(Dagospia) L'obiettivo della "festa del libro con gli autori" di Pordenone, quest'anno all'ottava edizione, sembra proprio essere quello di superare il Festivaletteratura di Mantova. E se nella provincia lombarda tutti ripetevano che la rassegna era più piccola, «meno autori più qualità» - che in soldoni voleva dire un appuntamento al ribasso - qui dicono a denti stretti che la manifestazione cresce, che c'è tantissimo pubblico. Lo dicono per esempio gli occhi azzurri e i capelli biondi della ragazza che mi dota del programma del festival. Lei è uno degli "angeli" di Pordenone. Una miriade di ragazzini che sciamano per la città e scortano turisti, curiosi e giornalisti fra dibattiti e presentazioni.
Vedo cose che nessun umano avrebbe immaginato mesi fa: stand con la V dei Vaffanculo di Beppe Grillo, l'antipolitica sbarcata nella piazza, col pubblico che corre verso una conferenza di Marco Travaglio. Arrivo al teatro Verdi. Manca un'ora al Busi show. Ci saranno mille persone in coda per entrare. E poi una parata di autorità: militari, polizia, politici. C'è pure Riccardo Illy. Ed eccolo, finalmente: Busi c'è… ed esplode sul palco. Urla, applausi, gente che resta fuori dal teatro.
«Pordenone eccomi!», esordisce, braccia aperte. È Mosè di fronte al suo popolo, luccica. È antipolitico pure lui, anzi, prepolitico, un corpo animale che si muove e atteggia a statua michelangiolesca. Inveisce contro i politici, contro il governo Prodi «che per me è morto, visto che nel programma c'erano i Dico e non li ha fatti: ma sarebbe stato lo stesso per qualsiasi altra cosa».
Intrattiene il pubblico. Una ragazza gli chiede, timida, che ne pensa delle fiabe. E lui risponde: nelle fiabe c'era il bacio della donzella al principe, ma non era un bacio, in realtà era una fellatio. Infine, Busi si manifesta in se stesso. Annichilisce la meccanicità di tutti i Faxbasino del mondo e si spoglia. Prima la camicia, dopo qualche minuto canottiera e calze, infine i pantaloni: «Le mutande no, perché per me è più intimo e difficile tenerle che calarle».
La rockstar Busi infastidisce, ma convince. Irrita ma conferma la sua unicità. Avevo chiesto un'intervista anche a lui: impossibile, mi risposero. Lui si concede, perché esiste, ma lo fa a mo' di marchetta. E vuole parecchie migliaia di euro, è off limits. Al teatro, invece, la folla può fare domande; chissà forse ci chiederanno un forfait alla fine. Busi si spoglia e proclama: «Essere il più grande scrittore italiano era facile, sono l'unico. Ma essere il più bel sessantenne d'Italia no e guardate qui!». Poi si fa serio e parla delle sue opere: «Si bastano da sole non le promuovo».
Allora prendo il microfono e gli chiedo: ma perché va in tivù allora? Insomma, perché interpreta il personaggio Aldo Busi, invece di fare il Faxbasino invisibile? «Ma i miei libri non vendono di più se io vado in televisione» risponde «la tivù è lavoro, ma non ha niente a che fare col mio essere scrittore». E poi addosso alla letteratura italiana: «Non sono per leggere a tutti i costi, non serve a nulla leggere solo un libro di Camilleri o il libro di un giornalista». Meglio non leggere. «A che serve un libro di un giornalista? A che serve far dire a Saviano che la camorra esiste? Avevamo bisogno di lui per saperlo? Lei istituzioni dov'erano? Serviva immolare uno di 26 anni, che pure un po' se la mena anche?».
Lo scrittore è solo lui, Busi: «Non sono Pasolini» urla «non sono Arbasino o la Tamaro, teneteveli». E sigilla il tutto: «Mi hanno processato a Trento per "Sodomie in corpo 11". Purtroppo non mi hanno condannato alla galera. Sarei stato sollevato d'andarci: lì devi farti inculare per forza». Risate, qualche applauso, qualche protesta: un successo. Si chiedeva il bell'Aldo nel recente "E io, che ho le rose fiorite anche d'inverno?": morendo, che cosa lascerei, a parte me e tutta la gratitudine che mi devo? A me lascerà questo: una fiammella d'entusiasmo, subito cancellata dallo splendore degli occhi celesti dell'assistente all'ufficio stampa del festival che mi chiede: «Hai ricevuto i buoni pasto?».
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1 commento:
Busi è semplicemente un genio che sancisce il suo dirito ad esistere.
E chissà perchè non mi riesce di rinfacciargli le sue cadute di stile (provocatorie).
Al genio si perdona tutto...? Forse si.
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