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venerdì 19 ottobre 2007

Arcigay non sa dove andare e allora va a Roma.

(Marco Mazzei - Panorama) Premetto che ho molto rispetto per chi fa volontariato.

E che conosco persone che lavorano come volontari nei circoli Arcigay, che si meritano stima e ammirazione per il tempo che dedicano agli altri.
Detto questo, nel corso degli anni ho maturato un certo fastidio verso l’istituzione Arcigay, e sono sempre più d’accordo con Ivan Scalfarotto che imputa ai dirigenti della più grande organizzazione gay italiana la situazione disastrosa dei nostri diritti.

Da giugno, cioè dal pride, siamo di fatto spariti dall’agenda politica, dai giornali, dalle discussioni sui grandi temi della democrazia. Le unioni civili, i Dico, i Cus e tutte le varie altre sigle sono sepolti da qualche parte al Senato e non ne usciranno. In questa situazione che cosa fa Arcigay? Aderisce alla manifestazione di domani. O - meglio - non aderisce, ma sentite un po’ che cosa dice il presidente nazionale Aurelio Mancuso in un’intervista:

Domanda: Legalità, ambiente e pace, ma soprattutto precarietà e diritti civili: qualcuno ha definito la manifestazione di sabato 20 ottobre il Family Day della sinistra. Perché Aurelio Mancuso ha aderito?
Risposta: Non ho aderito alla manifestazione, ma l’ho promossa insieme ad altre quattordici persone appartenenti ad aree diverse e anche lontane della sinistra sociale.

Datemi un pizzicotto: si può promuovere qualcosa alla quale poi non si aderisce? E lo si può fare a livello personale mentre si è però il rappresentante di un’organizzazione come Arcigay? Significa andare schiantarsi in una manifestazione tutta politica - tutta di una sola parte politica, dove reciteremo il ruolo dell’amico gay che un po’ tutti sono contenti di avere per poter far finta di essere davvero interessati al tema dei diritti.

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