (ex)transessuale ammazzata con sei accetate vicino Pescara mentre preparava il caffè al suo carnefice; con i sette operai della Thyssen Krupp morti carbonizzati, con il commerciante costretto a pagare il “pizzo” alla criminalità organizzata; con il magistrato fatto saltare in aria dalla mafia; con il blogger cinese al quale hanno tolto la connessione ad internet, censurando così la sua libertà di pensiero; con l’iranianiano/a impiccato/a per il suo orientamento omo-affettivo; con la transessuale costretta a prostituirsi sulla Salaria o in Via Togliatti per assenza di politiche di avviamento al lavoro pulito; con la giovane lesbica o il giovane gay morti suicidi, perché il senso di sconfitta ha prevalso sull’istinto di sopravvivenza. E poi, ovviamente, penso anche a lesbiche, gay, travestiti/e, transgender, handygay, queer e bear.
D. Insomma, per te la questione dei diritti è centrale e la stai proiettando, come riferimento principale, sulla comunità LGBT e sulla volontà di portare aria nuova in casa Arcigay?
R. Esattamente. Federica Pezzoli (ex)transgender da uomo a donna, oggi è in corsa con il comitato promotore per assicurare alla comunità LGBT di Roma una progettualità che finora è mancata e che passa necessariamente attraverso un forte impegno nella cultura e nella promozione dei diritti finora non riconosciuti e che non possono che essere diritti per tutta la comunità lgbt e per le sue componenti troppo spesso ignorate perché considerate marginali: hanygay, bear, queer. Tutti uniti per il cambiamento
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