Per il risarcimento o la polizza si deve dimostrare l'esistenza del rapporto.
(Eleonora Della Ratta e Michela Finizio - Il sole 24ore) Il riconoscimento delle coppie di fatto, circa 640mila in tutta Italia, è più avanti nella pratica che nella legge. La giurisprudenza ha in parte colmato il vuoto normativo esistente e, in alcuni ambiti, l'avvicinamento alle tutele previste per le famiglie è già realtà.
Recentemente hanno fatto scalpore i casi di un uomo al quale l'assicurazione ha riconosciuto il danno morale in seguito alla morte del convivente per un incidente stradale e del risarcimento di una donna la cui compagna è deceduta a causa di un errore medico (si veda il Sole 24 Ore del 27e del 30 luglio). Ma non si tratta di casi isolati. I giudici, già da alcuni anni, riconoscono ai conviventi il diritto di beneficiare del risarcimento dei danni morali, in caso di morte del partner per illecito (articolo 2043 del Codice civile).
Le compagnie assicurative, spiegano i legali dell'Ania,si stanno adeguando: in assenza di una norma ad hoc, sono libere di riconoscere direttamente il risarcimento, ma nel dubbio spesso si ricorre in via giudiziale. «In teoria possono chiedere il risarcimento – afferma Giuseppe De Luca di Toro Assicurazioni – tutti i terzi che dimostrino di aver subito un danno, provando il nesso causale tra il fatto e il danno subito». E il vincolo della convivenza a questo punto diventa centrale tanto che, diversi anni fa, i frati di un convento furono risarciti in seguito alla morte di uno di loro per incidente stradale.
Più complessa, invece, la posizione del convivente in relazione al danno patrimoniale: in questa ipotesi il risarcimento viene riconosciuto solo se si prova che il partner contribuiva in modo costante al soddisfacimento dei bisogni dell'unione (non sarebbero sufficienti elargizioni episodiche).
Diventa difficile invece, se non impossibile, cercare di far valere i diritti della coppia di fatto su una polizza infortuni: se non è stato indicato espressamente un beneficiario, prevale il diritto successorio a favore dei legittimi eredi o di quelli testamentari. «Anche in loro assenza – spiega De Luca – difficilmente si riconosce il diritto al convivente. Il rischio che un legittimo erede si presenti anche in un secondo momento frena le assicurazioni». Un discorso che vale anche nel caso di infortunio sul lavoro: secondo il regolamento dell'Inail i conviventi non possono in alcun modo beneficiare delle rendite per i superstiti. Lo ha confermato a febbraio il direttore generale dell'Istituto in risposta a un'interrogazione parlamentare sul caso del mancato risarcimento della convivente di uno dei sette operai morti nel rogo della Thyssen.
Pure in ambito sanitario i diritti vengono estesi alle coppie di fatto: quasi tutte le Casse sanitarie permettono agli iscritti di chiedere prestazioni e rimborsi anche per i familiari, conviventi inclusi. La prima a prendere questa decisione è stata nel 1977 la Casagit dei giornalisti, che undici anni fa ha esteso gli stessi diritti anche alle coppie omosessuali. È la certificazione anagrafica, cioè avere la stessa residenza, che dimostra l'effettivo stato di convivenza, che interessa quasi il 12% degli iscritti. Stessa regola anche per il Fasdac, per i dirigenti delle aziende commerciali, che dal 1994 ha riconosciuto pari diritti alle coppie di fatto (il 6% del totale). Ugualmente per Fis Eni, per la cassa dei lavoratori dell'industria chimica ( ma solo per le coppie eterosessuali) e, recentemente, per il Campa degli artisti.
Diversa la posizione dei fondi per i dirigenti Fasi e Fisdaf, ma non per motivi etici: «In mancanza di una legge per noi è difficile stabilire se effettivamente esiste un legame affettivo e di mutua assistenza – spiegano dal Fisdaf –; per questo limitiamo l'estensione dei servizi solo al coniuge».
Anche per quanto riguarda la casa la fede al dito non è determinante: in caso di morte il diritto di subentro nell'affitto spetta pure al convivente; i regolamenti regionali sull'edilizia popolare riconoscono anche le coppie di fatto come nucleo familiare, purché conviventi da almeno due anni prima del bando.
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