L’esperimento Atlas nell’acceleratore Large Hadron Collider, a Ginevra
(Panorama) Se la storia dell’universo fosse un libro, il primo capitolo racconterebbe una gigantesca esplosione avvenuta quattordici miliardi di anni fa: il Big Bang. Domani i ricercatori del Cern inietteranno per la prima volta i protoni nel Large hadron collider (Lhc), un anello dalla circonferenza di 27 chilometri, a più di 100 metri di profondità. È una sorta di inaugurazione. L’obiettivo del progetto è di riprodurre nei prossimi mesi condizioni simili a quelle di pochi attimi successivi al Big Bang: nel circuito dell’Lhc, infatti, più di 100 miliardi di protoni saranno lanciati quasi alla velocità della luce e si scontreranno in quattro punti, sviluppando la più alta energia mai ottenuta in un esperimento. Analizzando le collisioni attraverso quattro gruppi di strumenti (Alice, Atlas, Cms, Lhcb), gli scienziati cercano le risposte sperimentali per alcuni interrogativi. Che potrebbero cambiare la comprensione di fenomeni fondamentali dell’universo, finora invisibili alle strumentazioni scientifiche.
Per la prima volta i ricercatori potrebbero essere in grado di osservare il bosone di Higgs che, secondo alcuni modelli teorici, assegna la massa alle particelle elementari. Tanto da essere definito “la particella di Dio”. “L’Lhc è circa dieci volte più potente dell’acceleratore di Chicago: secondo i calcoli potrebbe consentirci di osservarlo” dice Umberto Dosselli, vicepresidente dell’Istituto azionale di fisica nucleare. Ma altri quesiti attendono risposte. Da anni la comunità scientifica si interroga sulla materia e sull’energia oscura, che insieme costituiscono il 96% dell’universo: “Speriamo che l’energia elevata dell’Lhc, riproducendo le condizioni un millesimo di secondo dopo il Big Bang, ci permetta di capirne l’origine” precisa Dosselli. E ancora: nell’universo le dimensioni sono soltanto quattro (lunghezza, larghezza, altezza e tempo), come suggerisce anche il senso comune? Per la teoria delle stringhe, un modello che propone di unificare le quattro interazioni fondamentali, ne esistono altre. Che l’esperimento di Ginevra consentirebbe di rilevare.
Al progetto del Cern hanno lavorato più di 80mila scienziati con un budget di 6,4 miliardi di euro: è un team internazionale che ha partecipato alla costruzione dell’enorme circuito tra la Svizzera e la Francia. Dall’Italia arrivano 600 ricercatori: un terzo dei magneti superconduttori lungo l’anello sono stati costruiti proprio nella penisola. All’interno dell’Lhc, le due strumentazioni principali, Atlas e Lhcb, rileveranno qualsiasi interazione prodotta nell’acceleratore. Alice analizzerà gli ioni di nuclei pesanti, come il piombo, che saranno utilizzati in alcuni esperimenti al posto dei protoni: “Le energie locali derivanti dalla collisione saranno talmente elevate da generare il quark-gluon plasma, uno stato della materia che si pensa esista al centro delle stelle neutroni” chiarisce Dosselli. Ma nelle ultime settimane si è diffusa una preoccupazione alimentata dal passaparola sui mezzi di comunicazione: il mini “Big Bang” potrebbe generare un buco nero capace di inghiottire la Terra? Un’immagine suggestiva, degna di un film hollywoodiano. “Ha portato molta pubblicità” dice Dosselli “ma la probabilità è nulla: in natura i raggi cosmici ogni giorno generano 10mila miliardi di Lhc”.
Il rap ironico “anti-buco nero” ballato dagli scienziati del Cern (in inglese). È stato visto da più di un milione di persone
Nessun commento:
Posta un commento