Anche Sesto Fiorentino dice sì. Ma nei Comuni pochi iscritti: a Firenze 57 in sette anni. Il comune della piana è l'ultimo della provincia a dotarsi di questo strumento. Ieri il via libera da parte dell'assemblea cittadina.
(Paolo Ceccarelli - Il Corriere fiorentino) A guardarle ora, le pietre dello scandalo sembrano sassolini. I registri delle unioni civili sono stati il primo «campo di battaglia» tra favorevoli e contrari al riconoscimento delle forme di convivenza diverse dal matrimonio: uno scontro che, per quanto riguarda l'area fiorentina, è partito da Empoli nel 1993 e si è concluso idealmente ieri a Sesto Fiorentino, dove il consiglio comunale ha approvato il regolamento del nuovo istituto.
Oggi, quindici anni dopo le prime proposte e le prime polemiche, i registri creati dai Comuni sono quasi vuoti o lunghi al massimo una paginetta: a Firenze si sono iscritte cinquantasette coppie in sette anni (tra cui quattro unioni tra uomini e tre fra donne), a Scandicci e a Campi Bisenzio rispettivamente quindici e tre in nove anni. A Calenzano, dopo il via libera del consiglio comunale arrivato tre anni fa, l'amministrazione deve ancora redigere il regolamento ad hoc.
Insomma, un flop dappertutto. Un fallimento a costo zero, perlomeno, perché l'istituzione dei registri non costa nulla e le coppie spendono solo per la marca da bollo da mettere sulla domanda. A Scandicci e Campi il numero di iscrizioni cala di anno in anno (nessuna nuova «coppia di fatto» negli ultimi dodici mesi), mentre a Firenze nel corso del 2007 sono nate soltanto sette unioni. Il problema è che per le persone che si iscrivono in questi registri non cambia pressoché nulla: nessun diritto in più o quasi. A Scandicci il Comune riconosce loro uno sgravio sul-l'Ici, mentre nelle altre città i soli «vantaggi» sono quelli riconosciuti in quanto famiglia anagrafica o quelli previsti dalle leggi regionali (come ad esempio quella sulle graduatorie per gli alloggi popolari).
«I benefici dei registri delle unioni civili sono inesistenti, ed è per questo che non hanno avuto successo — dice l'assessore fiorentina agli Affari generali e legali, Tea Albini — D'altronde, quello che le amministrazioni comunali possono fare per le coppie di fatto è questo e soltanto questo. Non lo dico per scansare le responsabilità, ma perché non abbiamo competenze per riconoscere altri diritti».
Anche la giunta di Sesto, che ha presentato la bozza del regolamento istitutivo, poi approvato, sembra consapevole che il nuovo registro non cambierà niente.
«Va letto come un'indicazione al governo nazionale perché si muova sulla strada dei diritti», spiega l'assessore ai Servizi demografici, Massimo Andorlini. «Noi non facciamo nemmeno una statistica annuale delle iscrizioni, a meno che non ce la chieda la stampa. Le coppie sono così poche che sarebbe inutile — aggiunge la collega scandiccese di Andorlini, Agostina Mancini — D'altra parte i poteri dei Comuni non sono illimitati e sulla materia dei diritti, ad esempio, noi non possiamo intervenire».
Tutto vero, giuridicamente ineccepibile. Però viene da chiedersi come mai le amministrazioni continuino a battere la strada delle unioni civili. Anche le risposte a questa domanda sono le stesse, a Firenze come a Sesto, a Campi come a Scandicci. «I registri delle coppie di fatto hanno un valore simbolico importante. Sia per le coppie come riconoscimento, sia per i Comuni, come valore politico, culturale e sociale — dice Albini — E comunque a Firenze abbiamo fatto anche altre cose, come ad esempio dare sede alle associazioni omosessuali ».
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