(Rosso colore) Prosegue la campagna politica del Vaticano. Dopo l'attacco alla 194 adesso è il turno delle unioni di fatto. Benedetto XVI ribadisce che le differenze sessuali, mascolinità e femminilità, "iscritte nella natura umana", non sono "una costruzione culturale" e non possono essere eliminate o confuse.
Non è da ieri che la chiesa cattolica non approva le unioni omosessuali, ma la cosa non ha mai disturbato più di tanto: può sconsigliare questo tipo di famiglia umana ai suoi fedeli, ne ha il diritto, e la cosa non riguarda lo stao laico. E soprattutto non riguarda le leggi della Repubblica.
Da un paio d'anni però, questa Chiesa vorrebbe affermare il principio che vivendo semplicemente la loro esistenza, e chiedendo per essa allo Stato, non alla chiesa, un minimo di riconoscimento, le unioni gay" minano alla base la stabilità della nostra società". Questa non è un'opinione rispettabile di cui si possa discutere: è miope odio, e lo respingiamo come tale. Se chi reiteratamente fa questa affermazione ha le prove che la queste persone stiano compiendo atti eversivi tramite una semplice, personale e non sindacabile scelta di vita, è pregato di denunciarli alle autorità competenti; ma se non ne ha alcuna, faccia le sue scuse: pubbliche come sono pubbliche le dichiarazioni al proposito.
Non è rilevante che l'attuale gerarchia ecclesiastica ne prenda atto, ma scandalizza il fatto che per acquiescenza ad essa rifiuti di prenderne atto la classe politica italiana. Come può tale classe politica pretendere non dico di dare inizio a riforme, ma solamente di governare l'esistente? Per governare l'esistente bisogna almeno non rifiutarsi di vederlo.
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