Erano ministri e segretari, potenti e onnipresenti in tv. La disfatta della sinistra li ha travolti. Ora fanno i nonni, si danno al pilates o ai libri. Senza più uffici né auto blu.
(Marco Damilano e Denise Pardo - L'Espresso) Di questi tempi l'isteria rossa ha un sintomo, lo scatolone da trasloco, e un nome, la sindrome Besancenot, dal nome di Olivier, mesto trotzkista francese, politico quando ci sono le elezioni, postino, quando regolarmente le perde. Prima di Chianciano, regolamento dei conti rifondaroli, Paolo Ferrero stava già sviluppando gli anticorpi del morbo. Poi la salvezza: l'elezione a segretario di un partito a pezzi come il cofano della sua Mercedes, comprata di terza mano e a rate (ovvio), divelto dopo un corpo a corpo con un palo sulla strada del Festival dell'economia di Trento.
Così ora, Ferrero, che a Roma abita con tre compagni e una compagna, nel senso di fidanzata, in un appartamento simil casa del popolo, ha il ruolo. La scampa lui. Ma la sindrome si abbatte su Franco Giordano. Ecco l'ennesima vittima. Ad aprile, aveva perso il seggio da deputato come tutto il politburo della sinistra radical-arcobaleno. A maggio, l'altra mazzata: dimissioni da segretario di partito. Adesso, l'apocalisse, l'addio ai benefit della falce e martello che aveva mantenuto nonostante la perdita dell'amata carica: la segretaria, l'addetto stampa, il portaborse, la macchina (l'unica del partito) con autista, il compagno della vigilanza, la mazzetta dei giornali ad personam. E, ora l'odiato Ferrero installato nella nobile poltrona. Perdipiù con una pregevole opera di Mario Schifano alle spalle. E lui, Giordano, a spasso come un co.co.co. a curare l'orto di Massa Martana. Il cataclisma berlusconiano e veltroniano delle elezioni continua a farsi sentire. È il neo liberismo applicato al Parlamento, un fenomeno mai visto in Italia prima, dove la politica assicurava il posto fisso. Il 13 aprile ha spazzato via tutto. Nessun protezionismo, nessuna cassa integrazione, ma invece una massa di precari messi in mobilità dagli elettori e dai loro partiti, sottratti alla catena di montaggio dei pastoni dei tg, dei take d'agenzia, e degli estenuanti turni notturni da Bruno Vespa.
Ai giardinetti, ai giardinetti! Vincenzo Visco, ex Dracula delle tasse, si dedica intensamente ai suoi addominali. Dai 740 ai muscoli alla Rocco Siffredi: tutti i giorni a fare Pilates, la ginnastica Usa, con la sua personal trainer su e giù sull'apposita panca. Dopo anni di potere ininterrotto, Palazzo Chigi, Authority, Viminale, Giuliano Amato si è fatto mettere la linea veloce di Internet nel posto che ha meno frequentato negli ultimi decenni: casa sua. Al Tennis club di Orbetello, fino ad aprile, nei week end era impossibile trovare un campo libero per palleggiare vicino al ministro dell'Interno, nota racchetta. Ora, per le prenotazioni non c'è più nessun problema. Amato c'è sempre. Ma adesso è soltanto il presidente onorario del circolo.
Oliviero Diliberto i voti non li ha persi. Solo che a votarlo mica sono gli italiani. Ma gli studenti del suo corso di diritto romano all'università di Roma, lezioni e udienze ogni lunedì e venerdì "Sono al terzo posto nella hit parade dell'indice di gradimento di tutta la facoltà", si pavoneggia lui, beato chi si accontenta.
A Ceppaloni, invece, l'anticamera di Clemente Mastella è vuota come un night di giorno. L'uomo che ha mandato tutto il governo di centro sinistra a casa, sverna nella villa avita, macina vasche nella piscina a forma di vongola e si è messo a dieta. Con un metro professionale da sarto, misura compiaciuto il dimagrimento del prosperoso collo, si confronta con la fedele colf e rilascia amene dichiarazioni sul cinguettio degli uccellini. Nella giornata dei desaparecidos della politica, è calato un silenzio che è un urlo di dolore. Una mortificazione. Quella che notarono mille anni prima, gli imberbi Pier Ferdinando Casini e Marco Follini ricevuti dal dinosauro doroteo Mariano Rumor. "Hai visto? Ci ha dedicato un'ora" gongolava Follini. E Casini, già allora ben più smagato: " Deve essere al punto più basso. Il telefono non ha mai squillato".
Cosa non si fa pur di restare a galla Un libro, un'autobiografia, un pamphlet. Franco Grillini, leader del movimento gay, ne sta preparando uno sui suoi sette anni in Parlamento ("echeggiando i 'Sette anni in Tibet' del mio adorato Brad Pitt"). Intanto gira l'Italia a presentare quello appena uscito: 'Ecce omo'. Gli manca il seggio. Ma non la fantasia per affrontare la giornata. Dirige il giornale telematico 'Gay news'. Vuole rilanciare l'associazione giornalisti gay. Riaprire la gay tv, mentre si fa vedere in Parlamento come lobbista, inutile specificare per chi. Soprattutto, ha presieduto la giuria Mister Gay Italia 2008, dove Mister Bergamo ha stracciato Mister Veneto e Mister Pegaso alla presenza, avvisa il sito grillinesco, di un'autorità internazionale. Nientepopodimeno che Morten Ruda, presidente di mister Gay Europa. Quanto di meglio per presentarsi tra dieci mesi come candidato sindaco di Bologna contro Sergio Cofferati.
In quanto a iniziative di peso, Willer Bordon, mica è da meno. Con bandana rossa al collo, ammicca sexy dal suo eccitante sito. C'è la Willer newsletter, avvincente. C'è Willer Bordonanche Willer su YouTube, per chi avesse bisogno di altre dosi. In carne e ossa, gira l'Italia. Per presentare un libro? Macché. Willer è un tipo molto più sofisticato. Ha scritto una prefazione. Neanche da solo. Ma a quattro mani con la forzista Gabriella Carlucci. Per inciso, il libro l'hanno partorito altri. Titolo evocativo: 'Il mercante e l'artista', (e chissà chi è l'artista della coppia) sulla fondamentale tax shelter per il cinema. Ma è solo un assaggio, aspettando il Willer evento previsto per l'autunno. L'astuzia massima. La straordinaria abilità, acquistata in vent'anni di piroette politiche, dell'omelette rivoltata. In192 pagine Bordon spiega 'Perché sono uscito dalla casta'. Chi? Bordon? Certo." In un Parlamento che non fa il suo lavoro non si può restare. Per fare politica occorre uscire dalla politica, questa è la mia scelta di vita". Ma non è stata la politica a mollare lui?
Faccio alla Gore In realtà, i neo precari dovrebbero pensare in grande. Fare il salto, iscriversi almeno al British council. E studiare da Al Gore, trombato alle presidenziali del 2000 contro George W. Bush, sfigato in politica, capace di trasformare la disfatta in un conto miliardario nobilitato persino dal premio Nobel e dall'aura di guardiano della Terra. Cosa c'è di meglio che costruire una fondazione, un think tank, un pensatoio, insomma un posto dove andare la mattina e un qualcosa da scrivere su un biglietto da visita? Molto democratic, oltretutto. E compassionevole. È la formula Prodi che il Professore sta portando nella sua 'Fondazione per la pace e la cooperazione fra i popoli', ambizioso progetto che lo piazza nel club degli statisti senza trono, i Blair, gli Chirac tutti costretti a ingolfare le agende di vertici dei paesi africani e indù dopo anni felici a gestire il potere.
Ora bisogna gestire la fase desaparecido, il terribile pericolo della dissolvenza. E soprattutto il rischio che il 9 agosto, giorno del compleanno dell'ex premier, il castello di famiglia di Bebbio, da anni pellegrinaggio di cronisti e clientes, e del clan parentale al completo, oltre un centinaio, costretto a omaggiare Romano il Grande, mostri invece del solito pienone, vistose e desolanti defaillance. Intanto, annunciato da un inquietante count down da Cape Canaveral su Internet in inglese, sì, in inglese ("2 days, 20 hours, 30 minutes, 11 seconds") è appena decollata la fondazione Università Verde dell'ecocreatura, ex ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio in combutta con Gianfranco Amendola. Un'iniziativa di cui effettivamente il paese sentiva la mancanza. Al Pecoraro, il Gore di Salerno, felice come un pomodoro biologico fino al giorno della sconfitta, ora ha una nuova gravità. Camicia bianca, volto preoccupato, lancia l'allarme clima, la fondazione e anche la tv sat: "Bisogna costruire l'humus culturale per rigenerare l'ambiente e salvare il pianeta". Traduzione dal pecorarese: "Aiuto, rischio l'estinzione, riportatemi nel mio habitat: Montecitorio e Porta a porta".
Il fuorisede rosso Almeno Pecoraro è riuscito a far eleggere alla guida dei Verdi Grazia Francescato, la sua candidata. Fausto Bertinotti invece è virtualmente senza partito dopo l'elezione di Ferrero. Di più. Senza neanche una stanza in viale del Policlinico, sede di Rifondazione, al pari di Giordano, e dei suoi fedelissimi Gennaro Migliore, Alfonso Gianni. Per carità, una fondazione ce l'ha pure lui, almeno fino alla fine della legislatura. Quella della Camera che gli spetta come ex presidente. Quasi una beffa della sorte per l'ex sindacalista, l'amico del sub comandante Marcos e di Chávez, seduto ora su una poltrona da Bucciarelli Ducci. Intanto, Craxi fa la fondazione Craxi. Bobo non perde tempo e valorizza ancora una volta il marchio. Dopo aver annunciato che la suddetta nascerà in autunno e porterà il nome del capostipite Bettino, l'ex sottosegretario agli Esteri del governo Prodi è volato da mamma ad Hammamet. Non senza aver rilasciato ai giornali pirotecniche dichiarazioni che soprattutto grazie a lui: 1) l'Italia è stata riammessa nel Consiglio di sicurezza dell'Onu; 2) ha ottenuto la moratoria sulla pena di morte; 3) Milano si è presa l'Expo. E anche che molte aziende sarebbero ghiotte di avere una sua consulenza. L'agenzia di viaggi 'Socialisti disoccupati nel mondo' ha avuto il suo bel da fare. Lui in Tunisia. Enrico Boselli, il segretario che passerà alla storia per aver condotto i socialisti alla scomparsa dal Parlamento, in Messico, tra Acapulco e lo Yucatan. Un lungo tour, dopo mesi passati a ciondolare in tuta con la borsa della palestra a Piazza Euclide a Roma, nel cuore del quartiere Parioli. E il partito o quel che ne resta? Ufficialmente nelle mani del neo segretario Riccardo Nencini, in realtà è pilotato da Gavino Angius. Travestito da amorevole nonno con secchiello e paletta sulle coste sarde a giocare con le nipotine, o nei parchi romani a spingere l'altalena, l'ex capogruppo al Senato dei Ds, un tempo polifonico dichiaratore analogico, digitale e satellitare, coltiva il progetto di traghettare i socialisti nel partito democratico in vista delle elezioni europee. Per dare man forte all'amico di sempre: Massimo D'Alema.
L'ultima spiaggia Giardinetto per giardinetto, l'europarlamento almeno è un parco dignitoso. Ma per i desaparecidos è soprattutto l'ultima spiaggia. L'ultima scialuppa per scappare dalla vita da pensionato sia pure di lusso: saranno fuori dal potere, ma il conto in banca non è certo rosso, con vitalizi che variano dai tremila ai diecimila euro al mese. E con i partiti che continuano indisturbati a intascare rimborsi elettorali milionari fino al 2011 e al 2013. Spiccioli, si fa per dire, da investire l'anno prossimo alle europee. Si parla d'Europa ma si combatte in Irpinia. Tutti ad aspettare l'8 agosto, giorno di gaudio e notte di San Ciriaco. Già si preparano i doni, caciocavalli sopraffini, bottiglie del vino Don Ciriaco, mazzi di carte personalizzati per le amate partite a tresette. Quel giorno come da tradizione, come se il tempo fosse pietrificato, l'ottantenne De Mita dopo la cena spiega agli indigeni adoranti la stagione che verrà.
Questa è la prima volta dal 1963 che è fuori dal Parlamento. Dallo schiaffo del loft, non si è più visto in Transatlantico. Si è ritirato nel feudo di Nusco, ma non è stato con le mani in mano. Desaparecido sì, ma non fesso. Le giornate le trascorre curando il 'territorio': asl, comunità montane, l'acquedotto dell'Alto calore. Come un giovane disobbediente, ha fatto saltare la giunta provinciale di Avellino. E un bel pezzo di Pd campano, a partire dal capogruppo regionale Mario Sena, aspetta un suo cenno ora che è passato all'Udc. Un attivismo che tra un cinguettio e l'altro, tiene Mastella con il fiato sospeso. Ha annunciato che è pronto con il partito di Casini a rientrare in politica da soldato semplice a Bruxelles. Però dannazione, tra lui e il seggio europeo, la storia ha infilato il suo antico maestro. La cosa sta in mano a Ciriaco che deve decidere se candidarsi lui o fare finalmente il bel gesto da padre nobile e consegnare lo scettro del comando a un delfino. Se dopo anni di incomprensioni e litigi, fosse Clemente sarebbe un finale strappacore. Una happy end e un segno di speranza per la lunga schiera del neo precariato del potere politico, anime in pena finite nel purgatorio di giardinetti, blog e traslocatori.
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