(il blog del solista) Il recente articolo di “Famiglia Cristiana”, che ha rilanciato contro Berlusconi e il suo governo le solite, comiche accuse di fascismo deliziando i soliti intellettualetti paracomunisti di “Repubblica” e della Rai, mi sembra un contributo prezioso al chiarimento della nostra vita politica, da troppo tempo inquinata dall’eterna ambiguità di tanti reduci della democrazia cristiana. Esso infatti ricorda ai tanti nostri politici inclini all’amnesia quanto sia insidiosa e precaria l’alleanza con certe forze cattoliche.
Sarebbe ovviamente molto facile ricordare a “Famiglia Cristiana” quanto poco siano qualificati a dare lezioni di antifascismo gli esponenti di un movimento cattolico che, come ha così bene documentato già cinquant’anni fa Ernesto Rossi col suo ottimo saggio “Il manganello e l’aspersorio”, col fascismo e col Duce, definito “Uomo della Provvidenza” dal papa dell’epoca, ha collaborato strettamente per quasi tutto il ventennio della dittatura.
Ma, lasciando agli accademici queste dispute storiche, qui vorrei cercare di capire perché, in tanti politici cattolici interni ed esterni alla Democrazia Cristiana, la tara dell’ambiguità sia stata e sia così diffusa.
Questa tara ha anzitutto profonde ragioni psicologiche. Chi vede nelle gerarchie ecclesiastiche la fonte suprema della saggezza morale e politica è fatalmente portato a privilegiare quest’alleanza prioritaria ed a considerare gl’incontri e gli scontri politici come vicende subordinate e contingenti. Qui hanno le loro radici le formule ambigue ed eloquenti dei massimi dirigenti democristiani: dalle “convergenze parallele” con cui Aldo Moro proponeva l’alleanza con i comunisti al “compromesso storico” ed alla “teoria dei due forni” di Giulio Andreotti. Ma ci sono anche realtà ecclesiastiche da cui certe ambiguità derivano.
Anzitutto va tenuto presente l’humus parrocchiale in cui si radica il diffusissimo settimanale che oggi accusa il Centro Destra e il Governo Berlusconi. Pochi ricordano che già cinque anni “Famiglia Cristiana” diffuse i risultati di una vasta indagine sugli orientamenti politici del clero cattolico.
Era un sondaggio d’opinione interessante non solo per i dati che forniva sul calo della partecipazione della popolazione alla vita religiosa, anche se si tratta di dati impressionanti: gli 800 preti interpellati (un campione ampiamente rappresentativo) valutano al 26% la riduzione della presenza dei giovani nella vita religiosa, al 18% il calo della loro frequenza (già bassissima) alla messa e addirittura al 49,1% il calo del ricorso alla confessione, che è notoriamente il cardine del potere ecclesiastico sulla mente dei fedeli.
Ma l’indagne era interessante anche e soprattutto perché dimostra il grave errore strategico compiuto dalle dirigenze del Centro-Destra con le loro scelte di allineamento e subordinazione al mondo clericale e, dall’altro, conferma l’esiguità dell’influenza ecclesiastica sulle scelte politiche dell’elettorato italiano.
L’indagine, infatti, ha svelato che, mentre quasi il 30% dei preti italiani dichiara di appoggiare la Sinistra o il Centro-Sinistra, solo l’11,4% si dichiara a favore della Destra o del Centro-Destra, ed oltre il 48% esprime un’ovvia nostalgia per la defunta Democrazia Cristiana, dichiarandosi a favore di un fantomatico Centro che, peraltro, non esiste nel panorama politico italiano e può tutt’al più trovare una vaga rispondenza nominalistica nei partitini di Buttiglione o di Mastella. Già cinque anni fa, dunque, era chiaro che gli sforzi tenaci di Berlusconi e Fini per assicurarsi l’appoggio delle forze clericali e dei loro corteggiatissimi parroci erano servirti solo a raccattare il tiepido appoggio di poco più d’un decimo di quei parroci, che viceversa si proclamavano tre volte più vicini alla Sinistra e al Centro-Sinistra e cinque volte più interessati alla creazione di un nuovo partito da loro più direttamente controllabile, come la vecchia DC. E l’influenza di questo clero sugli elettori risultava minima, dato che essa non aveva di certo trascinato su posizioni sinistresi o centriste la maggioranza schiacciante dell’elettorato. Infine, anche la lotta feroce tra clerico-forzisti e clerico-finiani per assicurarsi il sostegno elettorale del Vaticano e dei suoi parroci appare, alla luce di questi dati, come una sorta di rissa tra vecchie madame per il possesso di un diamante falso.
A questi dati si deve aggiungere che i coccolatissimi e prediletti dirigenti cattolici del Centro Destra si sono dimostrati regolarmente inaffidabili: è arcinoto infatti che il ribaltone e il conseguente crollo del primo Governo Berlusconi furono architettati e promossi da Rocco Bottiglione e che la lunga paralisi della Rai è stata, in larga misura, opera dei giochini ambigui di Casini e di Follini.
A questo punto, l’inconsistenza e l’assurdità della strategia clericaleggiante delle dirigenze di Forza Italia, della Lega e di Alleanza Nazionale appaiono più che evidenti: il successo del PdL non si è realizzato mediante, ma nonostante l’influenza del Vaticano e dei parroci sull’elettorato. E simmetricamente appare evidente quanto enorme sia stato l’errore, imposto dai furrrbi, furrrbissimi consiglieri clericaleggianti di Berlusconi e Fini, di emarginare le forze liberali all’interno e all’esterno di Forza Italia e di Alleanza Nazionale.
La tragicomica, recente sortita di “Famiglia Cristiana” sul “pericolo fascista” costituito dal PdL ci dice che, purtroppo, le posizioni di certi ambigui ambienti cattolici non sono cambiate: anzi sono semmai peggiorate. Quella che è cambiata, per fortuna, è invece la posizione di Berlusconi verso gli alleati di stampo clericale, un tempo prediletti. Così, non è stato di certo un caso che il Governo oggi in carica, non a caso tanto efficiente e tanto apprezzato dagli italiani, abbia escluso in larga misura i clericali 18 karati aprendo invece le porte a vari laici di provenienza socialista.
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