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domenica 8 giugno 2008

Roma, «meglio froci che fascisti» Il GayPride al tempo della Destra. Anche quattro matrimoni gay .

(Alessia Grossi - L'Unità) Susi e Annalisa che si sono simbolicamente sposate al GayPride romano«Sì, siamo d'accordo». Con questo rituale si apre il Roma GayPride 2008. A pronunciare il rito che li unisce in matrimonio Jeff e Domenico, Susi e Annalisa, Luciana e Susanna e, ultime a salire sul carro matrimoniale, le giovanissime Erica e Ornella. «Vogliamo celebrare qui, con la testimonianza di tutta la comunità omosessuale presente le prime unioni simboliche», apre la cerimonia Anna Paola Concia, unica deputata, del Pd, lesbica dichiarata a sedere in Parlamento. Accanto a lei sul carro dell'Arcigay di Roma pronto a partire per la sfilata in piazza della Repubblica, il giornalista del Tg1 Stefano Campagna che ufficia per metà il rito. Così secondo la formula istituita da Massimo Consoli, storico militante dell'Arcigay, le quattro coppie si promettono «amore libero» con tanto di scambio degli anelli e lancio di bouquet.

«Siamo 100mila - dichiara Fabrizio Marrazzo, presidente dell'Arcigay di Roma all'inizio del corteo - per ora, ma il numero dei partecipanti è destinato ancora a salire», dice.

«Quello di quest'anno è il pride più faticoso e senza dubbio il più osteggiato: abbiamo ricevuto due schiaffi, il «no» a piazza San Giovanni e il «no» al patrocinio del Comune ma, come potrete vedere tutti, anche quest'anno sarà una festa». A ricordarlo Rossana Praitano, Circolo di Cultura omosessuale, che ci tiene a precisare che «nonostante le motivazioni dell'evento di quest'anno sono le stesse degli scorsi anni il motto scelto: «Testardamente manifestiamo» sta a significare che nonostante gli ostacoli, «siamo riusciti a portare a termine l'organizzazione. Arriveremo nel cuore della città con caparbietà e con la ragione dei giusti». Niente patrocinio per il Pride romano ma tanti i politici di centrosinistra che prendono parte al corto. A sostenere lo striscione, tra gli altri, Franco Grillini e Vladimir Luxuria, a capo del corteo anche Vittoria Franco.

Ad accompagnare la parata le note della canzone «Tutta mia la città» e il lancio di coriandoli colorati dal carro fucsia che apre la manifestazione e che «è la risposta migliore a tutte le polemiche» come sottolinea Massimiliano Smeriglio, assessore alle politiche del lavoro e alla formazione della Provincia di Roma. «I tratti di ironia molto azzeccati sono il modo migliore per rispondere ai tentativi di chiusura di questa città. Non si vogliono alzare i toni ma ribadire che la città è di tutti» ha continuato Smeriglio. A rappresentare la Provincia di Roma c'è anche l'assessore alla cultura Cecilia D'Elia che ha sottolineato come questa sia «una grande manifestazione per la laicità e i diritti. È importante - ha concluso - che nessuno sia discriminato per i suoi orientamenti sessuali».

E a proposito di ironia sono decine gli striscioni che richiamano sarcasticamente alle polemiche intorno al pride di Roma. «Meglio froci che fascisti» portano scritto sulle magliette i ragazzi dell'Arcigay. «Lieta di concedervi il patrocinio, e di non essere la ministra», dichiara a chiare lettere una delle tante etero sostenitrice del corteo. «Carfagna, tu nuda sul calendario, noi spogliati dei diritti», parla chiaro un altro striscione. E quando il corteo di 500 mila partecipanti- dalle ultime stime degli organizzatori - tra il traffico che non ha subito limitazioni, sfila pacificamente per via Cavour dal carro in fucsia dal megafono i partecipanti rispondono allo striscione «contro» che la Militia Christi ha affisso sabato mattina in via Cavour. «Loro sono contro di noi, noi non siamo contro nessuno, ma, nonostante tutto, nessuno ci azzittisce, siamo tantissimi».

E i carri variegati con a bordo ogni «tipo di coppia possibile» prosegue la sua sfilata fino all'arrivo a piazza Navona alle 21. Nel frattempo, alle 20,30 i radicali si fermeranno in segno di protesta a piazza San Giovanni per manifestare contro la negazione della piazza dove contemporaneamente si terrà un concerto nella Basilica.

Il GayPride di Milano. Aperto da uno striscione con la scritta «Ma non togliamo il disturbo» anche a Milano il corteo parte in forma polemica contro la negazione del patrocinio da parte del governo. La sfilata, che da Corso Venezia arriverà a piazza Castello è partita festosa, chiassosa e colorata come ogni parata degli omosessuali e delle lesbiche.

Prima della partenza sono stati distribuiti centinaia di foglietti bianchi adesivi con una X rossa che i manifestanti dovranno attaccare sulla bocca passando in piazza Duomo. «È la nostra forma di protesta - ha detto Aurelio Mancuso, presidente Arcigay - per ribellarci a chi vorrebbe ridurci al silenzio». Il corteo è formato cinque carri addobbati di palloncini e festoni e motivi luccicanti. Molte le bandiere della sinistra democratica, di sinistra critica, Prc, e dell'Arcigay. Tra gli slogan più urlati: «Attenta Italia, altro che alzati Italia» parafrasando una delle parole d'ordine della campagna elettorale del Pdl. Molti hanno urlato «Meno cardinali più staminali» e «meno preti più prati». Tra le maschere, invece, una delle più usate è stato il volto del sindaco di Milano Letizia Moratti. «Gli italiani ci obbligano a prostituirci - noi vogliamo un lavoro diurno» è il cartello portato da un transessuale della Fenice, associazione nazionale Transex e Transgender al corteo dei gay pride milanese. «Siamo tra le categorie più discriminate e prese in giro - hanno detto - ci trattano come delle caricature, ma noi siamo solo delle persone normali che vogliono un lavoro normale».

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