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martedì 24 giugno 2008

L’ordinamento italiano non vieta in modo esplicito le nozze omosessuali e quel matrimonio si puo' fare.

Ecco perché si possono impugnare le motivazioni addotte per il rifiuto.
(Giovanna Dall'Ongaro - Galileo) A.A.A. coppie omosessuali cercarsi, scopo matrimonio. L’annuncio lampeggia sull’home page della neonata associazione radicale Certi Diritti, le cui iniziative sono state presentate a Lecce lo scorso 14 giugno. Tra le tante, una inedita campagna per introdurre nel nostro paese le nozze tra individui dello stesso sesso. Lanciata a pochi giorni dal gay pride di Bologna del prossimo 28 giugno, l’originale protesta partirà questa settimana in contemporanea dagli uffici comunali e circoscrizionali di molte città italiane. Qui verranno depositate le richieste per la “pubblicazione degli atti” (il passaggio che precede la celebrazione del matrimonio) delle coppie gay e lesbiche reclutate per l’occasione da Certi Diritti.

L’obiettivo è ottenere le prevedibili risposte di rifiuto con tanto di motivazione, e impugnarle (lo faranno gratuitamente gli avvocati della Rete Lenford) presso i tribunali competenti. Non esiste infatti nel nostro ordinamento alcun divieto esplicito al matrimonio tra individui dello stesso sesso. È questo il perno intorno al quale ruota l’“iniziativa di affermazione civile” - una strategia di lotta non violenta dello stesso stampo delle battaglie per l’aborto e l’obiezione di coscienza - di Certi Diritti, come spiega a Galileo il segretario dell'associazione Sergio Rovasio.

Quali sono le ragioni giuridiche che impediscono a una coppia omosessuale di sposarsi in Italia?
“Nel Codice civile non si afferma in modo esplicito che all’istituto del matrimonio possano accedere solamente un uomo e una donna. Il requisito della diversità di sesso è entrato nel nostro ordinamento solo come deduzione da altre norme, come quelle sulla filiazione. Che però, se interpretate in senso rigido, potrebbero impedire anche a coppie sterili o anziane di sposarsi, perché impossibilitate a procreare. Noi speriamo di ottenere una nuova interpretazione giurisprudenziale sollecitando i giudici a esprimersi sul comportamento di quegli ufficiali dello stato civile che negheranno la pubblicazione degli atti a gay o lesbiche”.

Vada per il Codice Civile, ma la Costituzione parla di famiglia naturale...
“Neanche la Carta contiene un richiamo esplicito al sesso dei coniugi. E il mancato riferimento ha dato adito a due interpretazioni, una restrittiva e una liberale: secondo la prima non era nelle intenzioni dei Costituenti, che davano per scontata la diversità del sesso, allargare l’accesso alle coppie omosessuali, mentre per la seconda proprio il fatto di aver taciuto l’indicazione di genere indicherebbe la volontà di non escludere altri tipi di unione. Nella Costituzione ci sono inoltre chiarissimi richiami al principio di non discriminazione, di rispetto della persona umana, di libertà e autodeterminazione secondo il quale lo Stato non può intromettersi nelle scelte di vita dei cittadini”.

Come si risolve questa incertezza interpretativa?
“Comunque stiano le cose, oggi non ha più senso accanirsi a ricostruire il principio ispiratore della nostra normativa. Ci sono direttive europee che non lasciano dubbi sulla strada da seguire. Ed è a queste che dovremmo ispirarci. Perché anche se il diritto di famiglia rientra nelle competenze dei singoli Stati, inevitabilmente la difformità di normative crea molti problemi. In Italia i tribunali stanno affrontando le prime richieste di trascrizione di matrimoni omosessuali contratti all’estero. Anche da questo fronte possono aprirsi nuove strade con sentenze innovative. Già una sentenza della Corte d’Appello del 2006 sul caso di una coppia sposata in Olanda, introduceva la possibilità di un’interpretazione evolutiva dell’istituto”.

Diamo uno sguardo oltre i nostri confini. Cosa accade nei paesi europei; e nel resto del mondo?
“Al di fuori dell’Europa l’istituto del matrimonio vero e proprio o in forme analoghe si ritrova in California, recentemente convalidato dalla Corte Suprema, Canada, Sud Africa e Nuova Zelanda. Mentre sono una ventina i paesi membri dell’Ue che hanno riconosciuto le coppie omosessuali. Belgio, Olanda e Spagna consentono le nozze, Germania e Inghilterra hanno introdotto soluzioni alternative. L’11 giugno scorso in Norvegia il Parlamento ha approvato il matrimonio e l’adozione per gay e lesbiche e il ricorso all’inseminazione artificiale per le coppie di donne. Tutte queste iniziative rispecchiano i principi sanciti in varie direttive antidiscriminatorie come quella sulla libera circolazione tra paesi (2004/38/CE), quella sull’asilo politico (2004/83/CE), quella sulla parità di trattamento in ambito lavorativo (2000/78/ CE). Siamo in attesa poi di un ulteriore segnale forte che arriverà il 2 luglio prossimo con l’approvazione da parte della Commissione della cosiddetta “Direttiva orizzontale” che sanziona gli atteggiamenti omofobici in tutti gli ambiti della vita sociale, educazione, accesso ai servizi e alle politiche di tutela. In quanto a riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali, l’Italia è agli ultimi posti insieme a Grecia, Irlanda, Bulgaria e Romania”.

Perché avete sentito il bisogno di promuovere la vostra azione?
“Fino a oggi le coppie dello stesso sesso non si sono mai rivolte alla giustizia convinte che non ci fossero spiragli per le loro richieste. E la sensazione è giustificata dal disinteresse dimostrato finora dalla classe politica. L’ultimo censimento ha volutamente taciuto i dati sulla presenza omosessuale nel nostro paese. Si calcola che siano spariti dal conteggio almeno un milione di persone. Ma recenti sondaggi dicono che il 65 per cento degli italiani è favorevole al riconoscimento di diritti per gli omosessuali. Quindi non è vero che i tempi non siano maturi per il grande passo. Speriamo di reclutare un centinaio di coppie entro dicembre per avere altrettante richieste di rifiuto da impugnare e costringere così i politici a prendere provvedimenti in merito”.

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