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martedì 15 luglio 2008

L’Authorithy: “Rai da riformare subito. E basta ai processi in tv”.

(Panorama) Non più rinviabile. La riforma della Rai va fatta subito, perché l’azienda non può competere “impacciata” dalle norme amministrativo-contabili e “paralizzata da spinte e controspinte politiche”. Chiaro e secco, ecco il monito del presidente dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, che nella Relazione annuale al Parlamento avanza l’ipotesi di un provvedimento ad hoc per cambiare la governance della tv pubblica. Calabrò chiede che “alla riforma della Rai si arrivi al più presto, puntando sull’efficienza” e coniugando “il carattere imprenditoriale della governance con il perseguimento degli obiettivi di fondo di un servizio pubblico con marcate finalità d’interesse generale, svincolato dall’abbraccio dei partiti”.
Tra i principali compiti della Rai c’è il recupero della qualità, secondo Calabrò, che cita l’esempio positivo della Bbc: la nostra tv pubblica si è infatti appiattita sulla tv commerciale, con una “omologazione al ribasso che sbiadisce la missione del servizio pubblico e colloca la nostra televisione al di sotto di altre televisioni europee”. “Il contratto di servizio con la Rai” ricorda Calabrò nella Relazione “prevede l’elevazione della qualità, e si è insediato l’apposito Comitato chiamato a monitorare l’osservanza di quella indicazione”.
Ricerca di qualità che l’azienda di Viale Mazzini deve riprendere, abbandonando la “mimesi del processo” televisivo, con schemi, riti e tesi tipicamente processuali. “La giustizia viene percepita soprattutto per come appare, ed essa appare per come è rappresentata dai media”. E così finisce che dall’informazione sul processo, giustificata dal diritto di cronaca, si è passati al “processo celebrato nei mezzi di informazione: un’aula mediatica che si costituisce come foro alternativo, un modo onnivoro di raccogliere ogni conoscenza che arriva a un microfono e a una telecamera”. Per Calabrò, il paradosso è che in tale dinamica “è la sentenza pronunciata nel processo vero a risultare la meno attendibile e comunque tardiva”, perché l’opinione pubblica ha invece già registrato come “vera” la sentenza “subliminalmente propinata dal mezzo audiovisivo”.
Parlando poi dell’evoluzione del settore tv Calabrò afferma che si sta passando dal duopolio, che ancora caratterizza la distribuzione degli ascolti, al “mercato a tre” (formato da Rai, Mediaset e Sky) grazie alla crescita del satellite: “permane la concentrazione binomiale di emittenti per quanto riguarda l’audience” (Rai e Mediaset sono all’82.3% e raggiungono insieme l’84.1% dei ricavi nel mercato della raccolta pubblicitaria), ma “in un assetto economico complessivo che vede ormai tre soggetti in posizioni comparabili, per il ruolo sempre crescente assunto da Sky Italia”. Nel 2007 la Rai ha registrato ricavi per 2.739 milioni di euro, Rti per 2.411 milioni, Sky per 2.347 milioni. Fatturati che, fa notare l’Autorità, si riferiscono al mercato italiano e prendono in considerazione solo ricavi netti da pubblicità e pay tv.
Nell’ultimo anno, sottolinea Calabrò nella Relazione, si sono registrati “un ulteriore consolidamento del peso della televisione a pagamento rispetto all’ammontare complessivo delle risorse del settore, un rafforzamento delle nuove piattaforme digitali, satellitare e terrestre, a scapito della tv analogica (con oltre metà delle famiglie, il 54.3%, dotate di tv digitale), un aumento della pressione competitiva determinato da un processo di transfluenza che vede le televisioni tradizionalmente free fare il loro ingresso nella tv a pagamento e l’acquisto di crescenti quote di mercato pubblicitario da parte degli operatori di pay tv”.
Ma, ricorda l’Autorità delle telecomunicazioni, “l’auspicio è che entro i prossimi 24 mesi oltre la metà della popolazione italiana possa fruire del passaggio al digitale”. Il che, scandisce Calabrò, “può rappresentare una svolta”. In particolare, il presidente dell’Autorità si riferisce “alla gara per l’assegnazione del 40% della capacità trasmissiva dei maggiori broadcaster integrati (Rai, Mediaset e Telecom Italia)”: “Siamo ormai alle battute finali della procedura di selezione ad evidenza pubblica, che ha visto la presentazione di 25 domande da parte di 18 soggetti (molti stranieri)”, spiega. E, ancora, “per la normalizzazione del mercato sarebbe opportuno, come ho già segnalato nella passata legislaturaa, sopprimere la tassa di concessione governativa sugli abbonamenti”, conclude Calabrò.
Intanto, oltre alla riforma del sistema televisivo pubblico, va riscritta anche la legge sulla par condicio, “per adeguare la legge sia alla realtà cui intendeva riferirsi sia al mutamento tecnologico intervenuto”. Valutazioni che Calabrò fa alla luce delle “difficoltà riscontrate nell’applicazione” della normativa vigente in occasione delle ultime elezioni politiche e del fatto che, nonostante il proliferare dei nuovi media, “la campagna elettorale si fa ancora quasi interamente in televisione”. L’Autorità, spiega Calabrò, si è trovata di fronte a uno scenario “ben diverso da quello presupposto dalle leggi da applicare, vale a dire la convergenza degli attori della campagna elettorale su due coalizioni”, dovendo gestire “diciotto liste in competizione e quindici candidati premier che reclamavano tutti uguale spazio in televisione e confronti incrociati”.
L’Autorità, poi, “darà puntuale esecuzione - nei limiti della sua competenza - alle sentenze del Consiglio di Stato del 6 maggio di quest’anno sui ricorsi proposti da Europa 7 e fornirà supporto tecnico al Ministero dello sviluppo economico per gli adempimenti ad esso demandati”.

Dalla relazione del presidente Agcom emerge nuovamente la passione degli italiani per la telefonia mobile. “Lo sviluppo delle settore delle tlc - ha spiegato Calabrò - è stato, fino a tempi recentissimi, a getto continuo”. Secondo le rilevazioni dell’Autorità “siamo all’avanguardia nell’innovazione ed evoluzione tecnologica e nelle offerte innovative. Al primo posto in Europa e al secondo nel mondo per diffusione dei servizi mobili di terza generazione; leader mondiale nel mercato dei contenuti e servizi per la telefonia mobile (con un fatturato di 1,2 miliardi di euro e un tasso di crescita del 15%, quasi invariato rispetto al 2006) e in particolare per la televisione su cellulare”. “L’espansione del settore tlc con le vecchie tecnologie, che pure ha registrato tanti successi, è ormai giunta al capolinea” chiude Calabrò, secondo il quale “senza il passaggio alla banda larga il digital divide” si estenderà.
Telecom Italia mantiene il suo primato storico di ex monopolista nella telefonia fissa, ma negli ultimi tre anni la sua quota di mercato è scesa di 10 punti, dal 94 all’84%, rimanendo ciò nonostante più elevata che altrove. Tracciando il bilancio del fisso nell’ultimo triennio, dove la quota dell’84% attribuita a Telecom è riferita alla linee di accesso alla rete fissa (nella spesa totale la quota dell’operatore è invece del 70%, nei ricavi da servizi voce del 76%), Calabrò ha spiegato che in parallelo vi è stato “un deciso recupero di redditività degli operatori alternativi a Telecom, con incrementi che arrivano al 60%”.

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