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sabato 5 gennaio 2008

Presidenziali Usa. Ecco perché Giuliani ha scelto di perdere l’Iowa per vincere l’America.

(Christian Rocca) Des Moines (Iowa). C’erano tutti tranne uno, ieri notte in Iowa, al primo caucus elettorale del lungo e laborioso ciclo politico che nel novembre 2008 porterà all’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti. In prima fila ovviamente gli aspiranti presidenti democratici e repubblicani. E poi i militanti di partito, i consiglieri, gli staff, i finanziatori delle campagne elettorali, migliaia di giornalisti e blogger, centinaia di cameraman e fotografi, osservatori, esperti, studenti. Da settimane non si trovava una camera d’albergo o un posto in aereo o una macchina a noleggio. Il sistema dei trasporti locali è andato in tilt, prendere un taxi è stata un’impresa. Al ristorante Centro di Des Moines, gli staff dei candidati si rubavano a vicenda le prenotazioni dei tavoli, mentre alcuni bar della capitale sono stati trasformati in set televisivi, da dove i network hanno trasmesso in diretta i talk show politici. “Andatevene dalla nostra città, levatevi di torno, anche se la sanità per tutti sarebbe un’ottima cosa”, dice il testo di una canzone, “The Caucus Lament”, scritto per l’occasione da una rock band locale. Tutta l’America sembrava fosse in Iowa, tranne una persona. Non una qualunque, ma il candidato che i sondaggi nazionali continuano a indicare come il favorito del gruppo repubblicano: Rudy Giuliani. L’ex sindaco di New York non si è curato del caucus e ha trascorso la vigilia in New Hampshire e il giorno del voto in Florida.
La strategia di Giuliani è perdere l’Iowa per conquistare l’America. La scelta è stata in parte obbligata dal calendario e dalla tradizione politica dei primi stati in cui si è votato ieri e in cui si voterà nei prossimi giorni, ma è anche una decisione studiata a tavolino dagli strateghi di colui che la neo-obamiana Oprah Winfrey nei giorni dell’11 settembre aveva definito “America’s Mayor, il sindaco d’America”. Giuliani punta sul 29 gennaio, il giorno in cui si voterà in Florida e saranno distribuiti più della metà dei delegati. E poi sul “super tuesday” del 5 febbraio, quando si apriranno le urne negli stati più grandi. Gli osservatori e un po’ anche i sondaggi cominciano a dubitare di questa scelta nazionale di Giuliani, ma se avrà ragione lui in fututo tutto questo clamore intorno al voto in Iowa, e poi in New Hampshire, potrebbe attenuarsi. L’approccio tradizionale, inaugurato da Jimmy Carter e Bill Clinton, è stato seguito da tutti gli altri. L’idea è che una vittoria o un buon piazzamento in Iowa e New Hampshire garantiscano un’inerzia positiva in termini di spazi tv, soldi e sondaggi necessaria a conquistare la nomination.
La candidatura di Giuliani, malgrado gli scetticismi strategici, resta quella che continua a preoccupare di più il mondo liberal. I grandi giornali non lesinano articoli e inchieste negative, volte a smontare l’immagine di leader efficiente, efficace e risoluto che Giuliani trasmette agli elettori. Il suo ultimo spot elettorale mostra le immagini di attentati terroristici, alternate a manifestazioni di radicali islamici di ogni tipo. Lo spot descrive “un nemico senza frontiere, un odio senza confini, un popolo abusato, una religione tradita, una potenza nucleare nel caos, uomini pazzi pronti a creare disordine, leader assassinati, democrazia sotto attacco e Osama bin Laden ancora minaccioso”. E, infine, conclude: “In un mondo in cui la prossima crisi sta per arrivare, l’America ha bisogno di un leader che sia pronto”.
La stampa però da mesi prova a smontare questa immagine, da ultimo il New Yorker, raccontando un Giuliani inefficiente e autore di errori decisionali che avrebbero potuto salvare parecchie vite l’11 settembre. Nel mondo dei media nessuno crede nelle sue possibilita di vittoria, eppure i democratici sono spaventati. Ai loro occhi Giuliani ha gli stessi difetti di Bush, ma al cubo: si circonda di amici da cui pretende fedeltà assoluta, non ascolta le critiche e adora esercitare fino ai limiti, se non oltre, il potere esecutivo. A New York, da sindaco, governava ingaggiando violente battaglie amministrative con avversari e critici. I liberal si chiedono con terrore che cosa potrebbe combinare nel mondo avendo a disposizione l’esercito e i codici nucleari. Giuliani spera che gli elettori si pongano la stessa domanda, perché saranno costretti a riconoscere che con lui al comando l’America sarà più protetta e sicura.

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