(Christian Rocca) “Rinnovare la promessa americana” è il titolo del programma di Barack Obama. Cinquantuno pagine, in prima bozza, presentate dalla Commissione presieduta dal governatore dell’Arizona Janet Napolitano al “Platform standing committee” che potrà ancora modificarle prima di sottoporle ai delegati alla Convention di Denver del Partito democratico (25-28 agosto). Il documento delinea il piano d’azione del presidente Obama ed è diviso in un preambolo e quattro capitoli, ciascuno dei quali contiene il verbo “rinnovare”. La prima parte svela le idee obamiane per “rinnovare il sogno americano”, cioè le sue proposte sull’economia. La seconda spiega come “rinnovare la leadership americana” nel mondo. La terza parte è sulle questioni etico-sociali, la quarta sull’innovazione istituzionale. Obama comincia col dire che “l’America è il paese che ha guidato il Ventesimo secolo, costruito una fiorente classe media, sconfitto il fascismo e il comunismo e fornito generose opportunità a molte persone”. Oggi, però, “siamo a un bivio, siamo nel sesto anno di una guerra a due fronti, la nostra economia è in difficoltà, il nostro pianeta è in pericolo”. Obama promette assistenza sanitaria di qualità per tutti e poi aiuti alle famiglie, migliore istruzione e più tasse solo per le famiglie che guadagnano più di 250 mila dollari. Sui trattati di libero scambio, Obama è meno populista di qualche mese fa ma conferma di voler rinegoziare il Nafta e di voler imporre ai partner il rispetto degli standard internazionali su lavoro e ambiente.
Sulla politica estera e di sicurezza nazionale, la Platform ribadisce la contrarietà alla guerra in Iraq e il piano di ritiro “responsabile” in 16 mesi. Obama insiste sulla cautela delle operazioni di rientro e annuncia che, in ogni caso, in Iraq resterà “una forza residua impegnata in missioni specifiche: colpire i terroristi, proteggere la nostra ambasciata e il personale civile, consigliare e sostenere le Forze di sicurezza irachene e fare in modo che gli iracheni compiano progressi politici”. La differenza con John McCain non è grande, salvo che il repubblicano pensa di legare il rientro delle truppe alla situazione sul campo, non al calendario. Obama parla di “porre fine alla guerra in Iraq”, evitando il verbo “vincere” che, invece, usa a proposito della guerra in Afghanistan, definita “giusta”. Agli alleati e alla Nato, Obama chiederà l’invio di altre truppe, mentre sul fronte interno aumenterà la dimensione di esercito e marine di 92 mila unità. L’America di Obama si impegnerà nella diffusione della democrazia (ma non con la forza) e per fermare la proliferazione di armi di distruzione di massa. Sull’Iran, il programma dice che “il mondo deve evitare che l’Iran acquisisca armi nucleari”. Obama comincerà con la diplomazia, ma “mantenendo tutte le opzioni sul tavolo”.
Un capitoletto è dedicato alle “armi da fuoco”. Obama “riconosce che il diritto a portare armi è una parte importante della tradizione americana”, ma pensa a “ragionevoli regolamentazioni” diverse tra stato e stato. “Onoriamo il posto centrale che la fede ha nelle nostre vite”, si legge a pagina 43 assieme ad altre considerazioni sull’importanza della religione e delle associazioni caritatevoli. Il paragrafo sull’aborto è intitolato “choice”, “scelta”. Per la prima volta dal 1992 scompare la parola “raro” dalla nota formula clintoniana dell’aborto “legale, sicuro e… raro”. Salvo correzioni in corso d’opera, il programma di Obama sostiene il pieno “diritto della donna a scegliere di abortire” e si oppone “a qualsiasi tentativo di indebolire o mettere a repentaglio tale diritto”.
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