(Sky tg24) Si apre oggi a Città del Messico la 17esima conferenza internazionale sull'Aids, a cui parteciperanno 25mila delegati. Intanto per le strade della città migliaia di persone sfilano per dire no alle discriminazioni sessuali.
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Aids: In Usa riviste stime, 56.000 nuovi casi ogni anno.
Alla vigilia dell’apertura della Conferenza mondiale sull’Aids a Città del Messico è allarme negli Stati Uniti.
(La Repubblica) Sono almeno 56.000, il 40% in più del previsto, le persone contagiate dal virus Hiv ogni anno negli Usa. È quanto emerge dalla relazione del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Atlantra, secondo cui la sottovalutazione dell’incidenza dell’Aids non è dovuto a un aumento del tasso di infezione, ma all’utilizzo di metodi statistici più efficaci per valutare i nuovi casi. “Le prime stime ottenute con questo sistema — si legge nel rapporto del Cdc — rivelano che l’epidemia di Hiv è, ed è stata, peggiore di quanto si pensasse. I risultati indicano che solo nel 2006 negli Stati Uniti si sono avute circa 56.300 nuove infezioni. Questa cifra supera all’incirca del 40% la stima precedente di 40.000 infezioni all’anno, basata su dati parziali e metodi meno precisi”.
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Lo stop Negli Usa le autorità sanitarie hanno bocciato la sperimentazione del «Pave»: non è sicuro e potrebbe addirittura aumentare il rischio di infezione.
Aids, vaccini sotto accusa.
Scienziati divisi dopo gli ultimi fallimenti. Trentatré milioni di malati, metà sono donne.
(Adriana Bazzi . Il Corriere della Sera) Negli Stati Uniti le autorità sanitarie hanno appena bocciato il «piano Pave » per la sperimentazione di un vaccino preventivo contro l’Aids. Motivo: non è sicuro e potrebbe addirittura aumentare il rischio di infezione. La notizia è di qualche giorno fa e contemporaneamente è ricomparso in Italia il vaccino ideato da Barbara Ensoli, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, con l’annuncio di un nuovo studio sull’uomo. Delusione internazionale e un invito alla riflessione da una parte, un rinnovato entusiasmo e una nuova sfida, dall’altra. Il mondo scientifico sembra dividersi (c’è chi suggerisce di spendere meglio i soldi studiando altre strategie di prevenzione) e la discussione sui vaccini si preannuncia accesa alla XVII Conferenza internazionale sull’Aids che si apre domani a Città del Messico.
Una delle massime autorità mondiali nella ricerca sull’Hiv, Anthony Fauci dei National Institutes of Health americani (Nih), sulle pagine dell’ultimo numero di Science ammette che probabilmente la strada percorsa finora non è quella giusta e che servono nuove idee per arrivare a costruire un vaccino efficace. Insomma, si riparte da zero. «Non vedo però tutta questa negatività — commenta Giuseppe Pantaleo del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois a Losanna, fra gli esperti presenti a Città del Messico —. La gente si scandalizza, ma non dobbiamo dimenticare che, dopo anni di studio, ancora non abbiamo il vaccino contro la malaria. Anche dai fallimenti possiamo imparare e, comunque, della prevenzione non si può fare a meno perché una malattia infettiva si elimina soltanto con la vaccinazione ».
La sospensione del progetto Pave (Partnership for Aids Vaccine Evaluation, un gruppo finanziato dal governo americano) è arrivata dopo che nel settembre scorso il vaccino preventivo, messo a punto dall’industria Merck e sperimentato in nove Paesi su 3.000 persone ad alto rischio di contagio con l’Hiv per valutarne l’efficacia, aveva dimostrato che i vaccinati finivano per infettarsi più degli altri. Non è il primo fallimento: qualche tempo fa un altro preparato, il Vaxgen, sperimentato in Thailandia, non aveva offerto alcuna difesa contro l’infezione. Ma nel mondo sono ancora in corso, secondo lo Iavi (International Vaccines Initiatives) almeno 35 trial dove si sperimentano vaccini in fase I e II per valutare non tanto la capacità di proteggere dalla malattia (questa attività si verifica nella fase III), ma l’assenza di effetti collaterali e la risposta immunitaria dell’organismo.
Anche in Italia, oltre a quella della Ensoli, è appena partita un’altra sperimentazione con un preparato (in sigla AT20 KLH) ideato da Arnaldo Caruso, microbiologo all’Università di Brescia: si tratta però di un vaccino pensato come cura da somministrare alle persone già infette in associazione con i farmaci, non come prevenzione dell’infezione. Nella migliore delle ipotesi, comunque, ci vorranno anni prima di arrivare a un vaccino preventivo e qualcuno suggerisce di utilizzare i fondi stanziati per queste ricerche (quelli identificati si aggirano sui 1.200 milioni di dollari e arrivano dal Nih, dalla Fondazione Gates e in piccola parte dall’Unione Europea) per trovare nuove forme di lotta all’Aids.
Ogni giorno 6.500 persone al mondo si infettano con l’Hiv, nel 2007 il numero di sieropositivi e di malati si aggirava attorno ai 33 milioni (quasi metà donne). E, sempre l’anno scorso, le morti sono state 2,1 milioni. «Per arginare questi numeri— commenta Massimo Galli, infettivologo all’Università di Milano —non c’è alternativa: è indispensabile agire sui comportamenti ». E la profilassi con i farmaci? «Alcune ricerche — continua Galli—dimostrano che la somministrazione di antivirali come il tenofovir previene l’infezione nelle persone a rischio. Ma una pillola preventiva a chi andrebbe somministrata? Alle ragazze da bar in Africa? O dovrebbe diventare una specie di "pillola del giorno prima"?»
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