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martedì 4 marzo 2008

Asilo, omosessualità e religione: Una proposta per l’Europa.

(Elisa Arduini - Secondo protocollo) Se c’è una cosa che il caso di Pegah Emambakhsh ci ha insegnato è che in Europa, salvo poche eccezioni, il fatto di essere omosessuale non costituisce un valido motivo per ottenere l’asilo, anche se proprio per questo motivo si è in pericolo nel proprio Paese di origine.

Questo è dovuto al fatto che la condizione di omosessualità è difficilmente provabile mentre una richiesta di asilo necessita di prove certe in merito al motivo per cui detto asilo viene richiesto. In teoria il rischio che si corre è quello di vedersi piombare addosso migliaia di richieste di asilo basate unicamente sul fatto di essere un o una omosessuale anche se in pratica non lo si è, solo per il fatto di poter ottenere, per questo motivo, l’asilo.

Se questo può essere un timore comprensibile in quanto l’asilo va concesso solo quando ci sono i requisiti per poterlo richiedere, lo è molto meno la strumentalizzazione che si tende a fare delle varie vicende in corso, una strumentalizzazione volta principalmente a ottenere un giusto riconoscimento dell’essere omosessuale ma che rischia immancabilmente di nuocere a chi, per altri motivi, è costretto a scappare dal proprio paese d’origine.

E’ il caso di moltissime donne provenienti dai paesi dove è in vigore la cosiddetta Sharia, la legge islamica che nelle sue applicazioni più estremiste porta la donna a essere fortemente discriminata e oggetto di gravissime violazioni dei Diritti Umani.

Proprio in questi giorni è in corso una accesa polemica in seno al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite riguardo al diritto o meno di criticare una religione. Nella fattispecie, la polemica è stata innescata dalla pubblicazione in diversi organi di stampa di una riflessione critica, lanciata dalla Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo e sottoscritta da personalità quali Elie Wiesel, Georges Charpak, Alain Finkielkraut e Claude Lanzmann.

Il controverso documento attacca con veemenza il Consiglio dei Diritti Umani in quanto “il suo funzionamento interno, le coalizioni e le alleanze che vi si costituiscono, i testi discussi e la terminologia utilizzata annientano la libertà d'espressione, legittimano l'oppressione delle donne e stigmatizzano sistematicamente le democrazie occidentali”. In pratica si sostiene che i paesi islamici usano la loro presenza nel Consiglio per bloccare le riforme che da più parti vengono richieste in merito al Diritto delle donne nei Paesi islamici.

Tuttavia, se il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite è praticamente bloccato da queste accese dispute, non lo è l’Europa che invece può legiferare in maniera del tutto autonoma in merito alla concessione dell’asilo a coloro che, per ragioni religiose o per le applicazioni di leggi discriminanti come la Sharia, sono soggetti nei loro Paesi di origine a forti limitazioni dei Diritti Fondamentali.

Per questo riteniamo che a livello europeo vadano introdotte norme chiare che consentano di ottenere l’asilo e la protezione a chi, a causa di leggi fortemente discriminanti e basate su errate interpretazioni religiose, si trova oggettivamente in pericolo nel proprio Paese di origine. E’ chiaro che una tale richiesta coinvolgerebbe immancabilmente anche chi si dichiara omosessuale ma va detto che la difficoltà di dimostrare tale circostanza ne limita fortemente l’applicazione. Discorso diverso per le donne provenienti dai Paesi dove viene applicata la Sharia che , al contrario, si vedrebbero aperta una strada che in molti casi salverebbe loro la vita.

Una decisione in tal senso darebbe innanzi tutto un forte segnale ai Paesi che applicano rigorosamente la Sharia, andando molto oltre la semplice indignazione che emerge ogni volta che si viene a conoscenza di episodi di violenza e barbarie ai danni di donne che vivono in detti Paesi, ma soprattutto scatenerebbe una reazione a catena che potrebbe portare le donne musulmane a prendere coscienza dei loro Diritti e a chiedere con forza il loro rispetto.

Per questo nei prossimi giorni in collaborazione con diversi europarlamentari presenteremo una proposta volta a rendere più agevole il riconoscimento del Diritto di Asilo a quelle donne che provengono da quei paesi dove viene applicata la Sharia, paesi come l’Iran, l’Arabia Saudita e tanti altri che fino ad oggi si sono nascosti dietro al dito del rispetto della religione, un rispetto che però calpesta palesemente il Diritto delle persone, il quale non può essere in nessun caso prevaricato.

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