banda http://blografando.splinder.com

venerdì 27 giugno 2008

Prostituzione, ecco l’Italia da marciapiede.

(Paola Ciccioli - Panorama) Eccola l’altra metà del marciapiede. Eccola la voce degli uomini che acquistano sesso (e non solo) nei viali delle metropoli, nei parcheggi dei centri commerciali, sotto i ponti e, con l’arrivo dell’estate, lungo l’intero perimetro delle nostre coste: in centro le famiglie che passeggiano e portano i bambini a prendere il gelato, un chilometro più avanti il suq delle prestazioni a pagamento. Fino all’alba macchine in coda con le luci accese e il finestrino abbassato per aspettare il proprio turno e chiedere: “Quanto?”.
“La prima esperienza l’ho fatta quando ero militare e la cosa è continuata durante tutto l’anno della naia” racconta un artigiano di 38 anni. Già, il militare: era quello per molti il momento dello svezzamento mercenario dei sensi. Almeno fino a quando è esistita la leva obbligatoria.
“Da quando vivo al Nord ho avuto modo di conoscere tante ragazze perché sono sulla strada”: è sempre lo stesso uomo che parla. “Ce ne sono tantissime dell’Est, tutte bellissime ragazze. La maggior parte bionde, alte, disponibili. Non fanno le cose come in una catena di montaggio. Anzi, ti portano a casa loro, ti fanno rilassare, ti danno un po’ di accoglienza”.
La prostituzione nel nostro Paese è un tema che infiamma ciclicamente il dibattito pubblico, con tutte le varianti del caso: arrestare le prostitute, dare loro il foglio di via se straniere, riaprire le case chiuse, arrestare i clienti… Un tema che desta scandalo e indignazione ma che, soprattutto, viene letto e rappresentato quasi sempre soltanto dalla parte dell’offerta, delle prostitute: 70 mila negli ultimi 5 anni secondo le stime del Forum permanente del Gruppo Abele. Mai, o quasi mai, dalla parte della domanda, cioè dei clienti: 9 milioni e mezzo di padri, figli, mariti, fidanzati, conviventi e perfino nonni che, al prezzo medio di 30 euro a prestazione in strada, non rinunciano a quella domanda: “Quanto?”. O, in inglese, “How much?”, come è stata intitolata la ricerca condotta dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multiculturalità) di Milano, in collaborazione con i ricercatori di Transcrime, Centro interuniversitario sulla criminalità transnazionale delle università di Trento e Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Lo studio è uno dei primi al mondo che cerca di sondare le motivazioni di quanti, pur con diversi livelli di istruzione e di reddito, frequentano il mercato del sesso in vendita e in particolare di chi sceglie le prostitute straniere.
“Per una straniera paghi 50 euro in camera, mentre per un’italiana paghi 100 in camera, beh tu con 100 euro vai due volte con una straniera” è la sintesi di un piccolo imprenditore. La motivazione prezzo, che pure in tempi di carovita fa sentire il proprio peso, non basta a frenare il ricorso abituale alla prostituzione.
Dice un carpentiere di 46 anni: “Ci sono dei mesi in cui vado una, due volte, oppure può capitare che in 15 giorni posso andare due volte. Dipende tutto dalla possibilità, da ciò che guadagno. Perché oggi i soldi sono pochi per tutti. E “con l’euro è peggio: prima una donna si prendeva 50 mila lire, adesso si prende 50 euro. Eh, sono aumentate anche loro”.
L’input alla ricerca How much è stato dato dalla Commissione europea per sondare il livello di coscienza dei maschi acquirenti nei confronti della tratta degli esseri umani a fini sessuali, che “a partire dal crollo del Muro di Berlino ha ormai raggiunto dimensioni preoccupanti”.
Secondo le stime elaborate per Panorama da Andrea Di Nicola e da Andrea Cauduro di Transcrime, in Italia il picco del traffico è stato probabilmente raggiunto nel 2005 con l’invasione dall’ex blocco sovietico (ma anche dall’Africa e ora sempre più spesso dalla Cina) di un numero di “schiave” che va da 22 a 44 mila. Queste ragazze infilano nelle loro borsette fino a 500 euro a notte ma passano ai loro sfruttatori gran parte dei circa 125-156 mila euro che guadagnano all’anno. E alimentano un giro di affari tra 2, 2 e 5,6 miliardi all’anno, che finiscono in parte nei forzieri invisibili del crimine organizzato.
I clienti sanno, a volte ascoltano o chiedono, osservano lividi e bruciature di sigarette sui corpi, auspicano che vengano riaperte le case di tolleranza per loro e per le donne, ma intanto continuano a porre la domanda più antica del mondo, sempre la stessa: “Quanto?”.
In cima ai perché c’è, scrivono gli autori dell’indagine, l’asserito “bisogno fisiologico di sesso”: è questa l’espressione usata da uno dei clienti ascoltati durante i focus group, gli incontri diretti, condotti dai ricercatori. E le “confessioni” raccolte (che Panorama ha esaminato) hanno finito col sorprendere gli stessi autori di How much.
“Il bisogno di affetto e comprensione è uno dei risultati inaspettati della ricerca” si legge nel volume. Ed è così esplicitato: “Gli italiani vogliono sesso, il buon caro, sano e vecchio sesso. E però cercano anche un briciolo di affetto, vero o immaginario, che non guasta mai”.
Un cliente intervistato: “Lo faccio per sfogarmi sessualmente, qualche volta per chiacchierare di argomenti scottanti e chiedere un parere. Spero, talvolta, di riuscire a instaurare una storia sentimentale, anche se riconosco sia molto difficile”.
Un altro: “Le donne italiane sono affettuose fino a quando si sposano o fino a quando arriva il primo bambino, dopo basta. Le ragazze italiane cercano solo divertimento, ristorante, soldi, regali, vacanze. Sono proprio il cuore, le coccole e l’affetto che mancano” (come mostra l’articolo che segue: un reportage dal marciapiede).
“Io una volta mi stavo innamorando di una di queste ragazze” si lascia andare un operaio di 33 anni, sposato, che ha avuto il primo contatto con una prostituta a otto e che assicura: “Le toccavo, così. Non che ci andavo a letto proprio, a letto non ci sono mai andato. Una toccatina… tutti umani siamo!”.
Depurando le testimonianze dal gergo più esplicito e crudo, emerge che si ricorre al sesso mercenario perché la moglie non acconsente a rapporti non convenzionali, mentre la prostituta sì. A tanti clienti basta vedere le nudità, si accontentano cioè che la prostituta si spogli.
Sono centrali “il bisogno di dominio e il rifiuto dell’emancipazione femminile: così si spiega il massiccio ricorso alle ragazze dell’Est, dove c’è una maggiore soggezione nei confronti del maschio” dicono i curatori della ricerca.
Durante gli incontri con i ricercatori, avvenuti in una zona del ricco Nord ad alta densità di prostituzione e facilitati da un mediatore, un habitué del sesso a pagamento si lancia in un proclama maschilista: “La donna sta andando oltre la parità e l’uomo sopporta ma poi si stanca. In questo momento i matrimoni si distruggono non per colpa dell’uomo, perché l’uomo è cacciatore a livello sessuale e può andare come vuole e quando cavolo vuole. È colpa della donna che non sa tenere in pugno la situazione. La donna italiana si sente super partes. È un messaggio che lascio alle donne italiane: è sbagliato, ripensateci!”.
Un altro cliente: “Le donne ti costringono ad andare in cerca di sesso a pagamento perché quando ti sposano ti promettono che farai sesso tutte le volte che ne avrai voglia, sennò chi si sposerebbe? Poi invece usano il sesso come una risorsa, un’arma, uno strumento per ottenere quel che vogliono”.
Opinioni e racconti sono spesso impregnati di un’acredine di fondo: “Il potere sessuale è femmina per un semplicissimo motivo: il loro minor bisogno di sesso, dovuto a una quantità di testosterone nel sangue nettamente inferiore, anche di 20 volte, a quello degli uomini. Se le spocchiosette avessero gli stessi nostri bisogni (o gli stessi fossero addirittura superiori, come si narra in alcune leggende metropolitane), lor signore e signorine non potrebbero detenere alcun potere sessuale, perché il desiderio sarebbe uguale”.
“È vero, il ricorso alla prostituta esiste da sempre, ma il perché si è trasformato” commenta Ernesto Savona, criminologo e direttore di Transcrime. Che delinea così la specificità della nuova domanda di sesso mercenario: “Incomprensioni con le partner, niente impicci o coinvolgimenti. Compri, butti e non ti impegni”.
Ad Anna Costanza Baldry, docente di psicologia sociale alla Seconda università di Napoli e impegnata nei centri antiviolenza Differenza donna di Roma, Panorama ha chiesto di leggere queste interviste e commentare il lato misogino, quell’ostilità evidente nei confronti di mogli o fidanzate. “Con una prostituta l’uomo si sente dominatore. La donna è mero corpo da comprare in mezzo alla strada, dove l’offerta rispecchia quello che il maschio vuole. Ci siamo conformate, nella nostra sessualità e nei rapporti con il maschio, ai modelli promossi dalla società e dai media” aggiunge la docente che ha appena pubblicato Uomini che uccidono, scritto con il dirigente della squadra mobile della capitale Eugenio Ferraro. “So di dire qualcosa che molte donne non condividono, perché in contraddizione con le conquiste di emancipazione”. Però, c’è un però: “Forse ci siamo lasciate un po’ andare. Siamo esigenti e poco disposte a passare sopra le debolezze dei maschi e le loro ansie da prestazione. Siamo noi a chiedere, a decidere, a imporre. La sessualità, invece, non dovrebbe mai essere un’arma di contrattazione”.

Sphere: Related Content

Nessun commento: