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martedì 24 giugno 2008

Intervista a Jónsi Birgisson leader gay dei Sigur Rós.

(Hoppipolla) La band islandese sarà presto in tour in Italia in tre date, 11 luglio al Giardino di Boboli, 12 all'Auditorium Cavae di Roma e 13 all'Arena Civica di Milano. Il leader racconta il successo del gruppo e la sua rivincita sulla vita

Quelle atmosfere eteree e sognanti che sanno creare i Sigur Rós sono state definite in tanti modi: dream pop, post rock, psichedelia narcotica, suoni onirici. Ma la definizione più bella è opera di un giornalista del settimanale inglese Melody Maker, che qualche tempo fa scrisse: «La loro musica è come il suono di Dio che piange lacrime d'oro in Paradiso».
Oggi la band islandese pubblica il suo quinto cd, un disco dal titolo impronunciabile: «Med sud í eyrum vid spilum endalaust» (vuol dire «Con un ronzio nelle orecchie suoniamo all'infinito»). Il nuovo tour mondiale invece è già iniziato (prima tappa il 5 a Guadalajara, in Messico) e presto suoneranno anche in Italia: il primo dei tre concerti previsti si svolgerà l'11 luglio nel Giardino di Boboli di Firenze, a seguire Roma e Milano. Rispetto ai quattro che lo hanno preceduto, tutti concepiti e registrati in Islanda, questo nuovo album è stato inciso in varie località: parte del lavoro è stato fatto a New York, poi si sono spostati a L'Avana, quindi a Londra, e infine sono tornati a casa: a Reykjavik hanno lavorato sia negli studi di loro proprietà, sia in una chiesa. Da segnalare anche che questa è la prima volta che Jón Thor Birgisson detto «Jónsi» canta una canzone in inglese (il resto, come al solito, è in islandese).
«Questa volta - racconta Jón - ci siamo presi più licenze del solito. Le 11 nuove canzoni sono ispirate dalla libertà delle esibizioni acustiche filmate durante il tour di ‘Heima'». Da quelle riprese ricavarono l'omonimo film, presentato con successo all'ultima edizione della Festa del Cinema di Roma. Il nuovo album lo hanno realizzato assieme a Flood (produttore molto quotato, già a fianco di Depeche Mode, U2 e Smashing Pumpkins). «Di comune accordo - dice Jón - prima di iniziare il lavoro abbiamo deciso di passare un paio di settimane assieme per capire se eravamo compatibili. Così abbiamo affittato una casa nel centro di Reykjavik e ci siamo andati a stare tutti assieme». Evidentemente la prova di compatibilità l'hanno superata, dato che hanno deciso di co-produrre il disco. Hanno scelto di non eliminare tutte le imperfezioni: un orecchio attento coglierà alcune note sbagliate o il rumore delle dita sulle corde della chitarra. «Ma era quello che volevamo: questo disco contiene la musica più gioiosa che abbiamo mai registrato. Durante la lavorazione ci sono stati momenti molto belli, per esempio quando abbiamo inciso in presa diretta «Ára bátur»con la London Sinfonietta e il London Oratory Boy Choir: 90 persone che suonavano contemporaneamente».
La band si è avvalsa anche della collaborazione delle Amina, quartetto d'archi islandese tutto al femminile, di una sezione di fiati ed ha usato per la prima volta il mellotron, in particolare in uno dei brani più intensi del disco, «Fljótavík». La canzone che apre l'album, «Gobbledigook», caratterizzata da arpeggi di chitarra acustica e vari cambi di ritmo, è stata messa in rete e i fan hanno potuto scaricarla gratuitamente. Questa volta i Sigur Rós hanno deciso di puntare molto su Internet: gli iscritti alla mailing list del loro sito ufficiale (www.sigurros. com) hanno diritto a diverse agevolazioni, per esempio tutti coloro che hanno prenotato l'album, dal 9 giugno hanno avuto accesso allo stream di tutto il disco. Inoltre agevolazioni sull'acquisto dei biglietti per i concerti e la possibilità di vedere video esclusivi: quello di «Gobbledigook» è molto divertente ed ha un sapore hippy.
Stavolta, insomma, i Sigur Rós sono un po' meno crepuscolari rispetto al passato. Ma la loro musica resta carica di magia: le loro armonie celestiali così cariche di pathos mettono d'accordo critica e il pubblico più sofisticato, esattamente come succedeva 40 anni fa con i Pink Floyd. Le cronache hanno raccontato che Apple, la primogenita del frontman dei Coldplay Chris Martin e di Gwyneth Paltrow, è venuta al mondo con la loro musica diffusa in sala parto. E l'attrice Gillian Anderson (“X Files”) li ascolta quando fa yoga. A ricordargli episodi del genere, Jón se la ride: «Fa piacere a tutti sapere che in giro ci sono persone che apprezzano quello che fai».
Per lui, in particolare, deve essere una sorta di rivincita sulla vita: suo padre morì all'improvviso e la sua adolescenza è stata solitaria e infelice. In più è cieco da un occhio e il fatto di essere gay ha contribuito ad accentuare la sua sensibilità e il suo carattere introverso. «Come tutti i musicisti - dice - ritengo che il silenzio sia fondamentale, anche nella vita di tutti i giorni. Posseggo un piccolo appartamento a Reykjavik, è nella strada principale quindi è molto rumoroso. Questo a volte mi eccita. Ma ci sono momenti in cui sento il bisogno di isolarmi in una vecchia casa di campagna, dove il silenzio è totale. Questi due estremi si rispecchiano nella nostra musica: credo che la realtà che ci circonda influenzi tutto quello che facciamo».

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