Dite qualcosa di cristiano.
(Mario Giordano - Il Giornale) Se errare è umano e perseverare è diabolico, per Famiglia Cristiana ci vuole l’esorcista. Dopo aver sferrato un attacco contro il governo con toni che al confronto Bakunin è forlaniano, il settimanale ormai più pierino che paolino torna sulle barricate, a soli due giorni di distanza, con un secondo editoriale ancor più estremisticamente bislacco. E dopo aver usato una serie di delicati epiteti, ballando sul baratro del ridicolo («Paese da marciapiede», «presidente spazzino», «peggio dell’Angola», etc.), fa un deciso passo in avanti: scopre il «rischio del fascismo» e giudica l’azione del governo alla pari dei rastrellamenti nazisti nel ghetto di Varsavia. Non stiamo scherzando: se a Ferragosto in redazione non si concedono una pausa, con il prossimo numero forse scopriremo che Berlusconi è stato il mandante delle Fosse Ardeatine e Maroni un kapò ad Auschwitz.
Il direttore del settimanale, che una volta veniva letto come se fosse la voce del vangelo e adesso invece, al massimo, come se fosse la voce di Pecoraro Scanio, ha detto che sono un po’ in crisi con le vendite e che per questo stanno facendo molti tagli. Si sa, sono tempi duri per tutti. Ma se non si decidono a ripristinare l’aria condizionata in redazione sono guai seri: ad agosto il caldo fa sragionare. E così anche i più autorevoli editorialisti finiscono per scrivere su un settimanale cattolico articoli che apparirebbero un po’ forti anche per il manifesto e liberazione. Risultato: uno cerca in edicola una copia di Famiglia Cristiana, si trova tra le mani al massimo una coppia di fatto bertinottiana.
Vi sconsigliamo di comprare il papiro, ma vi riassumiamo il pezzo forte debitamente anticipato alle agenzie. Un articolo di Beppe Del Colle che, per rispondere al vespaio di polemiche suscitate dal primo violento ukaze, accusa i politici di fare dichiarazioni «superficiali e irresponsabili». E, per restare in tema, parla di «rischio fascismo» in Italia e, di fianco, pubblica la storica foto del bimbo ebreo di Varsavia, simbolo della persecuzione nazista, dicendo che è venuta in mente a tutti (proprio a tutti?) quando Maroni ha presentato il pacchetto sicurezza e le norme sui rom. C’è altro da aggiungere? Evidentemente non sono solo i politici a fare dichiarazioni «superficiali e irresponsabili». Anche i giornalisti si difendono bene.
Sarebbe fin troppo facile contrapporre ai vaneggiamenti del settimanale, l’analisi di Newsweek (periodico non certo amico del centrodestra italiano) che parla dei primi cento giorni del governo come «miracolo di Berlusconi». Non ne vale la pena. E non vorremmo nemmeno dare troppa importanza a un editorialista evidentemente vittima del solleone. Ma c’è una cosa che ci preoccupa: è il fatto che, di fronte agli indiscutibili risultati ottenuti dal governo e al disorientamento dell’opposizione, i toni incivili, finora prerogativa del trattorista di Montenero e dei suoi girotonti, sfiorino anche chi, per la sua stessa ragione sociale, dovrebbe rappresentare il volto più moderato e ragionevole del Paese. Non è in questione, naturalmente, il diritto di critica: è in questione la possibilità di un dialogo. Paragonare un governo al nazismo significa alzare un muro, una trincea, una barricata: con i nazisti si può forse parlare? Trattare? Discutere? No, certo. E questo è ingiusto, non solo nei confronti del governo. È ingiusto soprattutto nei confronti della famiglia cristiana, quella vera, che non merita che il suo nome venga usurpato da alcuni orfani del cattocomunismo, sempre meno capaci di fare chiesa e sempre più capaci di fare cappelle.
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